“Suor Virginia era una suora intelligente, aveva la consapevolezza della
difficoltà in cui andava incontro, nel creare un dolce originale, tale da
stupire i convitati della marchesa, in occasione del matrimonio del figlio
Pietro. Ora, come tutte le donne intelligenti , non ebbe alcuna esitazione nel
cimentarsi nel difficile antinomia tra “forma “e ”sostanza” . Certo in tempi in
cui il Santo Uffizio , per molto meno licenziava al rogo donne meno perspicaci
per la sola disavventura di usare erbe medicamentose, le “minni di virgini”,
erano di certo una provocazione bella e buona! Suor Virginia non voleva rinunciare
alle forme: sì, direte che si era ispirata alle colline “mammelliforme” che
circondano la bella cittadina di Sambuca, ma il gioco era sottile ed
intrigante! La pasta lievitata al punto giusto, morbida, vellutata, liscia come
la seta, veniva plasmata con delicata voluttuosità a forma di mezzaluna, con le
varianti a “coppa di champagne”, a “pera”, ecc. La forma aveva la sua massima
espressione di libertà , foggiarla era come accarezzarla, un gioco di seduzione
, al limite della tentazione…. La fantasia è cosi difficile imbrigliarla!
Ma suor Virginia deve spendere la “sostanza” ovvero il contenuto, ciò con cui
riempirà quella mezza luna a forma di minna. Nessuno le impedisce di riempirla
delle specialità dolciarie esageratamente sdolcinate, tali da rimanere secchi
stupiti, al primo assaggio, una eccedenza, un sovrabbondanza, senza limite, un
crescente di voluttuosità senza confine, smisurata , quasi tracotante… Invece
suor Virginia con molta saggezza decide di mitigare le lusinghe delle “forme”,
non si lascia trascinare dallo smisurato, esorbitante, lusinghiero. Insomma un
dolce “sensitivo”. Nell’ultimo mezzo secolo, la cultura materiale e con essa
l’“arte bianca” del nostro patrimonio locale artigianale hanno ceduto “armi e
bagagli” alle industrie agroalimentari. Non di meno le buone pasticcerie locali
insistono con caparbietà a sfornare dolci a “km zero”, senza eccessive
raffinazioni , freschi quanto lo richiedono la naturale decadenza dei prodotti
, con materia prima di sicura e facile rintracciabilità. Sarebbe troppo sognare
, conclude Bivona, in questi giorni ancora primaverili osservare lunghe file di
scolaresche intrattenersi al banco delle pasticcerie del paese e chiedere
all’unisono: Per favore mi dia una “minna di virgini”. Poi allontananti dalla
pasticceria aprire lo zaino e buttare nelle cassette dell’immondizia le
confezioni di brioscine e dolciumi industriali, alla stregua come si fa con la
comune peggiore spazzatura.
Noi ci ispiriamo a un modello di De.Co, che valorizza gli elementi identitari della comunità, ma soprattutto, a burocrazia zero e chiaramente a costo zero, per le
aziende, per le istituzioni e per i cittadini, ha ribadito Nino Sutera, dove
gli elementi essenziali di relazionalità sono Territorio-Tradizioni-Tipicità-Tracciabilità-Trasparenzache
rappresentano la vera componente innovativa. La Denominazione Comunale
non è un marchio di qualità, ma la carta d’identità di un prodotto,
un’attestazione che lega in maniera anagrafica un prodotto/produzione al luogo
storico di origine.
L’auspicio che poi rappresenta la vera sfida, riuscire a realizzare una
rete dei comuni De.Co. per valorizzare quei prodotti di nicchia che inducono
gli appassionati viaggiatori ad andare ad acquistare e degustare i prodotti
nelle loro zone di produzione per promuovere l’offerta integrata “del” e “nel”
territorio, piuttosto che mettere su strada le merci”.
Il concetto di Genius Loci
Il termine genius loci, originariamente inteso in
latino come “spirito tutelare del luogo”, è stato reinterpretato nella
modernità come l’insieme dei valori, delle atmosfere, dei saperi e delle
relazioni che rendono unico ciascun borgo.
Il Genius Loci non è statico: evolve con le generazioni senza
perdere le proprie radici. Si manifesta in diversi ambiti:
- Nei
prodotti agricoli e artigianali, legati a microclima, stagionalità e
tradizione.
- Nelle
architetture e nei paesaggi rurali che raccontano la storia dei luoghi.
- Nelle
feste popolari, nei dialetti e nelle pratiche comunitarie.
- Nelle
narrazioni collettive che trasmettono memoria e senso di appartenenza.
Valorizzare il Genius Loci significa restituire voce ai
territori e rendere le comunità protagoniste del proprio futuro, senza
rinunciare alla modernità ma fondandola su valori profondi e condivisi.Da qui il nome al percorso per la De.Co. conclude Nino Sutera
I convenuti hanno poi concordato sulla opportunità di costituire un
comitato promotore della De.Co. con la partecipazione della Pro-Loco l’Araba
Fenicie, la Strada
del Vino Terre Sicane, La
Libera Università rurale Saper&Sapor Onlus, il Club
Papillion, e la Soat
di Menfi.
Al termine del convegno c’è stata degustazione del prelibato dolce,
accompagnato da un buon vino delle Terre Sicane.
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