martedì 3 settembre 2024

Il diritto alla felicità, il principe di Salina in una conversazione impossibile

 

Le Ragioni del cibo

Master Chef Margheritese e  diritto alla felicità

di 

Lillo Alaimo di Loro

          

                      Dopo un bel sabato sera a Santa Margherita Belice  a parlare di Sciascia, cibo e diritto alla felicità, il piacere di incontrare il principe di Salina per una conversazione impossibile sul destino della Sicilia e dei sud del mondo. 

L’occasione ci è offerta dal 4° Food Cooking Competition Fest, il  Master Chef Margheritese che si è svolto proprio nel paese del gattopardo  lo scorso sabato 17 agosto. Un format vincente e collaudato, ideato e magistralmente organizzato dallo chef Michele Ciaccio che per l’edizione 2024, condotto da Santina Matalone, ha visto la partecipazione di chef stellati e amatoriali, esperti di  gastronomia e di enologia che si sono avvicendati in preparazioni sofisticate ma fortemente radicate al territorio di cui esprimono le migliori essenze, grazie all’utilizzo dei prodotti territoriali di eccellenza. Una straordinaria occasione per parlare di cibo e di promozione del   territorio attraverso i Borghi Genius Loci De.Co. di cui  la bella Santa Margherita Belice fa parte. Cibo che cura e che rende felici, ma che può diventare strumento di ingiustizie e disparità o che  può uccidere il corpo e lo spirito, quando nel processo produttivo si perde di vista il legame che questo deve mantenere con la terra e quando chi lo propone ha perso il senso profondo della raccomandazione di Ippocrate, riconosciuto padre della medicina moderna:Fa che il Cibo sia la tua Medicina e che la Medicina sia il tuo Cibo”.  In altre parole se mai il cibo avesse una ragione, sabato 17 non ci si è risparmiati nel  ricercarla. A ragionarci su,  oltre al sottoscritto, in qualità di autore del libro La Ragione del Cibo, c’era Erina Montalbano -Presidente della locale Proloco,  Nino Sutera – Coordinatore editoriale  di Terrà Multimediale dell’Assessorato Regionale all’Agricoltura, Santina Matalone - giornalista, Gaspare Viola - sindaco di Santa Margherita Debhora Ciaccio Assessore alla Cultura, gli chef Francesco Bonomo e Calogero Guzzardo  


 

 A Santina Matalone è stato conferito il riconoscimento di Custode dell'Identità Territoriale, del percorso Borghi GeniusLoci De.Co. Il riconoscimento viene attribuito a chi  si dedica a preservare, valorizzare e promuovere le caratteristiche uniche di un territorio, inclusi i suoi aspetti culturali, storici, paesaggistici e gastronomici. Questo ruolo è fondamentale per garantire che le tradizioni locali e le peculiarità di un luogo siano conservate e trasmesse alle future generazioni.

Tutti insieme  per accostare la tavola del Gattopardo e quella di Leonardo Sciascia in un unico grande crogiolo di storia e umanità mediterranea. Poi la premiazione dei concorrenti ed il premio principale assegnato a  Romdhani Radhia e Selmi Rawen per la   preparazione a base di CousCous, giusto per ricordare quanto questo mondo sia inter connesso, nelle economie ma soprattutto nella storia, nella cultura e nell’umanità. 

Dalla magia di tale serata, il desiderio di chiedere ad un osservatore di eccellenza il perché della felicità negata o magari solamente incompiuta dei popoli del sud di cui la Sicilia è paradigma, si proprio a lui, il principe di Salina!!  

 

La conversazione impossibile 

con il Gattopardo di Sicilia

Svegliandoti, di domenica a Santa Margherita Belice “ non puoi non cedere alla tentazione di un passaggio da don Fabrizio, Principe di Salina, il Gattopardo, magari solo per un saluto presso il piccolo ma curatissimo museo delle cere. Infatti ne ho approfittato di buon grado. Troppo forte il desiderio di chiedere, proprio all’”antico legno” dell’’aristocrazia siciliana, una riflessione sulle conseguenze della frase pronunciata da suo nipote Tancredi Falconeri: ‘Se vogliamo che tutto rimanga com’è, bisogna che tutto cambi’.


Don Fabbrizio mi accoglie in piedi, in abito scuro, mi guarda con volto severo ma cortese e poi, con tono confidenziale e come se mi conoscesse da tempo esordisce dicendo di essere contento di vedermi, sorpreso che ci sia ancora qualcuno che si scomodi  per porre domande le cui risposte dovrebbero ormai essere scontate. Ma da buon siciliano si affretta a chiarire che comunque: “Domandare è sempre lecito, mentre rispondere è cortesia”. Come a dire che la domanda è sempre un’opportunità, spetta piuttosto a chi risponde, trovare i tempi e i modi giusti affinché mai  le risposte e le conversazione in genere non declinino nell’impertinenza o peggio nella banalità.  

