martedì 4 novembre 2025

Colture alternative: nuove sfide e opportunità per l'agricoltura

 


Il webinar, promosso da ISMEA e realizzato in collaborazione con l’Accademia dei Georgofili, presenterà esperienze e casi concreti che spaziano dai frutti tropicali made in Italy (annona, mango, avocado, passion fruit) al carrubo come alternativa alla Xylella, fino al teff e al caffè coltivati in Italia, all’aloe arborescens, alla Sopravissana e ai modelli di agricoltura circolare basati sul recupero di sottoprodotti.

L’obiettivo è stimolare il confronto tra ricerca, imprese e istituzioni per favorire la diffusione di esperienze replicabili e modelli produttivi innovativi.



webinar   18 novembre ore 15.00 
Le colture alternative rappresentano una delle frontiere più interessanti e promettenti dell’agricoltura contemporanea. In un contesto caratterizzato da cambiamenti climatici, crescente instabilità dei mercati e necessità di garantire la sostenibilità ambientale ed economica delle produzioni, la diversificazione colturale assume un ruolo strategico. Il webinar affronterà diverse esperienze e casi concreti, spaziando dai frutti tropicali (annona, mango, avocado, passion fruit) al carrubo come alternativa resiliente alla Xylella, fino alla sperimentazione del caffè in Sicilia e del teff in Umbria, cereale emergente ad alto valore nutrizionale. Saranno inoltre presentate innovazioni legate all’allevamento ovino della Sopravissana, razza a rischio estinzione, alla coltivazione e trasformazione dell’aloe arborescens e a modelli di agricoltura urbana circolare, come la produzione di funghi dai fondi di caffè. Attraverso le testimonianze di imprese ed esperti, il webinar si propone di offrire un quadro aggiornato e stimolante sul tema, con l’obiettivo di favorire la diffusione di esperienze replicabili e di promuovere nuove opportunità per l’agricoltura italiana.

webinar   18 novembre ore 15.00 

REGISTRAZIONE

 

mercoledì 29 ottobre 2025

Tra saperi, sapori, memoria e futuro

 


   la Cucina Italiana a Nuova Delhi





Nuova Delhi, 10 dicembre 2025 — Quel giorno, l’India farà da palcoscenico a una decisione che potrebbe ridefinire il profilo identitario e culturale dell’Italia: l’Unesco pronuncerà il suo verdetto sulla candidatura della Cucina Italiana come Patrimonio Immateriale dell’Umanità. Un riconoscimento che non celebra solo ingredienti o ricette, ma intrecci umani, territori, storie e identità.

Ogni volta che un piatto viene portato a tavola — la pasta tirata a mano, il ragù lento, il pane lievitato, i formaggi delle valli — non si degusta solo un alimento, ma si assapora un frammento di comunità, un gesto tramandato, una scelta agricola e culturale. Per 140 milioni di persone — secondo i promotori — la cucina italiana non è mero consumo, ma appartenenza. È dentro quella cifra che si gioca il destino simbolico della candidatura.




Dal dossier alle pentole: le tappe della candidatura

La candidatura non è nata per caso. Dall’annuncio ufficiale del 23 marzo 2023 fino al dossier finale, è stato un iter di consultazioni, ricerca storica, ascolto territoriale e raccolta di testimonianze. Non si è trattato di un’operazione top-down ma di una trama che ha intessuto enti pubblici (Ministeri, Regioni, Camere di Commercio) e attori locali (consorzi, università, comunità rurali).

In quel dossier non ci sono soltanto ricette: ci sono rituali familiari, occasioni condivise (feste, sagre, tavolate), pratiche agricole, gesti quotidiani, generazioni che imparano da nonne e nonni. L’idea è chiara: la cucina diventa patrimonio non perché è bella da vedere, ma perché è viva, praticata, evoluta, ma fedele a saperi e valori.




