mercoledì 8 ottobre 2025

I prodotti alimentari del bosco e del sottobosco nelle fonti letterarie classiche

 

Giacomo Dugo

Prof Emerito di chimica degli alimenti Università di Messina

 

Carlotta Crescenti

Docente di materie letterarie, latino e greco

 

 

                         Le fonti letterarie offrono immaginosi stralci di informazioni sulla gastronomia greca e romana e sui suoi caratteri fondamentali: l’estrema ricercatezza ed estrosità del gusto culinario classico, le scene di una tradizione culinaria quotidiana e popolare, veicolate dalle opere dei comici, gli accostamenti frequentemente ardimentosi di ingredienti di diversa natura, i ricettarî e la trattatistica, in materia, frammentaria e lacunosa, l’interesse sorprendente dei medici antichi nei confronti dei processi relativi alla nutrizione e della correlazione che intercorre tra questi e la salute umana, gli interminabili elenchi di leccornie, in letteratura, che riflettono i ricchi rituali simposiali antichi, i concetti di pietanza o prodotto abbinati ad una determinata area geografica, un’aneddotica immaginifica e vasta – vale a dire, un’immensa congèrie di dati e riferimenti.

 


È evidente, altresì, che uno studio approfondito sulla cultura gastronomica classica non può prescindere da un’indagine sulle preparazioni culinarie antiche a base di prodotti alimentari ottenuti dalla raccolta e dal taglio delle piante boschive e del sottobosco, prima dello sviluppo di qualsiasi forma effettiva di selvicoltura. Il filosofo Platone (IV sec. a.C.), nel Politico, attesta l’antichità e gli aspetti mitologici di tale consuetudine alimentare, sostenendo che, ai tempi del regno di Crono, divinità pre-olimpica greca, gli abitanti del cosmo non avevano necessità di praticare alcuna forma di agricoltura, in quanto le piante arboree e le foreste fornivano spontaneamente ogni tipologia di nutrimento desiderabile.

Abbiamo scelto, in questa sede, di operare una stringata sintesi del materiale disponibile, soffermandoci sulle caratteristiche di alcuni prodotti boschivi e del sottobosco - le noci, le castagne e i funghi - e sul loro utilizzo nell’ambito delle preparazioni gastronomiche antiche. Gli studi naturalistici e botanici di certi autori antichi, come Teofrasto (IV sec. a.C.), autore di una Storia delle piante, e Plinio Il Vecchio (I sec. d.C.), autore di una Storia naturale, illustrano le caratteristiche di una trattatistica scientifica enciclopedica antica rigorosa e fondata, ma sarà necessario non trascurare, inoltre, i riferimenti letterarî o il ricettario del gastronomo Apicio (I sec. a.C.-I sec. d.C.), il De re coquinaria.

Vi era l’uso di sgranocchiare le noci durante i lauti banchetti: compaiono a volontà, per esempio, nel menù dell’icastica cena di Trimalcione nel Satyricon di Petronio, insieme a ceci, lupino e mele. Nel ricettario di Apicio, possono essere aggiunte come ingrediente per una salsa bianca per uccelli lessati, insieme a pepe, ligustico, cumino, semi di sedano, nocciole, miele, salsa di pesce e molto altro o tritate per il ripieno dei datteri salati all’esterno e fritti nel miele cotto o ancora come ingrediente di accompagnamento per le sarde.

In Ermippo, epitomatore di Ateneo, si chiede alle Muse, con un’invocazione epica di fattura pseudo-omerica, di mostrare quante e quali prelibatezze Dioniso abbia donato alla civiltà, trasportandole sulla sua nave nera che percorse il mare color del vino. Dalla Paflagonia (antica regione dell’Anatolia), arrivavano castagne e lucide mandorle, adatte all’ornamento dei banchetti. Apicio impiega curiosamente le castagne cotte ad uso lenticchie: con il mortaio verrà preparato un trito di pepe, cumino, semi di coriandro, menta, ruta et cetera. La poltiglia sarà bagnata con aceto e condita con miele e salsa di pesce. A seguito di ciò, si aggiungerà il tutto alle castagne cotte e si farà bollire.