A detta di don Fabrizio, che entra subito nelll’argomento, i politici italiani hanno preso troppo sul serio la frase di Tancredi, trasformandola in una sorta di alibi per ogni negazione di cambiamento. A distanza di ben 164 anni, dice con tono pacato ma incalzante, sono troppe le cose che sono rimaste praticamente invariate, anzi che sono peggiorate. La Sicilia dice, è ancora troppo lontana dalla normalità. E dire che ci sarebbero una serie di cose, tutto sommato semplici, da fare velocemente per rendere libero e felice il popolo siciliano. Ma evidentemente per poterle realizzare, per  prima cosa è necessario che i siciliani, al pari degli indigeni di tutto il mondo, imparino a pretendere il diritto alla felicità e si convincano che il posto migliore possibile dove vivere  e’ in genere proprio la terra in cui sono nati. Come dire, imparino a riprovare amore per la propria “casa”, ma soprattutto impariamo che la “restanza” è un vero atto eroico, di resistenza. Mentre la partenza è spesso più una resa. E proprio la terra in cui si è nati, dice, il luogo in cui il diritto al  cambiamento è pieno e inviolabile.  La Sicilia come l’intera area mediterranea è una terra baciata da Dio, ricca di tutto. Di aria pulita, biodiversità, reti ecologiche, paesaggio, grano e cibo straordinario, frutta di tutti i tipi in tutte le stagioni, acqua abbondante in ogni territorio, ma anche petrolio, vento e sole e poi archeologia, architettura, clima confortevole. Insomma, un posto dove vivere è una pratica di natura e la felicità è a portata di mano. “Come nella casa di una famiglia benestante di un tempo”. Dove tutti i bisogni (reali) possono essere soddisfatti con facilità e ci si può permettere qualche svago e qualche vezzo. Una casa in cui si utilizza l’acqua del proprio pozzo, il grano dei propri campi e la frutta del proprio giardino. Che assicura lavoro ai propri dipendenti e ha il pieno controllo della qualità dei beni che consuma. Che pratica la gestione oculata del rapporto complessivo tra reddito e spesa, tiene lontani i debiti e consente anzi un certo risparmio per i tempi di crisi. Così per le finanze, come per l’acqua e le altre risorse. Guarda la Sicilia di oggi, invece, cosa è diventata. Dico Sicilia ma la considero il paradigma del mediterraneo, del nostro mondo. È una decadente famiglia aristocratica un tempo benestante, ormai diventata triste e indebitata. Amministrata così male, nel tempo,  che oggi è costretta a bere acqua che compra a caro prezzo da quelli a cui prima ha regalato le sorgenti. Che paga con quattro chili di grano dei suoi campi un caffè e consegna 20 chili dello stesso grano in cambio di  un chilo di pane fatto a sua volta con farina di dubbia provenienza e ancora   200 kg per una cena a ristorante, che in genere nulla ha a che fare con l’antica  bontà della sua cucina di casa.  E così via con le spese per la pulizia, i sevizi, la manutenzione. Pensa all’assurdità del mondo di oggi, 200 kg di grano duro siciliano consentono a malapena una cena a ristorante ma equivalgono  all’incirca a quanto serve ad una persona per vivere per un anno intero.  Ma tornando a noi e alla Sicilia di oggi, avendo licenziato i dipendenti della casa e chiuso la cucina e tutto il resto, la spesa è andata fuori controllo e i debiti hanno costretto ad ipotecare la casa di famiglia, i terreni e anche il futuro. Lo stesso è avvenuto in quella che oggi chiamate Europa. Man mano che si riduce il valore delle produzioni interne, soprattutto quelle del sud, aumenta l’indebitamento complessivo dei paesi europei  verso le banche private e con esso l’obbligo a rinunciare alla propria libertà di Stati e territori sovrani.

 


Insomma principe, lo interrompo sconfortato, se ho compreso il suo messaggio: la Sicilia, paradigma dei sud del mondo, è sempre stata ad un passo dalla felicità ma non è mai riuscita o non gli è stato mai consentito di viverla a pieno questa felicità.  Ritiene in qualche modo che vi sia ancora una via d’uscita da questa impasse o pensa che questa terra, e con essa l’intero contesto a cui è connessa sia irredimibile?

Si caro amico, è proprio così!!. Viviamo con la felicità a portata di mano, in una sorta di paradiso terrestre, ma abbiamo nel cuore il buio del male di vivere. È colpa dei siciliani? E colpa di chi li opprime con abile astuzia? Non so dirti. O meglio, è bene che ciascun popolo cerchi da solo la sua risposta. Voglio invece riproporti quanto ebbi a dire a suo tempo: “noi fummo i Gattopardi, i Leoni; quelli che ci sostituiranno saranno gli sciacalletti, le iene; e tutti quanti gattopardi, sciacalli e pecore, continueremo a crederci il sale della terra." E così è stato. E così è!!.

Mi chiedi se questa terra sia irredimibile. Può essere, come non può essere. Tutto dipende, irrompe il Gattopardo, da quanto i siciliani è sostanzialmente tutti i popoli del mondo tengono ancora alla propria libertà. Al punto in cui siamo la situazione è complessa ma in tutti i problemi umani c’è sempre una soluzione umana. Mi pare che qualcuno qualche volta, rivolgendosi ai mal governanti, abbia detto: una risata vi seppellirà!!!. Magari potreste iniziare da quello, visto che  di cose che fanno “scatasciare”  dalle risate di certo non ve ne mancano. Vedi il ponte di Messina ad esempio.

Per essere pratici, continua il Principe, eccoti un piccolo elenco di cose urgenti che i siciliani potrebbero pretendere  al posto o prima del ponte, che ormai da oltre 70 anni viene  venduto come la soluzione per ogni male. Ma quale ponte!! alla Sicilia servono cose semplici che la rendano normale:

strade senza buche, città senza spazzatura, cura del verde pubblico e del decoro urbano, autostrade complete ed efficienti, raddoppi ferroviari, università pubbliche senza baroni e senza numero chiuso, medici di base di formazione “pre farmaceutica” che sappiano curare la salute, prima che la malattia, presidi sanitari e prevenzione seria, ospedali efficienti ma  vuoti ( perché si è lavorato bene con la prevenzione), grano e cibo locale  biologico, senza i veleni dell’industria,  che renda felice chi lo mangia e chi lo produce, aumento della superficie forestata di almeno il 10-20% l’anno in ogni Comune per creare posti di lavoro e migliorare il clima, acqua pubblica e pulita che sgorga dai rubinetti, sistemi di approvvigionamento idrico integrato tale che ciascun Comune gestisca con buon senso le proprie fonti che integrerà con la rete generale regionale dell’acqua pubblica che ne uscirà quindi decongestionata, monitoraggio ambientale continuo sul rischio eco mafie ed eco politiche , narrazione della qualità della vita nei sistemi territoriali locali e investimenti sui giovani per premiare la “restanza” e la “ritornanza” per consentire a chi lo desidera di poter vivere felice protagonista anche a casa propria.