Una cifra da non ignorare: il valore economico del gusto

L’economia parla forte nell’argomentazione a sostegno della candidatura. Il comparto agroalimentare e gastronomico legato alla tradizione italiana veleggia in un mercato stimato in 251 miliardi di euro nel mondo — cifra che testimonia quanto i consumatori globali cerchino autenticità, identità, esperienza.

Ma non si tratta solo di esportazioni: turismo enogastronomico, chef che lavorano all’estero, botteghe artigiane che rinascono, scuole professionali che valorizzano il locale: tutti questi settori potrebbero tirare beneficio da una luce internazionale. Il riconoscimento Unesco non sarebbe un sigillo ornamentale, ma un volano per innovative strategie di filiera e branding territoriale.




Difendere l’autenticità: il nodo del “falso italiano”

Un punto sensibile del dossier è la battaglia contro i prodotti contraffatti e l’“italian sounding” — etichette che evocano l’Italia pur essendo prive di radicamento territoriale o rispetto per le pratiche storiche. Un riconoscimento Unesco darebbe all’Italia strumenti morali e simbolici aggiuntivi per distinguersi, certificare autenticità, rinforzare la rete di tutela del Made in Italy.

In pratica: se la cucina italiana diventa patrimonio mondiale, diventa più difficile far passare per “italiani” surrogati che nulla condividono del terroir, della tradizione e dell’identità.




Voci, note e tavole: Al Bano, Mogol e la mobilitazione culturale

La candidatura ha saputo attraversare i confini specialistici e guadagnare spazio pubblico. Le adesioni di Al Bano e Mogol ne sono un simbolo efficace: non chef, non studiosi, ma figure della cultura popolare che conferiscono visibilità e carica emotiva.

Attraverso interviste, concerti, apparizioni, questi testimonial hanno contribuito a far percepire al cittadino comune che la cucina non è argomento da “addetti ai lavori”, ma parte dell’identità nazionale. E lo hanno fatto parlando al cuore e non soltanto con argomenti tecnici.




Sfide e ombre: uniformità, museificazione, rappresentanza

Nessun progetto di tale portata è esente da critiche. Alcuni osservatori avvertono il rischio che, nel voler proteggere l’identità, si finisca per fossilizzarla — trasformando la cucina in un museo vivente, rigido e poco adatto all’evoluzione. Inoltre, come racchiudere in un solo dossier l’immensa varietà regionale italiana senza penalizzare alcune tradizioni?

C’è infine la competizione internazionale: altre candidature culinarie attente alla propria originalità ambiscono allo stesso riconoscimento. L’Italia dovrà dimostrare che la sua cucina non è un’etichetta collettiva, ma piuttosto un organismo plurale, radicato e aperto.


Una scommessa nazionale: il ruolo della politica e delle istituzioni

Dietro la candidatura c’è un lavoro politico, nei ministeri della Cultura, degli Esteri, nelle ambasciate culturali italiane nel mondo. È un’operazione di diplomazia culturale, soft power: con i piatti si racconta l’Italia.

Ma servono anche strumenti concreti: osservatori, centri di documentazione, finanziamenti per ricerca, sostegno alle filiere, politiche formative. Il riconoscimento Unesco implica anche un metodo di governance capace di monitorare, aggiornare, promuovere e adattare.


Il modello da imitare: esperienze internazionali

Non siamo i primi a puntare su un riconoscimento culinario. La Dieta Mediterranea, l’Arte del pizzaiolo napoletano e tradizioni culinarie di altri paesi diventate Patrimonio Unesco mostrano un percorso possibile, con lezioni che riguardano la capacità di conciliare tutela e innovazione, sinergie territoriali e sostenibilità interna.


I Borghi GeniusLoci De.Co.: custodi locali di un’identità in erba

Proprio mentre la candidatura volge verso il suo momento decisivo a Nuova Delhi, vale la pena volgere lo sguardo alle realtà più localizzate: le comunità che fanno della loro identità gastronomica un progetto partecipato. Qui entra in gioco la Rete Nazionale dei Borghi GeniusLoci De.Co..