Per quanto riguarda i funghi, gli antichi nutrivano, a questo riguardo, una considerazione doppia e cauta. In una lettera ad un amico, Cicerone (I sec. a.C.) afferma di aver contratto una fastidiosa malattia intestinale, perdurata parecchi giorni, dopo aver preso parte ad una cena a base di verdure, che il suo ospite aveva fatto preparare per non contravvenire alle recenti leggi contro il lusso. Erano a tal punto magnificamente condite e appetitose che, Cicerone, che, pure, era molto cauto quando si trattava di funghi e ostriche, non poté esimersi, questa volta, dall’indulgere eccessivamente nel suo appetito. L’avvelenamento da funghi fu, probabilmente, la causa di morte dell’imperatore Claudio (10 a.C.-54 d.C.), se si presta fede alla notizia di Svetonio contenuta nell’opera Vita dei Cesari. Plinio Il Vecchio fornisce delle indicazioni relative al riconoscimento dei funghi velenosi e offre, altresì, nove possibili rimedi, nel caso in cui si abbia la sfortuna di incappare, durante la raccolta, in una di queste pericolose tipologie. Se bolliti con carne, piccioli di pera o aceto – aggiunge – i funghi perderanno le loro caratteristiche nocive. L’aceto, in modo particolare, è considerato da Plinio come una sostanza diametralmente opposta a quella di cui sono formati i funghi e, dunque, appare particolarmente utile al fine di neutralizzarne la tossicità. Erofilo (IV sec. a.C.), un medico greco, scrisse un vero e proprio calendario dietetico, all’interno del quale forniva consigli relativamente al consumo di alcune particolari pietanze in un mese dell’anno piuttosto che in un altro. In modo particolare, i funghi rientrano tra gli alimenti che sarà opportuno consumare, a marzo, insieme a biete e datteri, e, ad ottobre, insieme ad asparagi, pere, mele, datteri, melograni, pistacchi…

Le fonti non trascurano di puntualizzarsi, in modo particolare, sul tartufo, che, afferma Plinio, cresce preferibilmente nei terreni aridi e sabbiosi e pesa, all’incirca, una libbra. Sostiene, inoltre, che vi siano due tipologie di tartufi: uno che tende a riempirsi di sabbia, che potrebbe essere, quindi, dannoso, nel momento in cui lo si addenta, e un altro privo di qualsiasi impurità. Narra un aneddoto, secondo cui un tale, addentando un tartufo, ci ritrovò dentro un denarius, cioè una monetina d’argento, cosa che gli causò la rottura di alcuni denti. Questo, agli occhi di Plinio, dimostrerebbe che il tartufo non è altro che un agglomerato di terra elementare, che assorbe, al suo interno, qualsiasi cosa si trovi sul terreno.

Il ricettario di Apicio non manca di presentare numerose ricette per la preparazione dei funghi, in generale, per la conservazione dei tartufi e per alcune salse adatte al loro condimento, in particolare. Per la conservazione dei tartufi, si metteranno questi in un barattolo, separati, evitando che vengano a contatto con l’acqua. Il barattolo dovrà essere conservato in un luogo fresco. Le salse da accompagnare ai tartufi saranno a base di pepe, ligustico, coriandro, ruta, salsa di pesce, miele e olio. Le spugnole si mangeranno in tanti modi diversi: per esempio, fritte, con una salsa acida a base di vino, oppure lessate, messe nel tegame con olio, salsa di pesce e miele. I funghi che crescono alla base dei frassini andranno conditi con pepe, mosto, aceto e olio. I tartufi, invece, potrebbero essere consumati infilzati in uno spiedo e salati, con olio, salsa di pesce, vino, pepe e miele.

Quello che ci pare risulti evidente da questa, sia pur stringata, esposizione è l’imponente presenza dei prodotti del bosco e del sottobosco nella gastronomia greca e latina e l’importanza dell’alimentazione nell’antichità, intesa non solo come soddisfacimento di bisogni primari, ma anche come espressione della genialità e creatività dell’uomo.



martedì 7 ottobre 2025

I Sovrani del cibo. Speculazione e resistenza dietro a quello che mangiamo

 Chi decide che cosa mangiamo e a quale prezzo? Chi sono i sovrani del cibo?