 

Ma principe, come possono i siciliani pretendere questo cambiamento, non ricorda la frase che lei stesso disse al suo ospite, il funzionario piemontese Chevalley: “i Siciliani non vorranno mai migliorare per la semplice ragione che credono di essere perfetti: la loro vanità è più forte della loro miseria”;

Caro amico, risponde il Gattopardo, con una certa stizza mal celata, come chi teme di essere cascato in un tranello dialettico, quando io dicevo i siciliani, mi riferivo alla classe dominate, ai governanti, siano essi baroni o capi popolo. A tutti quelli che si sono assunti la responsabilità di  rappresentare i bisogni e di custodire il destino di questa terra. Per dovere di nascita o per vocazione. Non mi riferisco al popolo, alla gente comune che quelle decisioni spesso le subisce inerme. Certo il popolo siciliano è la vera anima della Sicilia ma raramente ne ha determinato il destino. La gente semplice ne rappresenta certo a pieno titolo il Genius loci, lo spirito del luogo, che in ogni tempo rivive con meravigliosa intensità in ogni azione concreta che uomini e donne compiono ogni giorno per vivere.  nel rapporto intimo con il territorio, fatto di scelte responsabili e sostenibili. Da sempre, da molto prima che tutti parlassero di ecologia per riempirsi la bocca di parole di moda. Parlo del popolo  siciliano, fatto da eroi inconsapevoli e del loro rapporto con il cibo, la cucina territoriale, le tradizioni. La genuina intensità di questo rapporto tra i popoli della Sicilia e il territorio, ha generato la variabilità straordinaria che oggi conosciamo. Pensa alle oltre cinquanta varietà di grano duro e tenero antico siciliano di cui oggi ci possiamo fregiare. Quando si parla di responsabilità dell’uomo rispetto al cattivo rapporto con la natura, l’ambiente, la storia, dobbiamo tenere presente le giuste percentuali con cui attribuirle. Da una parte l’arroganza di una minoritaria e autocelebrativa elite, dall’altra la molteplicità dei semplici. A ciascuno il suo quoziente di responsabilità. Non possiamo attribuire al ragazzino maleducato che butta la bottiglietta di plastica per terra, la stessa responsabilità del proprietario dell’industria che l’ha prodotta, se questa non rispetta le giuste norme ambientali, o peggio, di chi promuove con scelte politiche il consumo della plastica rispetto al vetro riciclato o  a soluzioni più sostenibili. L’unica colpa che mi sentirei di attribuire ai “semplici” è quella relativa alla rinuncia alla propria felicità, quando, a volte troppo facilmente, ci si lascia sopraffare dalla paura e dallo sconforto, quando ci si convince che le cose non possono cambiare e soprattutto quando invece che pretendere il  proprio  diritto  alla vita, quasi in preda ad una collettiva “sindrome di Stoccolma” si finisce per passare dalla parte dei propri aguzzini.  La luce che avvolge questa terra e che tutto rende magico non consente il lusso dell’arrendevolezza. È  questo lusso che io vedo come colpa, perché consente agli “sciacalletti” di operare indisturbati. Magari facendo finta, di tanto in tanto, di farsi annunciatori di falsi cambiamenti.

Insomma, caro principe, alla fine suo nipote aveva ragione. Macchè, incalza don Fabbrio, Tancredi ha detto quella cosa mentre aveva la testa per aria e l’attenzione rivolta a ben altre passioni!!

Detto ciò si congeda con rituale cordialità. Distoglie con un rumore il fedele Bendicò dal suo torpore, che nel corso di tutta la conversazione ere caduto in uno stato di catartico dormiveglia e lentamente si allontanano dalla stanza.  

 


 

Fiera dei sapori belmontesi

 

Belmonte Mezzagno  7 settembre 2024  Fiera

 

dei sapori belmontesi .

 

L’ obiettivo è quello di valorizzare i prodotti tipici locali, con l’ausilio di realtà affermate nel territorio. L'evento è finanziato dall'Assessorato regionale all'Agricoltura.
 

 Il coinvolgimento della scuola “Formazione Professionale TED”, che da anni si è affermata nel campo della formazione professionale gastronomica, coinvolgendo giovani ragazzi belmontesi, realizzeremo una degustazione di prodotti tipici locali. Con l’intento quindi di valorizzare e promuovere dei prodotti agricoli ed agroalimentari identitari, ci si impegna ad implementare l’iniziativa in linea con gli obiettivi raccomandati da IGCAT connessi al riconoscimento della Sicilia quale “Regione europea della gastronomia 2025” e, in particolare a stimolare la partecipazione attiva delle scuole di ogni ordine e grado, della cittadinanza, delle realtà sociali, culturali ed economiche del territorio, nell’ottica della diffusione della consapevolezza e della valorizzazione della sostenibilità, qualità ed autenticità dei prodotti agricoli ed agroalimentari e delle specialità gastronomiche della Sicilia; a dedicare attenzione alla salvaguardia e valorizzazione della biodiversità di varietà vegetali ed animali locali ed agli aspetti legati alla sostenibilità ambientale delle produzioni; a prevedere nell’ambito di della degustazione l’esclusione o comunque la massima limitazione dell’impiego di materie plastiche, prediligendo altri materiali riutilizzabili e/o compostabili e/o comunque riciclabili, nonché ad adottare ogni utile accorgimento per ridurre lo spreco alimentare; a favorire la messa in rete degli obiettivi di valorizzazione delle produzioni agricole ed agroalimentari con quelle di promozione dell’identità culturale, delle tradizioni del lavoro.

