giovedì 4 dicembre 2025

Atlante della Fame in Italia

   

 In Italia, la povertà alimentare non è un fenomeno marginale ma una realtà che tocca milioni di persone. Nel 2024, milioni di famiglie hanno sperimentato almeno una forma di deprivazione legata all’alimentazione: c’è chi non può permettersi un pasto proteico ogni due giorni, chi arriva a fine mese senza soldi per comprare il cibo necessario e chi vive un’insicurezza alimentare cronica. Dietro questi numeri si nascondono storie di famiglie, persone, bambine e bambini.

 


 Sotto il profilo socio-demografico, la maggiore incidenza della povertà alimentare si registra tra le famiglie residenti nel Sud Italia, con tre o più minori, con componenti stranieri, con persona di riferimento con un basso livello di istruzione e con persona di riferimento giovane (fino a 34 anni).

Le condizioni più strettamente associate alla deprivazione alimentare sotto un profilo statistico risultano essere: bassi redditi, precarietà lavorativa e difficoltà di accesso alle cure.

In particolare, la condizione di occupazione, se inscrivibile nella bassa intensità lavorativa, non costituisce sempre fattore di protezione rispetto alla povertà. Un lavoro poco retribuito o ad orario notevolmente ridotto può esporre le persone a particolare vulnerabilità, essendo tale condizione potenzialmente deteriore anche rispetto alla disoccupazione tout court, nel momento in cui esclude, ad esempio, la possibilità di fruire di sussidi pubblici.

Al tempo stesso, il mancato accesso alle cure sanitarie può creare un circolo vizioso tra malnutrizione e salute: la mancanza di risorse alimentari peggiora le condizioni fisiche e la mancata cura delle stesse può mantenere o aggravare la povertà.

Quanto al profilo territoriale della povertà alimentare, maggiormente esposte al fenomeno risultano le regioni meridionali, caratterizzate da tassi di disoccupazione e inattività più elevati. Tuttavia, anche aree del Nord Italia, considerate tradizionalmente più prospere, mostrano livelli significativi di rischio a causa di fattori come il costo della vita, proporzionalmente più alto che in altre regioni, e le forti disuguaglianze interne.

L’analisi delle misure pubbliche e degli interventi locali di contrasto alla povertà alimentare in Italia mostra un sistema articolato ma frammentato, composto da strumenti pubblici di sostegno economico e attivazione lavorativa e da un’ampia rete di interventi del Terzo settore, diffusi e capillari ma molto eterogenei.

Le misure pubbliche contribuiscono alla riduzione della povertà alimentare e al sostegno delle famiglie più vulnerabili, in particolare le famiglie numerose con più figli minori a carico. Tuttavia, le misure di contrasto alla povertà alimentare, come la Carta Dedicata A Te e il Reddito Alimentare, mantengono un approccio prevalentemente emergenziale e assistenziale, senza prevedere percorsi strutturati di attivazione socio-lavorativa dei destinatari.

Le misure di sostegno al reddito e di attivazione lavorativa, come l’Assegno di Inclusione e il Supporto per la formazione e il lavoro, si distinguono invece per la loro impostazione orientata all’autonomia tramite il reinserimento lavorativo, ma con percorsi non abbastanza personalizzati che non includono una riattivazione della motivazione e fiducia in sé dei partecipanti.

Manca un approccio organico per risolvere le cause strutturali della povertà, tra cui i bassi salari, i contratti di lavoro precari e la scarsità di servizi per la conciliazione della vita familiare e lavorativa. Vi è inoltre una generale carenza di dati pubblici sulle misure in vigore, che impedisce un monitoraggio sistematico e una valutazione rigorosa dell’efficacia degli interventi.

Parallelamente, dall’analisi degli interventi del Terzo Settore e del sistema di aiuti alimentari a livello delle Città metropolitane italiane (con focus su Bari, Firenze, Genova, Milano e Napoli) emerge una continua prevalenza dell’approccio di assistenza alimentare materiale tramite mense, pacchi alimentari, recupero e ridistribuzione di eccedenze, con forti disomogeneità tra i diversi territori. Si stanno tuttavia diffondendo modelli innovativi come gli empori solidali e i sistemi di tessere spesa, oltre a progetti che integrano l’assistenza alimentare con servizi volti all’inclusione sociale e lavorativa dei destinatari.

Per superare l’attuale frammentarietà e costruire un sistema capace di garantire dignità, autonomia e sicurezza alimentare a lungo termine, Azione Contro la Fame propone una strategia fondata su cinque pilastri.

• Riconoscere il diritto al cibo nella legislazione nazionale, ponendo le basi per un approccio basato sui diritti.

• Coordinare autorità e attori competenti, tramite l’istituzione di un Tavolo di lavoro istituzionale per politiche e misure di contrasto alla povertà alimentare e l’accompagnamento verso l’autonomia.

• Promuovere interventi che superino l’approccio assistenziale e rafforzino l’autonomia sul lungo termine.

• Costruire un sistema integrato di politiche per garantire un lavoro che permette di accedere a una dieta sana e il reinserimento lavorativo femminile tramite servizi per la conciliazione famiglia-lavoro.

• Basare le politiche su dati e sistemi di monitoraggio per valutare e migliorare l’efficacia e l’impatto delle misure.

 

 ’“Atlante della Fame in Italia: Dati e politiche di contrasto alla povertà alimentare in Italia, 

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