Dalla metà degli anni Sessanta la produzione di cibo a livello globale è cresciuta del 300%, eppure ancora oggi la malnutrizione continua a ridurre l’aspettativa di vita di milioni di persone: 783 milioni di esseri umani – cioè il 9% della popolazione mondiale – hanno sofferto la fame cronica nel 2023 e più di 333 milioni hanno affrontato livelli acuti di insicurezza alimentare.



Il tutto mentre un pugno di multinazionali dell’agroalimentare controllate da pochissimi e ricchissimi Fondi speculativi ha registrato negli ultimi anni profitti record, godendo di sussidi andati scapito della salute delle persone e dell’ambiente. Com’è stato possibile questo “sacco del cibo” e quali strumenti hanno a disposizione i consumatori “attivi” per costruire un’alternativa, superando un modello per il quale tre quarti del cibo che consumiamo oggi proviene da sole dodici specie vegetali e da cinque animali?

Dall’osservatorio di Altreconomia e di Altromercato, un saggio divulgativo che con il piglio dell’inchiesta economica vuole svelare chi sono i padroni del mercato, discutere di quantità e qualità dei consumi e difendere il diritto umano al cibo. Per cercare di restituire lo scettro a quelli che dovrebbero essere i veri sovrani del cibo: contadini e consumatori.

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venerdì 3 ottobre 2025

Siringate: storia e leggenda di un dolce identitario protagonista all'evento Sicily Food Vibes di Menfi


“Il Comune belicino,  si distingue per la sua capacità di raccontare il proprio Genius Loci attraverso una narrazione culturale ed enogastronomica autentica, perfettamente incarnata nelle tradizioni locali e nell’eredità lasciata da Tomasi di Lampedusa.”

Il legame tra il romanzo Il Gattopardo, il Palazzo Filangeri di Cutò e le pietanze identitarie – tra cui le celebri “siringate”, dolci amati dalla principessa Filangeri – rappresenta una testimonianza concreta di come il cibo sia anche cultura, storia e appartenenza.

Siringate: storia e leggenda di un dolce identitario

Il prof. Andrea Randazzo, storico, ha condotto una ricerca sulle origini delle Siringate, dolce simbolo di Santa Margherita di Belice.

La tradizione narra che, con l’arrivo degli Spagnoli nel 1516, la Sicilia conobbe i churros, dolci fritti simili nell’aspetto alle siringate ma diversi negli ingredienti:

  • i churros: acqua, farina, burro, uova, zucchero e sale

  • le siringate: ricotta, farina, miele, zucchero, uova, cannella e scorza d’arancia

Secondo la memoria popolare, fu la moglie di un pastore del feudo Meccina a sperimentare per prima la ricotta fritta nell’olio bollente, trasformando un alimento povero in un dolce capace di conservarsi per giorni. Nel tempo arricchì la ricetta con altri ingredienti, fino a ottenere la prelibatezza che conosciamo oggi.

La leggenda vuole che un giorno il conte Lucio Mastrogiovanni Tasca, marito della principessa Giovanna Filangeri, dopo una battuta di caccia scoprì per caso le siringate e ne rimase conquistato. La principessa stessa se ne innamorò e cominciò a offrirle nei suoi ricevimenti, diffondendone la fama.

Così, da dolce umile e contadino, le Siringate conquistarono nobili e popolani, diventando simbolo di identità collettiva per la comunità margheritese.

In occasione di Inycon gli Chef Michele Ciaccio e Calogero Abruzzo presenteranno il prodotto simbolo e identitario di SAnta Margherita Belice. 


  


Per la loro valorizzazione e promozione il Comune di Santa Margherita di Belice ha adottato il percorso della De.Co.   

Il valore del Genius Loci e delle De.Co.

«Il genius loci è il territorio della memoria, il nostro patrimonio, il valore più profondo della cultura mediterranea ed europea, ed è l’unico anticorpo che abbiamo rispetto alla cultura dell’indefinito globale»  

Le De.Co. (Denominazioni Comunali), nate da un’intuizione di Luigi Veronelli, sono strumenti concreti di marketing territoriale e di recupero delle unicità locali. Esse rappresentano non soltanto un prodotto (piatto, dolce, sapere, evento, artigianato), ma un vero e proprio elemento identitario di comunità, capace di attrarre turisti e viaggiatori del gusto (foodies).