Si vuole riproporre, una degustazione volta a valorizzare i prodotti tipici locali belmontesi e le sue eccellenze, come l’olio, prodotto in loco da aziende centenarie, la schiacciata belmontese realizzata con grani antichi, grazie al supporto de “Antico Molino Piraino”. Valorizzare la produzione di formaggi realizzati a km 0. Il miele, prodotto sempre da aziende locali. Realizzare quindi degustazione e laboratori artigianali con il coinvolgimento di aziende di prodotti agroalimentari tradizionali (PAT) e di artigiani. L’iniziativa che si vuole realizzare trova le sue radici nella tradizione belmontese, il cui tessuto sociale è costituito prevalentemente da artigiani e produttori dell’agroalimentare. Si ritiene strategico valorizzare l’immenso patrimonio di saperi sui mestieri antichi, quali ad esempio la lavorazione del ferro e del legno, promuovere l’integrazione con le nuove tecnologie, sviluppare un tessuto produttivo eco-friendly attraverso il riutilizzo dei rifiuti e incentivare la collaborazione con i talenti artistici presenti sul territorio. Il nostro obiettivo è promuovere le eccellenze gastronomiche dei territori rurali nel solco del principio del “compra locale”, creando nuove opportunità di sviluppo imprenditoriale per realtà con produzioni d’eccellenza ma poco strutturate dal punto di vista commerciale. L’iniziativa quindi, che ha come obiettivo quello di coinvolgere tutte le realtà belmontesi e valorizzarne l’operato e si inquadra nella strategia europea Farm to fork - dal produttore al consumatore per un sistema alimentare equo, sano e rispettoso dell’ambiente che punti a garantire la sostenibilità della produzione alimentare e la sicurezza dell’approvvigionamento, stimolando pratiche virtuose nei settori della trasformazione del cibo, del commercio all’ingrosso e al dettaglio, agevolando il passaggio a regimi alimentari sani e riducendo le perdite e gli sprechi con iniziative di solidarietà.

Iniziativa per la quale abbiamo richiesto l’ausilio volontario di altre realtà affermate nel territorio, come la Consulta Giovanile locale, il Comitato Festeggiamenti e il Comitato per la Valorizzazione del Territorio,

Abbiamo previsto, in concomitanza anche momenti ricreativi, invitando giovani artisti locali ad esibirsi, come “Mago Plip Show”, poiché intendiamo momenti del genere ninfa vitale per la socializzazione e la crescita del nostro territorio.

La fiera dei sapori belmontesi rappresenta la sintesi di tutte le attività svolte durante l’anno ed è momento di riflessione per ulteriori iniziative future, al fine di consolidare nel tempo questa grandeopportunità per la crescita socio-culturale ed economica del nostro territorio della nostra amata terra di Sicilia.

Comunicato stampa  del Comune 

domenica 1 settembre 2024

Gal Rocca di Cerere

Viaggio nei 23  
GAL della Sicilia.

               Dopo il Gal Madonie, il GAL Tirrenico Mare e Monti e Borghi, il GAL Etna Sud, ecco il Gal Rocca di Cerere  

 

 la comunicazione è partecipazione

I Gruppi di Azione Locale (GAL) sono partenariati tra rappresentanti locali, pubblici e privati, creati per favorire lo sviluppo delle aree rurali, finanziati dall'Assessorato Regionale all'Agricoltura, attraverso il PSR 2014-2022.



 

                        La Sicilia ha ottenuto il riconoscimento di Regione Europea della Gastronomia per il 2025 conquistando i giudici dell’Igcat per i suoi sapori, ma ad affascinare quegli uomini e quelle donne che nel 2023 hanno girato in lungo e in largo la nostra isola, sono stati anche la sua storia, la sua cultura e il suo territorio, ognuno con le sue unicità.

Come quelle racchiuse dal Gal Rocca di Cerere Unesco Global Geopark, ovvero bellezze di un territorio ricco di storia e cultura nel cuore della Sicilia, e che fa riferimento ai comuni di Enna, Aidone, Assoro, Nissoria, Leonforte, Piazza Armerina, Valguarnera e Villarosa, nell’Ennese e a quello di Calascibetta in provincia di Caltanissetta. In questa area, sono racchiusi due parchi archeologici famosi in tutto il mondo, quello di Morgantina e la Villa Romana del Casale a Piazza Armerina (300mila visitatori ogni anno), quest’ultima tra i 7 siti Unesco che si trovano in Sicilia e ancora il Geoparco della Rocca di Cerere, da cui trae il nome il Gal stesso.

Villa del Casale (foto villaromanadelcasale.it)

E la storia del territorio si intreccia con la mitologia, perché il nome di questo luogo è legato al mito del ratto di Proserpina da parte di Plutone, ambientato proprio nel cuore della Sicilia. Si racconta che Plutone, a bordo di una biga alata, rapì Proserpina mentre era intenta a raccogliere i fiori di crocus e di zafferano, sulle rive del lago di Pergusa. A seguito della sua scomparsa, Cerere, la dea delle messi si recò adirata da Giove, per scoprire che la figlia era stata portata nell’Oltretomba. Si arrivò ad un patto, secondo il quale Proserpina avrebbe passato sei mesi con il marito e sei mesi sulla terra.

“Il nostro Gal – spiega Salvatore Troia, direttore del Piano – nasce nel 1998. Da allora ci sono state modifiche sostanziali sul nostro territorio, ma quello che è certo è lo stretto legame con la terra, proprio per questo al nome Rocca di Cerere si aggiunge quello di Geopark”. Lo stesso Troia ricorda che quella di Enna è la provincia con il più alto rapporto tra numero beni culturali per abitante, e quello che è presente “sul nostro territorio racconta bene tutte le dominazioni che hanno avuto a che fare con la Sicilia nei secoli”.