Che cos’è la Rete e qual è la sua visione

La rete nasce come iniziativa rivolta ai comuni che hanno adottato o intendono adottare la Denominazione Comunale (De.Co.), con l’obiettivo di trasformare il genius loci — lo spirito profondo di un luogo — in leva culturale e turistica. (unirurale.blogspot.com)

La De.Co. non è semplicemente un marchio: è un atto politico che il sindaco assume per delineare la propria comunità attraverso prodotti, saperi, mestieri, feste, piatti tipici. (cookmagazine.it)

Il modello dei Borghi GeniusLoci De.Co. si basa su cinque “T” fondamentali:

Secondo la rete, il cibo “si racconta e racconta quel luogo con la sua storia e tradizione” proprio quando diventa espressione identitaria di un borgo. (cookmagazine.it)

Un laboratorio territoriale nella moltitudine italiana

Queste comunità rappresentano “sentinelle identitarie” che ambiscono a trasformare il locale da marginale a protagonista. Il modello è particolarmente adatto per borghi rurali e territori interni che, al di fuori delle rotte turistiche canoniche, custodiscono un patrimonio gastronomico minore ma non meno importante. (unirurale.blogspot.com)

Un esempio concreto viene da Santa Lucia del Mela (Messina), che ha ricevuto — nell’ambito dell’iniziativa “Radici Future” — il riconoscimento di Custode dell’Identità Territoriale per aver preservato tradizioni, ricette e cultura gastronomica locale. (istitutoidimed.com)

Lì, la rete ha integrato momenti di show cooking, talk sulla dieta mediterranea, interventi istituzionali e riconoscimenti pubblici, in un format che valorizza l’impegno locale come motore culturale ed economico. (istitutoidimed.com)

Perché una Rete nazionale accelera la candidatura UNESCO

  1. Radicamento territoriale reale
    Le comunità De.Co. sono laboratori effettivi di pratiche culinarie identitarie: se la candidatura Unesco pretende di rappresentare l’Italia intera, queste micro-realtà danno sostanza al dossier.

  2. Democratizzazione della tutela
    Non basta che la candidatura parta da élite: la rete coinvolge comuni piccoli, divulgando la consapevolezza che la tutela riguarda ogni tavola, ogni borgo.

  3. Innovazione glocal
    Le pratiche locali non sono statiche: queste comunità possono sperimentare forme sostenibili di turismo gastronomico, percorsi educativi nelle scuole, reti con chef e comunità estere.

  4. Sinergia culturale e mediatica
    La rete offre visibilità locale, eventi tipici e storie autentiche che possono connettersi al racconto nazionale della candidatura: il piccolo si fa ponte verso il grande.


Epílogo: decisione di Delhi, semina nei borghi

Il 10 dicembre non sarà il traguardo: sarà un atto fondativo. Se l’Unesco dovesse accogliere la candidatura, l’Italia avrà un impegno forte: non cristallizzare le tradizioni, ma mantenerle vive e inclusive. Se la candidatura non dovesse passare, l’opportunità sarà comunque quella di rafforzare la consapevolezza identitaria e politica del cibo italiano.

La Rete Nazionale Borghi GeniusLoci De.Co. rappresenta una scommessa tangibile sul territorio: una rete di comunità che non attendono soltanto un sigillo internazionale, ma lavorano ogni giorno per trasformare il locale in patrimonio condiviso.

Che si tratti del Governo centrale o di un borgo di collina, il messaggio dovrà essere lo stesso: il valore della cucina italiana non sta solo nei grandi chef o nei piatti celebrati, ma nei piccoli gesti, nei territori dimenticati, nelle mani che impastano, nelle storie che si raccontano. Quella è la forza cui Nuova Delhi sarà chiamata a rendere giustizia.




martedì 28 ottobre 2025

Canapa, webinar 31 ottobre

 


L’iniziativa è promossa dal Gruppo Operativo PEI COLTIVA, nell’ambito della misura 16.1 -

 https://canapainnovationhub.eu/

La canapa è una pianta antica, ma con uno sguardo tutto rivolto al domani. Se ne parla sempre di più, ma quanto ne sappiamo davvero?