«Quando un cibo è ancorato al territorio,  non è solo esperienza culinaria ma esperienza totale. Coinvolge tutti i sensi e racconta la storia della comunità che lo ha generato».

Non solo, durante l'ultimo Festival del Gattopardo è stato   conferito il riconoscimento “Ambasciatrice dell’Identità Territoriale” alla Tavola del Gattopardo, da parte  dalla Rete Nazionale dei Borghi GeniusLoci De.Co. 

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Il futuro delle politiche del cibo è nei sistemi alimentari locali resiliente e sostenibile

 


Il sistema alimentare industriale globale, che si basa sull'agricoltura industriale, sulle catene di approvvigionamento/valore globali e sulla supermercatizzazione della vendita al dettaglio, non riesce a garantire il diritto al cibo per tutti nel mondo. 
Contribuisce inoltre a sfide significative come l'accelerazione del cambiamento climatico, la perdita di biodiversità, la scarsità d'acqua, il degrado del suolo, la deforestazione, l'esaurimento delle risorse e il deterioramento della salute pubblica. Inoltre, questo sistema aggrava le disuguaglianze economiche e non garantisce l'accesso al mercato e mezzi di sussistenza equi ai piccoli agricoltori familiari. 
La crisi alimentare globale evidenzia la necessità di trasformare i sistemi alimentari come risposta strategica per rafforzare la resilienza, migliorare la nutrizione e raggiungere gli obiettivi di sviluppo sostenibile.
  Il Summit delle Nazioni Unite sui sistemi alimentari per avviare una trasformazione nel modo in cui il mondo produce, consuma e pensa al cibo, inteso come un passo cruciale verso un futuro ecosostenibile    Il ruolo che i sistemi alimentari e le catene di approvvigionamento rilocalizzati possono svolgere in questa trasformazione, passando da un “cibo dal nulla” a un “cibo "da qualche parte", sta ricevendo crescente attenzione nei dibattiti politici internazionali, soprattutto alla luce delle recenti crisi innescate dalla pandemia di COVID-19 e dal conflitto tra Russia e Ucraina. 
La rilocalizzazione dei sistemi alimentari si pone come una risposta critica al modello alimentare industriale globale dominante, caratterizzato da processi di massificazione, integrazione verticale, standardizzazione, distanziamento e deterritorializzazione. 
Al contrario, il movimento verso la rilocalizzazione richiede un cambiamento fondamentale di prospettiva, dando priorità ai piccoli agricoltori e ai produttori alimentari locali, custodi della biodiversità agricola e delle conoscenze locali. Questo approccio si concentra sul miglioramento della qualità del cibo e sulla promozione della sostenibilità ambientale, incoraggiando l'uso di colture locali diversificate e metodi di coltivazione sostenibili. Mira a ridurre al minimo la distanza fisica accorciando le catene di approvvigionamento, nonché a ridurre la distanza sociale ed economica promuovendo relazioni dirette e trasparenti tra produttori e consumatori. Queste relazioni dirette non solo aiutano i produttori a ottenere un giusto compenso, promuovendo l'equità economica, ma migliorano anche la giustizia sociale rendendo il cibo fresco e nutriente più accessibile e trasparente per le comunità locali. In definitiva, la rilocalizzazione promuove un'alimentazione più resiliente, etica ed ecologicamente corretta. sistema radicato nel luogo e nella comunità.

 

I “3 Re” del  la rilocalizzazione dei sistemi alimentari sono:

 

 

Ri-spaziatura

si riferisce ai processi di   trasformazione del settore agroalimentare guidati dalla crescente domanda di prodotti di provenienza locale, l

a cui maggiore   qualità è attribuita al loro legame con il  territorio e sostenuta da   politiche che hanno istituzionalizzato questo valore

(ad esempio, certificazioni DOP e IGP, alimenti tradizionali, prodotti identitari    ecc.).

 

Riconnessione

comporta la riorganizzazione locale delle varie componenti del sistema alimentare, spesso incentrata su

catene di approvvigionamento in cui  la distanza fisica/geografica è locale e il rapporto tra produttore e

consumatore è diretto (ad esempio  SPG (gruppi di acquisto solidale, agricoltura sostenuta

 

dalla comunità, cooperative diacquisto, mercati agricoli, vendita diretta, negozi collettivi, ecc.).