Il territorio si sviluppa su un’area racchiusa dalle estreme pendici meridionali dei Nebrodi e delle Madonie a nord, e dai rilievi degli Erei che ne occupano gran parte della superficie, ed è dunque costellato da catene montuose, valloni, fiumi e laghi, antichi centri arroccati e colline. Oltre ai già citati siti di Morgantina e Piazza Armerina, custodisce la Polis di Morgantina ad Aidone, i Boschi di Piazza, la Valle dell’Imera e il Bosco di Rossomanno, solo per citarne alcuni.

Ma a cosa fa riferimento la definizione Geopark? “L’Unesco ci ha conferito questo riconoscimento nel 2015 – spiega Troia – e fa riferimento a quei territori che hanno la presenza di un patrimonio geologico di rilevanza internazionale, tale da aiutare a raccontare la storia della formazione della Terra. Naturalmente il riconoscimento è arrivato dopo un lavoro durato anni, e che continuiamo a fare costantemente, perché ogni 4 anni viene messa in atto dall’Unesco una rivalutazione”.

Mandorlo Prunus dulcis

Storia, cultura e naturalmente gastronomia. La zona è famosa per le sue produzioni di Olio Evo e per coltivazioni specifiche del territorio, come il mandorlo Prunus dulcis, capace di resistere al caldo delle estati siciliane e che, nei secoli, è stato utilizzato per la pasticceria dei “monsù” e delle monache dei conventi siciliani che diedero vita alla Pasta Martorana o Reale. Grandi le produzioni di legumi, dal cece nero rugoso a quello nero liscio, passando per la lenticchia nera e la fava larga di Leonforte.

Sul fronte dei cereali la storia viene portata nelle cucine dei siciliani con produzioni di grano perciasacchi, un grano duro antico altamente digeribile, e quelle di grano Timilia, le cui coltivazioni risalgono al Medioevo e di cui scrisse Goethe tra le righe del suo Viaggio in Sicilia: “La tumenia, il cui nome deriverebbe da bimenia o da trimenia, è un bellissimo dono di Cerere, una specie di grano estivo che matura in tre mesi. Lo seminano a capodanno fino a giugno ed è sempre maturo alla data stabilita. Non abbisogna di pioggia abbondante, ma di forte caldo; all’inizio la foglia è molto delicata, ma poi cresce insieme col grano e alla fine si rafforza assai. La semina del grano avviene in ottobre e novembre, e a giugno è già maturo

sabato 31 agosto 2024

La pioggia ...c'era una volta!

  ...sembra impossibile, eppure!

 

Come far piovere in tempo di siccità. Qualcuno alzerà il sopracciglio, eppure esistono da sempre molti modi per provocare scrosci e piogge. Ad esempio preghiere e rituali sono sempre esistiti e pare funzionavano davvero.  


 Per i credenti così la Chiesa prega per la pioggia 


Il Papa l’ha ribadito più volte: la siccità è un problema grave. Che chiede interventi concreti. All’Angelus, nella solennità dei santi Pietro e Paolo, Francesco ha auspicato «che si attuino le misure necessarie a fronteggiare queste urgenze e a prevenire le emergenze future. Tutto questo deve farci riflettere sulla tutela del creato, che è responsabilità nostra, di ciascuno di noi. Non è una moda, è una responsabilità – ha aggiunto il Pontefice –: il futuro della terra è nelle nostre mani e con le nostre decisioni!».Vanno in questo senso tante iniziative lanciate dalla diocesi italiane. Qualche anno addietro l’arcivescovo di Milano monsignor Mario Delpini ha recitato il Rosario in tre chiese di campagna «per il dono dell’acqua» e ha promosso un pellegrinaggio mariano nel territorio agricolo del Milanese ferito dalla carenza di acqua. «La preghiera per la fecondità della terra e la pioggia che viene dal cielo – ha sottolineato Delpini – richiede la fede semplice dei bambini che si fidano del Padre che sta nei cieli. Richiede la fede sapiente che raccoglie in ogni situazione l’occasione per accogliere la chiamata a conversione verso uno stile di vita che abiti la terra come chi coltiva il giardino piantato da Dio in Eden. Richiede la fede cristiana che, obbediente al comando di Gesù, prega: “Sia fatta la tua volontà, come in cielo, così in terra. Dacci oggi il nostro pane quotidiano”».

Molto nota in questo ambito la preghiera di Paolo VI recitata la prima volta all’Angelus del 4 luglio 1976, anche allora tempo di siccità:

“Dio, nostro Padre, Signore del cielo e della terra (Mat. 11, 25),

tu sei per noi esistenza, energia e vita (At. 17, 28).

Tu hai creato l’uomo a tua immagine (Gen. 1. 27-28)

perché con il suo lavoro faccia fruttificare

le ricchezze della terra

collaborando così alla tua creazione.

Siamo consapevoli della nostra miseria e debolezza:

nulla possiamo senza di te (Cfr. Gv. 15).

Tu, Padre buono, che su tutti fai brillare il tuo sole (Mat. 5, 45)

e cadere la pioggia,

abbi compassione di quanti soffrono duramente

per la siccità che ci ha colpito in questi giorni.

Ascolta con bontà le preghiere a te rivolte

fiduciosamente dalla tua Chiesa (Luc. 4, 25),

come esaudisti le suppliche del profeta Elia (1 Re 17, 1),

che intercedeva in favore del tuo popolo (Giac. 5, 17-18).

Fa’ scendere dal cielo sopra la terra arida

la pioggia sospirata,perché rinascano i frutti (Ibid. 5, 18)

e siano salvi uomini e animali (Sal. 35, 7).