Venerdì 31/10/2025 
è in programma l'ultimo incontro del ciclo di seminari promossi dal Gruppo Operativo COLTIVA nell'ambito del 
progetto Canapa Innovation Hub. 

  


📌31/10/2025 - h 15.30 - Scienza, industria e Intelligenza Artificiale nella rivoluzione della canapa

Interviene: Francesco Tonolo, biologo e genetista, esperto di biotecnologie e innovazione nella canapa industriale

🔗Registrati a QUESTO LINK


 L'Assessorato nell'ambito delle attività della Rete Regionale sistema della conoscenza e innovazione in Agricoltura ha istituito nel 2021 un gruppo di lavoro  
https://chat.whatsapp.com/EwbohW5DbJJ5UYi7uleR2f   

giovedì 23 ottobre 2025

Settimana per l’educazione alla sostenibilità

 

24-30 novembre 2025

Settimana per l’educazione alla sostenibilità

 Si segnala che Settimana per l'educazione alla sostenibilità 2025, promossa dal Comitato Nazionale Educazione Sostenibile Agenda (CNESA) 2030  avrà luogo dal 24 al 30 novembre, il titolo scelto per l’edizione di quest’anno, è PACE E AMBIENTE: per una sostenibilità integrale. Per promuovere un’iniziativa dedicata dal 24 al 30 novembre è necessario scaricare i documenti disponibili e  compilare il form https://drive.google.com/drive/folders/1o_o5MApGcecCLuUDP_55g10d-UlwmBYY

ed inviarlo a cnesa2030@gmail.com     per ulteriori info: www.cnesagenda2030.it

“PACE E AMBIENTE:

PER UNA SOSTENIBILITÀ INTEGRALE”

 


In occasione dell’iniziativa promossa a livello nazionale, si terrà dal 24 al 30 novembre 2025 la Settimana per l’educazione alla sostenibilità Agenda 2030, un evento dedicato alla sensibilizzazione sui grandi obiettivi globali di sviluppo

sostenibile e alla valorizzazione del ruolo delle giovani generazioni come protagoniste del cambiamento.

 

L’Agenda 2030 rappresenta un impegno condiviso a livello internazionale per affrontare le sfide più urgenti del nostro tempo: la lotta alla povertà, le

disuguaglianze, i cambiamenti climatici, i conflitti e la crisi educativa. I suoi 17 Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDGs) indicano la rotta per un futuro equo e

sostenibile, in cui nessuno venga lasciato indietro.

 

In un contesto globale segnato da profonde crisi ambientali, sociali e geopolitiche, diventa urgente promuovere una cultura educativa capace di connettere la tutela dell’ambiente, la giustizia sociale e la costruzione della pace.

Il tema scelto per il 2025 mette in evidenza l’interconnessione tra degrado ambientale e conflitti armati, mostrando come la competizione per risorse naturali sempre più scarse e gli effetti devastanti della crisi climatica contribuiscano ad

alimentare instabilità e tensioni. La sostenibilità ambientale non è, dunque, solo una questione ecologica, ma un prerequisito per la pace, per il benessere umano e per la giustizia globale.


 

L’obiettivo della Settimana è quello di:

 

·                     Promuovere i valori fondamentali dell’Agenda 2030, tra cui giustizia sociale, inclusione, pace, diritti umani e sostenibilità ambientale;

·                     Coinvolgere attivamente le scuole, le università, le istituzioni e le comunità educanti, creando spazi di confronto, partecipazione e creatività;

·                     Rendere i giovani protagonisti, offrendo loro strumenti per diventare cittadini consapevoli, capaci di agire con responsabilità nei confronti del pianeta e

della società.