 

Ridimensionamento

si concentra sulla  governance alimentare territoriale e sui processi di

 

decentramento nelle politiche e nella governance alimentare (ad esempio, decentramento delle politiche agricole,

 politiche di  sviluppo rurale e LEADER, distretti rurali, cibo/ distretti agroalimentari biologici,

comunità alimentari, politiche alimentari   urbane e locali, consiglio per le politiche alimentari, Projets Alimentaires Territoriaux, ecc.).

 

 

 

 

giovedì 25 settembre 2025

I pesticidi: vietati nei campi europei, esportati nel resto del mondo


La promessa mancata  

Dopo la prima inchiesta del 2018, la Commissione europea aveva promesso di intervenire, assicurando che le sostanze vietate non sarebbero più state prodotte per l’export. Un impegno rimasto lettera morta.

Nel frattempo è arrivato il Green Deal europeo,   oggi fortemente ridimensionato   dalle lobby  della chimica e dai tanti "utili....."

 La Commissione   deve rispettare le proprie promesse e introdurre un divieto a livello Ue. È scandaloso che i profitti dell’industria chimica continuino a prevalere sulla salute delle persone e sull’ambiente e del prossimo.


 


         Negli ultimi sette anni l’Unione Europea, nonostante gli impegni dichiarati, ha continuato a esportare pesticidi considerati pericolosi per la salute e l’ambiente e per questo banditi dalle coltivazioni interne. A rivelarlo è una nuova inchiesta condotta da Unearthed, l’unità investigativa di Greenpeace, insieme a Public Eye.

I dati parlano chiaro: nel 2024 Bruxelles ha autorizzato l’export di pesticidi contenenti 75 sostanze vietate, quasi il doppio delle 41 individuate nel 2018. Un aumento possibile grazie a un vuoto normativo che consente alle aziende chimiche di continuare a produrre e vendere all’estero molecole proibite nei confini comunitari, approfittando delle legislazioni più deboli dei Paesi importatori.

Non solo le sostanze: anche i volumi sono cresciuti. Nel 2024 l’Ue ha notificato l’intenzione di esportare 122mila tonnellate di pesticidi banditi, più del doppio rispetto al 2018. Tra questi si trovano composti associati a infertilità, danni cerebrali nei bambini, interferenze endocrine, oltre a insetticidi letali per le api e pericolosi per la fauna selvatica. Prodotti che, secondo la stessa Unione Europea, costituiscono una minaccia globale alla biodiversità e alla sicurezza alimentare.

Un boomerang pronto a tornare indietro: nulla garantisce che prodotti agricoli trattati con quelle stesse sostanze non rientrino sui mercati europei, Italia compresa.

Destinazioni e numeri dell’export

Nel 2024 pesticidi vietati nell’Ue sono stati spediti in 93 Paesi, di cui 71 a medio o basso reddito (pari al 58% del totale in peso). In testa c’è il Brasile, custode di alcune delle maggiori riserve di biodiversità del pianeta, seguito da Ucraina, Marocco, Malesia, Cina, Argentina, Messico, Filippine, Vietnam e Sudafrica. Tra i Paesi africani destinatari se ne contano 25. Gli Stati Uniti, invece, sono il primo importatore mondiale tra i Paesi ad alto reddito.

Sul fronte europeo, 13 Stati membri hanno preso parte a questo commercio tossico. La Germania guida la classifica con oltre 50mila tonnellate, seguita da Belgio (16.500), Spagna, Paesi Bassi, Bulgaria, Italia (quasi 7mila), Francia, Danimarca, Ungheria e Romania.

Alcuni governi stanno cercando di correre ai ripari: in Belgio è entrata in vigore una legge che vieta l’esportazione di diversi pesticidi proibiti, mentre in Francia è stato approvato un emendamento per chiudere una delle principali scappatoie ancora esistenti.

Il pesticida più esportato resta il 1,3-dicloropropene, un fumigante del suolo vietato dal 2007 per la contaminazione delle falde e i rischi per la fauna selvatica. A seguire, il diserbante glufosinate prodotto dalla Basf e il fungicida mancozeb, bandito nel 2020 perché tossico per la riproduzione e classificato come interferente endocrino.