Che la pioggia sia per noi il segno

della tua grazia e benedizione:

così, riconfortati dalla tua misericordia (Cfr. Is. 55, 10-11),

ti renderemo grazie per ogni dono della terra e del cielo,

con cui il tuo Spirito soddisfa la nostra sete (Gv. 7, 38-39).

Per Gesù Cristo, tuo Figlio, che ci ha rivelato il tuo amore,

sorgente d’acqua viva zampillante per la vita eterna (Ibid. 4, 14).Amen”.



Una volta...

Nell’antica Roma, durante la cerimonia chiamata “aquilicium”matrone scalze e con capelli sciolti, salivano sul Campidoglio. Facevano ruzzolare pietre, invocando Giove Pluvio, urlando a squarciagola; simulando il brontolio del tuono. Ancora oggi si pensa che il cantare stonando porti la pioggia! Più avanti, verso la metà del quarto secolo, papa Liberio trasformò la cerimonia pagana d’invocazione delle precipitazioni in una pubblica preghiera cristiana.

Da allora l’uso è rimasto e ancora oggi il vescovo, in caso di prolungata siccità, indice una processione o un pellegrinaggio ‘ad petendam pluviam‘ (per invocare la pioggia). Ricordiamo anche le processioni medioevali dei flagellanti, indette ogni volta che la siccità minacciava i raccolti. I rituali per la pioggia sono particolarmente diffusi in Italia perché veniamo da una tradizione agricola. Papa Gregorio alla fine del VI secolo istituì anche le Rogazioni, sostituendo i riti pagani ad pluviam petendam con preghiere e processioni.

Preghiere per invocare la pioggia

In Veneto ancora oggi, durante i periodi di siccità, si realizzano delle croci con rami di ontano da portare in processione e a lasciare all’ingresso dei campi, per propiziare l’arrivo della pioggia. Anticamente, quando non pioveva da tempo e le cisterne erano vuote, si portava l’immagine della Madonna in processione. I contadini, scalzi, e i giovani del paese con corone di rovi sul capo, seguivano la processione, invocando la Vergine.

In alcune zone, ogni 7 anni la Madonna esce dalla chiesa; dinanzi alla quale centinaia di persone aprono una pettorina e si percuotono con delle spille. Hanno un sughero nel quale sono stati conficcati o pezzetti di vetro o spilli. Sono i battenti e accompagnano con il sangue versato la processione. Il fedele che si batte offre alla Madonna il bene più prezioso. Versando il sangue, lo si offre alla Madonna.

Rituali per la pioggia

In cambio si chiede la sopravvivenza per la comunità che lei può garantire facendo piovere. Anche all’estero accade così. In Bielorussia, le donne arano il fiume, cantando canzoni rituali. In Macedonia, gruppi di persone alzando le mani e la testa verso il cielo, eseguono riti  e canti ritmici; chiamando la pioggia. Esistono tantissimi rituali, come nei villaggi di Gagauz e degli slavi meridionali. Una ragazza, vestita a festa, va in una vigna, con una ghirlanda in testa; scavalca tutti i cortili del villaggio e i contadini la innaffiano d’acqua.

Oppure si va nella landa desolata a mezzanotte; facendo un cerchio d’acqua intorno. Si alzano le mani verso il cielo e si cammina in senso orario lungo il sentiero dell’acqua fino a quando non si asciuga. Si continua a camminare accompagnando il tutto con parole volte a richiedere la pioggia dalla natura. I ceceni sacrificano un serpente e un gallo nero.

Processioni per la pioggia

Esiste un rituale dei druidi, in cui ci si siede a gambe incrociate verso ovest e meditare; e bisogna visualizzare l’acqua che risciacqua il nostro corpo o che lo purifica. Poi si deve invocare l’elemento dell’acqua nel modo che si preferisce e recitare ringraziando l’elemento. Dodola, parola che ricorre nel canto, è il nome di una divinità femminile della mitologia Slava. “Che la pioggia venga a bagnare questa terra; che venga a purificare le nostre anime e risciacqui il nostro cuore.

Aquilicium e come far piovere

Io ti prego elemento Dell’acqua di portare la pioggia in questa terra! Così sia!”.  E’ la Dea della pioggia e moglie di Perun, il Dio del tuono. Nel rito per propiziare la pioggia, giovani donne cantano canzoni per Dodola. Sono canzoni specifiche e ne esiste un vasto repertorio, chiamate appunto Dodolske Pesme. I canti sono accompagnati da danze e le giovani donne, nel rituale, sono coperte di foglie e piccoli rami. Sin dall’antichità si attribuisce a druidi e sacerdoti il potere di controllare il tempo atmosferico; comandare le tempeste, incatenare il vento, proviamo!

Sarebbe meglio eseguire le cerimonie in riva ad uno stagno o ruscello, Si raccoglieva l’acqua in un calderone e poi la si agitava con dei rametti. Mentre si agita l’acqua, s’invoca i lo spirito della pioggia chiedendo abbondanti piogge per la fertilità dei campi.

Giove Pluvio

Successivamente, con i rametti, si mescola il liquido per nove volte in senso orario e subito dopo per nove volte in senso antiorario. Poi scuotendo l’acqua ancora si ripete il processo per tre volte. Si spruzza l’acqua nell’aria come se stesse effettivamente piovendo. Il rituale veniva ripetuto in sequenze dispari e concluso gettando l’acqua del calderone sulla terra.



Pachino, Festa della vendemmia 2024

 

 Si svolgerà da venerdì20 a domenica 22 settembre la terza edizione della “Festa della vendemmia“, la manifestazione organizzata dall’associazione “Vivi vinum Pachino” che promette un’edizione esclusiva, per le tante novità a partire dal luogo.Sarà infatti la vecchia stazione di Pachino in piazza Pietro Nenni, per l’occasione “Stazione del vino”, a ospitare la manifestazione diventando per tre giorni luogo di aggregazione e di scambio culturale, quel “palmento a cielo aperto” delle passate edizioni che inebria l’aria di mosto.