 

Un’educazione per costruire ponti

 

·                     Il cuore della Settimana è l’idea di un’educazione trasformativa,

fondata sulla partecipazione attiva e la condivisione delle conoscenze, per formare comunità dialoganti e costruttrici di “ponti”: ponti tra le generazioni, tra culture, tra territori, verso una convivenza pacifica e un futuro più giusto e sostenibile.

I giovani al centro

·                     Attraverso laboratori, incontri, mostre, testimonianze e progetti partecipativi, l’evento intende valorizzare il ruolo dei giovani come attori del

cambiamento, incoraggiandoli a essere parte attiva nella costruzione di un mondo più equo e inclusivo.

 

Obiettivi educativi e prospettive di intervento

1.                 Educare alla nonviolenza e alla cura dell’ambiente

Una vera transizione verso la sostenibilità richiede l’acquisizione di competenze

valoriali: empatia, responsabilità, solidarietà, rispetto della vita in tutte le sue forme. La mancanza di educazione ambientale e alla nonviolenza ostacola la costruzione di una cultura della pace e della cura. È necessario promuovere percorsi didattici che favoriscano una coscienza critica, interconnessa e planetaria.

 

2.                 Sostenibilità integrale e giustizia intergenerazionale

L’educazione alla sostenibilità non può limitarsi a soluzioni tecniche o settoriali.

Occorre un cambiamento culturale profondo, che affronti le radici strutturali delle disuguaglianze e promuova modelli di vita improntati alla giustizia, equità e

armonia con la natura. La sostenibilità integrale si fonda sul riconoscimento dei legami tra dimensione ecologica, sociale, economica e spirituale.

3.                 Transizione verde e digitale: una sfida educativa sistemica

Le cosiddette “transizioni gemelle”, verde e digitale, rappresentano una

straordinaria occasione di innovazione, ma pongono anche interrogativi complessi. L’adeguatezza dei sistemi formativi diventa cruciale: è necessario ripensare curricula, metodologie e ambienti di apprendimento per sviluppare competenze trasversali che integrino educazione ambientale, cittadinanza digitale e pensiero sistemico.

 

4.                 Tecnologia, diritti e democrazia

La transizione digitale deve essere guidata da principi etici e democratici. L’educazione ha il compito di formare cittadini digitali consapevoli, capaci di valutare criticamente l’impatto delle tecnologie, tutelare la propria privacy,

riconoscere i rischi della discriminazione algoritmica e promuovere un accesso equo e inclusivo alle risorse digitali.

Verso una nuova alleanza educativa

La Settimana CNESA-2030 intende rafforzare il ruolo della formazione

formale e informale e delle comunità educanti come laboratori di cambiamento, capaci di coniugare educazione alla pace, cura del pianeta e giustizia sociale. Le

attività proposte durante la settimana promuoveranno:

 

·                     Un approccio integrato e interdisciplinare alla sostenibilità;

·                     La valorizzazione della partecipazione attiva degli studenti;

·                     Il dialogo tra scuola, territorio e istituzioni;

·                     Una rinnovata alleanza tra educazione formale e informale.

 

In linea con l’Agenda 2030 delle Nazioni Unite, l’obiettivo è contribuire alla costruzione di un futuro più giusto, inclusivo e pacifico, in cui le giovani

generazioni siano protagoniste del cambiamento.

 

domenica 19 ottobre 2025

“Connessioni città-campagna e pianificazione del territorio nella regione Mediterranea”

 L’Istituto Nazionale di Sociologia Rurale (INSOR) e la Federazione Italiana Dottori in Scienze Agrarie e Forestali (FIDAF), organizzano il venerdì 28 ottobre presso la sede di Confagricoltura a Roma, il convegno “Connessioni città-campagna e pianificazione del territorio nella regione Mediterranea” che affronta e approfondisce temi attuali quali la connettività tra aree rurali e urbane, la gestione delle terre agricole, la land degradation neutrality (LDN) nel contesto del Global Biodiversity Framework e della New Urban Agenda, in un possibile confronto tra Italia e Africa mediterranea.