Le aziende coinvolte

Sono oltre 40 le imprese esportatrici individuate. Tra queste Basf, Teleos Ag Solutions, Agria, Corteva, Syngenta, Bayer e AlzChem. In Italia risultano coinvolte sei aziende – tra cui Finchimica, Tris International, Corteva e Sipcam Oxon – che nel complesso hanno notificato l’esportazione di circa 7mila tonnellate di pesticidi vietati, contenenti 11 sostanze proibite.

Tra queste l’erbicida trifluralin, bandito in Ue da quasi 20 anni perché tossico per pesci e fauna acquatica, oltre che sospetto cancerogeno, e il suo derivato ethalfluralin.

“È vergognoso e ipocrita – commenta Simona Savini, campagna Agricoltura di Greenpeace Italia – che l’esportazione europea di pesticidi vietati continui a crescere, mettendo a rischio la salute dei lavoratori agricoli, delle comunità locali e della natura”.


 

PAC, il nuovo pacchetto Omnibus: agricoltori tra speranze e timori

 


📌 COSA CAMBIA PER I PICCOLI AGRICOLTORI

  • Pagamento annuo: fino a 5.000 euro (invece dei 2.500 proposti dalla Commissione).

  • Contributo una tantum: fino a 75.000 euro per lo sviluppo aziendale.

  • Maggiore centralità: i piccoli agricoltori vengono riconosciuti come presidio del territorio, non solo come operatori economici.


🌱 NOVITÀ AMBIENTALI IN PILLOLE

  • BCAA: conformità automatica non solo per aziende totalmente biologiche, ma anche per quelle parzialmente bio e in aree protette.

  • Prati permanenti: allungato il periodo minimo prima di poterli convertire; nuova definizione che include terreni non arati/coltivati da almeno 7 anni.

  • Obiettivo: conciliare tutela della biodiversità e flessibilità per le aziende agricole.


⚠️ GESTIONE DELLE CRISI

  • Aiuti: niente nuovo pagamento diretto, ma sostegni dai fondi per lo sviluppo rurale.

  • Eventi coperti: calamità naturali ed epidemie animali.

  • Soglia di accesso: abbassata dal 20% al 15% di perdita annua (produzione o reddito).


⏱️ TEMPI PIÙ RAPIDI PER I PIANI STRATEGICI

  • Bruxelles dovrà rispondere entro 2 mesi (non più 3) alle richieste degli Stati membri di modifica ai Piani strategici nazionali.


  





Ridurre la burocrazia, dare più respiro ai piccoli agricoltori e garantire regole ambientali più eque. Sono questi i pilastri della posizione adottata il 24 settembre dalla Commissione Agricoltura e Sviluppo Rurale del Parlamento europeo sul cosiddetto “Omnibus III”, il pacchetto di semplificazioni proposto a maggio dalla Commissione UE.

Per gli addetti ai lavori si tratta di un passaggio molto atteso. Troppo spesso, negli ultimi anni, il settore agricolo ha avuto la sensazione di dover combattere due battaglie: quella con il clima, con le calamità naturali che hanno compromesso raccolti e redditi, e quella con la burocrazia, sempre più fitta e complicata.

La relazione presentata da André Rodrigues (S&D, Portogallo), approvata con 38 voti favorevoli, 8 contrari e 2 astensioni, nasce proprio dall’urgenza di “liberare gli agricoltori dalle carte” e restituire loro il tempo e le energie per coltivare, allevare e produrre. «Vogliamo permettere agli agricoltori di tornare a fare ciò che sanno fare meglio: produrre cibo sicuro, di qualità, accessibile» ha spiegato Rodrigues.


Ambiente e produzione: un equilibrio da trovare

Uno dei fronti più delicati riguarda i requisiti ambientali. Da un lato, l’Europa ribadisce l’impegno a tutelare suoli e biodiversità; dall’altro, cerca di non ingabbiare chi lavora nei campi con norme percepite come rigide e poco aderenti alla realtà quotidiana.

Il compromesso proposto dalla Commissione AGRI è quello di introdurre maggiore flessibilità: non solo le aziende biologiche “pure”, ma anche quelle parzialmente biologiche e quelle situate in zone di conservazione speciale, dovrebbero essere considerate conformi ad alcuni standard della PAC.