È arrivato il momento di valorizzare altri punti della città, come quartieri e zone mai resi vivi o ritenuti importanti – riferisce Walter Guarrasi, presidente dell’associazione “Vivi vinum Pachino” – La stazione di Pachino per noi è la “stazione del vino” e su quei binari viaggiava il mosto caricato presso i magazzini del vino lungo la ferrovia, su quei binari viaggiava il Nero Pachino. Parliamo di una parte importante della storia del nostro territorio“.





 

Il presidente del sodalizio organizzatore, ringraziando l’amministrazione comunale per il patrocinio, sottolinea: “Con questa voglia di crescita e di sviluppo stiamo contribuendo da 7 anni a migliorare il territorio, a diffondere la cultura del “bello” e a trasmettere la consapevolezza che è possibile ripensare e interpretare un modello nuovo di ri-generazione urbana, sociale ed economica. La nostra associazione è riuscita a raggiungere risultati importanti perché si pensa al “Noi” e non all’ “Io”, ogni socio pensa e agisce come squadra. La Festa della vendemmia, come “tradizione innovativa” riesce a tradurre questo pensiero perché unisce, valorizza, promuove. Al centro di questa visione si richiamano i sani principi della cooperazione, la “comunità artigiana” che “costruisce per ricostruire”.

La festa si svolgerà in piazza Pietro Nenni, che dista qualche centinaio di metri dal centro storico.

Il programma si preannuncia ricco di appuntamenti, con il 3° “Palio della botte“, conferenze sulla cultura vitivinicola e sull’enoturismo, il concerto del sabato sera con un ospite di fama nazionale, mentre la domenica del folklore sarà dedicata alla pigiatura con la presenza dei carretti con l’uva e con il gruppo folk “Pachino ‘nciuri – Carmelo Latino”.

Al centro degli eventi la degustazione di oltre cento etichette di vino, lungo un percorso dedicato alle aziende vitivinicole di Pachino e non solo, protagoniste della “Festa della vendemmia”. La gastronomia contadina e il cibo della vendemmia presente nella rotonda dei “Pachinesi nel mondo”, per celebrare “il rito della tradizione”. Il ponte di via XXV Luglio sarà impreziosito dall’artigianato, dalle arti e dai mestieri, grazie alla cooperativa di comunità “Le terre di Ebe”.

La “mustata”, dolce tipico della vendemmia di Pachino, sarà sui banchi per tutti e tre i giorni, così come sarà organizzato il 3° concorso amatoriale “La vendemmia nel piatto”. Poi ancora i “giochi di una volta” per i bambini delle scuole, e la presenza del Centro diurno anziani, degli istituti superiori “Calleri” e “Bartolo”.

Tra le novità, la rubrica “Di che vendemmia sei… incontro con l’ospite d’onore” e il 1° concorso enologico “Il vino dello Scagno”.

L’associazione “Inverdurata di Pachino” realizzerà un mosaico vegetale dedicato e interagirà con il laboratorio per inverduratori. Sarà assegnata quindi la 3ª “Pampina d’oro“.

venerdì 30 agosto 2024

FESTIVAL INTERNAZIONALE DELL’UVA IGP DI MAZZARRONE

 

   XVI EDIZIONE – ANNO 2024 6/7/8 SETTEMBRE 2024

La manifestazione è finalizzata a promuovere e valorizzare il prodotto uva da tavola di Mazzarrone ha visto la prima edizione nel 1981  finanziata dall’Assessorato Regionale all’Agricoltura

Il progetto mira a promuovere ed a valorizzare l’uva da tavola IGP di Mazzarrone e il suo territorio; questo generoso prodotto agricolo, del comparto ortofrutta, che viene coltivato non solo su un’estesa superficie del territorio di questo Comune, ma anche nei Comuni limitrofi.


Per l’anno 2024 tutto ruoterà attorno a due termini: AGGREGAZIONE e INNOVAZIONE, con rafforzamento dell’impegno sul fronte dell’aggregazione produttiva, della concentrazione dell’offerta, della distintività e dell’innovazione.

Il Progetto prevede incontri tra aziende del territorio che metteranno in vetrina, in appositi stands, oltre al prodotto principe, l’uva, anche altri prodotti identitari del territorio;

A tal fine sarà coinvolto, attraverso la partecipazione all’evento, il Consorzio dell’Uva da tavole IGP di Mazzarrone e anche le O.P. operanti in ambito agricolo.

Il Progetto, inoltre, si distinguerà come progetto “INCOMING BUYER” attraverso la previsione di incontri tra aziende del territorio e buyer.

Gli incontri saranno effettuati anche a mezzo conferenza.

Attraverso l’informazione e la promozione attuata con la degustazione di uva ci si propone innanzitutto di allargare la conoscenza dei consumatori e addetti al settore.

Ci si attende che una campagna promozionale e informativa possa creare solide basi per una migliore sinergia tra intraprendenza e laboriosità produttiva e sistema di distribuzione, a beneficio di un dinamismo industriale e commerciale.

INIZIATIVE E PROGRAMMA

Allo scopo di promuovere il prodotto uva da tavola di Mazzarrone, si intendono attuare svariate iniziative:

-          Si intende organizzare una Fiera espositiva che accoglierà oltre all’uva le eccellenze del territorio e i prodotti tipici del territorio;

-          Saranno allestiti stand espositivi e zone di degustazione di uva e di prodotti tramite percorso eno-gastronomico e un espositore di tutte le varietà di uva prodotte nel territorio.