Il convegno, inserito nell’ambito della 15° edizione del Festival Cerealia, è organizzato in collaborazione con la FAO, Confagricoltura, Agroalimentare in rosa, CONAF, ARGA Lazio, FOSAN, Carabinieri Forestali, ass. cult. M.Th.I. ETS.
Apriranno i lavori con saluti istituzionali Filippo Schiavone (Presidente / Componente della Giunta Esecutiva di Confagricoltura), Andrea Sonnino (presidente FIDAF), Mauro Uniformi (presidente CONAF), Alessandra de Seneen (segretario generale INSOR), Maurizio Martina* (Dep. Dir. General FAO).
Il programma della mattina di studio e confronto prevede i seguenti relatori e temi:
Carlo Hausmann (dottore in scienze agrarie - esperto di sviluppo rurale) Il bisogno della campagna della società urbana, Paolo Posarelli (architetto, co-fondatore e CEO di LDA.iMdA Architetti Associati) Paesaggio agrario e città in trasformazione: la Toscana come laboratorio del futuro, Lorenza Colletti (Colonnello, Carabinieri Forestali) Carabinieri forestali: protezione della biodiversità, foreste urbane ed educazione ambientale, Cecilia Marrocchio (Urban Agrifood Systems Expert, FAO) I sistemi agroalimentari: sfide e opportunità per le città del Mediterraneo, Roberto Mostarda (Segretario Sindacato Cronisti Romani) – in attesa di titolo dell’intervento, Ernesto Di Renzo (antropologo, Università di Tor Vergata), Retroinnovazioni e pratiche della sostenibilità. Il ripristino del patrimonio viticolo nel contesto rururbano di Roma, Alfonso Pascale (esperto di ruralità ed economie civili) Le culture contadine del Mediterraneo e il ruolo dell'agricoltura nell'attuale rivoluzione tecnologica, Alberto Grimelli (agronomo e giornalista, fondatore del magazine Teatro Naturale) - in attesa di titolo dell’intervento, Francesco Maria Bucarelli (presidente FOSAN) Rapporto tra città e territorio agricolo: valorizzazione del km0, logistica, infrastrutture e preservazione delle aree agricole periurbane, Vincenzo Lenucci (direttore dell’Area politiche di sviluppo economico delle Filiere Agroalimentari – Centro Studi / Confagricoltura) Agricoltura e agricolture: una prospettiva della possibile evoluzione dei sistemi agricoli e agroalimentari.
In apertura del convegno sarà proiettato il cortometraggio Thuraya (Giordania), prodotto da Thuraya Delights inc. e diretto da Nadeem Mansour e vincitore del Food Film Menu Award 2025 dell’IGCAT per la sezione “urban-rural linkages”.
Gli atti saranno pubblicati sulla rivista della FOSAN.
Evento gratuito, previa registrazione e con partecipazione ibrida
LINK PER REGISTRASI E PARTECIPARE DA REMOTO:

giovedì 16 ottobre 2025

crediti di carbonio

 

         Il ruolo cruciale delle foreste per la loro capacità di generare diversi servizi eco-sistemici, che contribuiscono ampiamente all’assorbimento del carbonio atmosferico. Il riconoscimento economico di questo servizio passa attraverso il mercato dei crediti di carbonio, che consente ai proprietari e gestori forestali di essere remunerati per le attività di gestione in grado di favorire l’assorbimento del carbonio.  


Nei secoli attraverso la gestione e coltivazione del bosco, l’uomo ha ottenuto indiscutibili esternalità materiali e immateriali di fondamentale importanza per la vita e la sopravvivenza delle comunità, meglio conosciute oggi come Servizi Ecosistemici: di supporto alla vita (es: ciclo dei nutrienti, formazione del suolo e produzione primaria), di approvvigionamento (es: produzione di cibo, acqua potabile, materiali, legno e fibre, energia, o combustibile), di regolazione (es. mitigazione climatica, maree, depurazione dell’acqua, controllo dell’erosione, impollinazione e controllo delle infestazioni, ecc.), di valori culturali (es. estetici, spirituali, educativi, ricreativi, ecc.). 