-          Saranno organizzate visite nelle aziende allo scopo di far conoscere i vari stadi del ciclo dell’uva, al fine di far conoscere il sistema di produzione, le varietà, le tecniche di produzione e la trasformazione che avviene nei magazzini, con la lavorazione che viene effettuata in base alla destinazione del prodotto, con particolare attenzione ai gusti del consumatore finale;

-          Sarà organizzata una conferenza a tema con la partecipazione di personalità e relatori esperti del settore, durante la quale si effettuerà un incontro con gli operatori del settore e le forze politico-produttive;

-          Promozione del prodotto e del territorio mediante la produzione e la divulgazione di materiale informativo ed editoriale, comunicazione televisiva e a mezzo stampa. L’obiettivo sarà quello di cogliere l’interesse di importanti testate giornalistiche straniere.

Le iniziative, a carattere divulgativo, saranno tese a dare una maggiore informazione sul prodotto, non solo attraverso materiale cartaceo ed editoriale, ma anche iconografico e multimediale e attraverso la stampa (con servizi speciali) e spots televisivi.

Sarà effettuata la videoripresa della manifestazione e dei momenti culturali. Ciò allo scopo di pubblicizzare il prodotto su scala mondiale, con l’uva da tavola IGP di Mazzarrone L’informazione-promozione sarà attuata, inoltre, a mezzo depliants illustrativi, locandine, manifesti 

 

 

giovedì 29 agosto 2024

percorrere la trasformazione dell'agricoltura italiana

 

“Playlist sviluppo rurale: percorrere la trasformazione dell'agricoltura italiana”. La pubblicazione, frutto di un percorso collaborativo tra Rete Rurale Europea e Rete Rurale Italiana insieme al contributo delle Istituzioni regionali, fornisce buone pratiche innovative per il sistema agro-alimentare italiano. Il documento offre, nella prima parte, alcuni esempi di pratiche innovative e progetti all'avanguardia; nella seconda parte, vengono proposti indicazioni per la condivisione delle buone pratiche, attraverso un approccio sistematico, per favorire le azioni di rete e la collaborazione ai diversi livelli, nell'ottica di accelerare il processo innovativo e lo sviluppo di soluzioni sinergiche.


La competizione Agricultural and Rural Inspiration Awards (ARIA) premia, dal 2019, i progetti di sviluppo rurale più stimolanti, cofinanziati dall'UE per la capacità di rafforzare le competenze per l'agricoltura e le aree rurali attraverso l'apprendimento permanente, l'innovazione e la competitività.

All'edizione 2023 (V edizione) hanno preso parte venti Stati membri che hanno inviato 92 candidature riferite alle quattro categorie tematiche correlate agli obiettivi della PAC: agricoltura intelligente, competitiva, resiliente e diversificata; protezione ambientale; tessuto socioeconomico delle aree rurali; competenze degli stakeholder rurali.
Il lavoro è frutto di un percorso reso possibile grazie alla collaborazione tra la Rete Rurale Europea e la Rete Rurale Italiana e al prezioso contributo delle Istituzioni regionali, che hanno deciso di partecipare al premio ARIA 2023 (Agricultural & Rural Inspiration Awards), mettendo a fattor comune buone pratiche ed esperienze innovative per influenzare il sistema agro-alimentare italiano.
Il documento offre, nella prima parte, alcuni esempi di pratiche innovative, persone appassionate, progetti all'avanguardia. Nella seconda parte, con lo scopo di non tenere l'innovazione confinata in singole esperienze, vengono proposti spunti di riflessione e indicazioni utili per l'individuazione e la condivisione delle buone pratiche, attraverso un approccio più sistematico. In questo senso, questa pubblicazione suggerisce l'importanza di favorire le azioni di rete e la collaborazione ai diversi livelli, nell'ottica non solo di accelerare il processo di innovazione, ma anche di facilitare lo sviluppo di soluzioni sinergiche a sfide comuni.

Inycon, 26ª edizione: la Festa del Vino a Menfi in programma dal 4 al 6 Ottobre


La manifestazione è stata inserita nel “Calendario delle Manifestazioni di grande richiamo Turistico 2024 e 2025” della Regione Siciliana.


Menfi, città del vino, dell’olio e del cibo si prepara ad accogliere una nuova edizione di Inycon che ritorna dopo cinque anni, la storica festa del vino che celebra la cultura vitivinicola e le eccellenze enogastronomiche del territorio

 

 Da Venerdì 4 a Domenica 6 Ottobre 2024, Menfi, Città Italiana del Vino 2023, diventerà il cuore pulsante del vino siciliano, offrendo tre giorni ricchi di eventi, degustazioni e spettacoli: giunta alla sua 26ª edizione, la più antica manifestazione del vino di qualità in Sicilia continua a rinnovarsi, combinando tradizione e innovazione per offrire ai visitatori un'esperienza unica. 

 

L'evento, inserito nel “Calendario delle Manifestazioni di grande richiamo Turistico 2024 e 2025” della Regione Siciliana, è un'occasione imperdibile per gli amanti del buon vino, gli appassionati di cucina e tutti coloro che desiderano scoprire il patrimonio culturale e naturale di Menfi e della Sicilia. La città belicina proprio nei giorni scorsi è entrata a far parte delle città dell’Associazione Nazionale Città dell'Olio grazie alla collaborazione con gli oleifici locali e la Fondazione Inycon
 Grazie al vino Menfi è diventata capitale dell’agricoltura in Sicilia, con un percorso di promozione del territorio a fini turistici. Vino, olio, gastronomia e turismo sono oggi i pilastri sul quale si regge il sistema Menfi e che saranno al centro della prossima edizione di Inycon: tutti i dettagli saranno svelati nei prossimi giorni ed il programma sarà visionabile qui https://inyconsicilia.it/

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