Il Servizio ecosistemico più conosciuto è sicuramente la capacità di assorbimento del carbonio da parte degli ecosistemi forestali. La possibilità di migliorare o incrementare la fornitura di questo servizio attraverso l’adozione di pratiche di gestione sostenibile è ormai ampiamente riconosciuta e utilizzata quale strumento operativo nel perseguimento degli obiettivi internazionali di riduzione dei gas serra in atmosfera e lotta al cambiamento climatico.  

Il riconoscimento economico di questo servizio passa attraverso il mercato dei crediti di carbonio, uno strumento in grado di finanziare le attività aggiuntive di gestione sostenibile realizzate dagli imprenditori agricoli e forestali attraverso la vendita dei crediti generati da azioni di gestione virtuose in un vero e proprio mercato delle emissioni, volto a compensare le emissioni di beneficiari/compratori.  

In Italia, da più di dieci anni il mercato volontario dei crediti di carbonio agroforestali rappresenta una prospettiva economica importante per privati e aziende, che trovano in questo strumento non solo un’opportunità di compensare le proprie emissioni, ma anche un impegno etico e un’opportunità di marketing. Dal monitoraggio del mercato dei crediti di carbonio forestali, effettuato dal gruppo di lavoro del CREA “Nucleo Monitoraggio Carbonio” dal 2011 al 2022   si evidenziano fluttuazioni elevate di prezzo e volume e un modesto utilizzo degli strumenti di certificazione dei crediti di carbonio generati. Inoltre, emerge che gli investitori italiani preferiscono acquistare crediti generati nei Paesi in via di sviluppo, dove la grande dimensione dei progetti consente di generare crediti certificati a prezzi inferiori. Il monitoraggio evidenzia, anche, che le transazioni dei crediti generati in Italia sono ancora limitate sia dagli elevati costi di produzione dei crediti stessi, sia dalla mancanza di un chiaro riferimento normativo e istituzionale in materia. 

https://www.nucleomonitoraggiocarbonio.it/it/

Prendendo atto di tale situazione, l’Italia ha deciso nel 2023 di dotarsi di un proprio Registro nazionale dei crediti di carbonio volontari generati da pratiche agroforestali sostenibili, al fine di poter garantire criteri e indirizzi per la generazione, certificazione e vendita dei crediti di carbonio nazionali (art. 45, com. 2-quater a 2-octies, d.lgs. 24 febbraio 2023, n. 13). L’obiettivo principale del Registro, che sarà gestito dal CREA, è quello di poter garantire efficacia operativa e trasparenza per gli attori e fruitori del mercato dei crediti di carbonio.  

Il CREA, su richiesta dei soggetti gestori di superfici agroforestali, ammetterà all’iscrizione nel Registro i crediti di carbonio generati e certificati generati da attività di imboschimento, rimboschimento e gestione sostenibile agricola e forestale, aggiuntive rispetto a quanto previsto dalla normativa di settore vigente. Le modalità per il calcolo e la certificazione dei crediti generati e degli assorbimenti prodotti, vengono definite in apposite Linee guida, che sono attualmente in fase di approvazione con decreto interministeriale (MASAF, MASE) previa intesa con la Conferenza Stato-Regioni. 

L’attivazione di un Registro nazionale dei crediti di carbonio per il settore forestale, prevista per l’inizio del 2026, consentirà di finanziare progetti di gestione selvicolturale altrimenti difficilmente sostenibili dal punto di vista finanziario. Inoltre, favorirà la partecipazione di investitori privati nella realizzazione di progetti che, congiuntamente, garantiscono il mantenimento di altri servizi ecosistemici, contribuendo così a una sostenibilità concreta e duratura a beneficio della collettività. 

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