Un’altra misura riguarda i prati permanenti: si vuole allungare il periodo minimo che un terreno deve restare a prato prima di cambiare destinazione, per scoraggiare l’aratura “strategica” fatta solo per rientrare nei parametri. Una mossa che, nelle intenzioni, dovrebbe premiare chi preserva prati e pascoli come veri serbatoi di biodiversità.


Crisi climatiche ed emergenze: come cambiano i sostegni

Non c’è agricoltore che non abbia fatto i conti, negli ultimi anni, con grandinate improvvise, siccità prolungate o piogge torrenziali. A questi eventi si aggiungono le emergenze sanitarie, come le epidemie animali. Per questo la Commissione AGRI propone un nuovo quadro di sostegni, con aiuti erogati non attraverso i pagamenti diretti, ma tramite i fondi per lo sviluppo rurale, ritenuti più adatti a gestire le crisi.

Un segnale concreto è l’abbassamento della soglia di perdita necessaria per accedere agli indennizzi: dal 20% al 15%. Una riduzione che, per molte piccole aziende agricole, può fare la differenza tra il sopravvivere e il chiudere i cancelli.


Piccoli agricoltori: più centralità, più fiducia

Il cuore della riforma, però, riguarda i piccoli agricoltori, da sempre il tessuto vitale delle campagne europee. Per loro, il pacchetto Omnibus prevede un sostegno annuo fino a 5.000 euro, raddoppiando la proposta iniziale della Commissione. Non solo: viene introdotto anche un contributo una tantum fino a 75.000 euro per sostenere lo sviluppo aziendale.

È un segnale politico forte: la piccola agricoltura non deve essere trattata come un “residuo” del passato, ma come un presidio di territorio, cultura e qualità.


Verso il voto in plenaria

La relazione sarà discussa in plenaria dal 6 al 9 ottobre. Subito dopo si aprirà la fase negoziale con gli Stati membri, con l’obiettivo di arrivare a un accordo definitivo già a novembre.

Sul tavolo rimangono due visioni: quella di chi chiede più libertà, meno burocrazia e più sostegni immediati, e quella di chi teme che le deroghe possano allentare troppo gli impegni ambientali.

La sfida sarà tenere insieme entrambe le esigenze: perché senza agricoltori non ci sono prodotti, ma senza terreni fertili e biodiversità non c’è futuro per l’agricoltura stessa.


  

lunedì 22 settembre 2025

PAC 2028-2024

Il presente documento offre una prima analisi delle proposte legislative della Commissione europea
relative al Quadro Finanziario Pluriennale 2028-2034 (QFP), pubblicate il 16 luglio 2025,
evidenziandone le implicazioni per le politiche settoriali, con particolare attenzione alla PAC.



In questa fase iniziale, si propone una lettura ragionata dell'allocazione delle risorse finanziarie
destinate alla PAC e alle politiche ad essa correlate (Coesione e Pesca), alla luce dell'impianto
programmatorio delineato dalla Commissione europea, che prevede l'unificazione di tali politiche in
un unico fondo europeo e l'adozione di uno strumento di programmazione integrato.

Il documento presenta, inoltre, una serie di spunti preliminari da sottoporre all'attenzione dei decisori
politici, in vista delle prossime fasi negoziali sia in sede di Consiglio Europeo (per il regolamento QFP),
sia in sede di Consiglio dell'Unione europea (per i regolamenti settoriali).

È opportuno sottolineare che, a causa della complessità del quadro regolamentare e del fatto che
alcuni testi, pur essendo stati pubblicati, risultano ancora incompleti e soggetti a revisione, l'analisi
proposta non può ritenersi esaustiva.

Va inoltre precisato che, in attesa dell'esplicitazione dell'obiettivo negoziale nazionale, gli spunti
contenuti nel presente documento si fondano sull'ipotesi che la posizione negoziale del Masaf miri alla
massimizzazione delle risorse PAC destinate all'Italia per il periodo 2028-2034, nonché alla
massimizzazione delle risorse per interventi non PAC (ma comunque a beneficio dell'agricoltura e delle
aree rurali) da intercettare nell'ambito delle risorse complessivamente attribuite all'Italia (si veda il
paragrafo 2.2 per ulteriori dettagli).

Alla luce di queste premesse, il documento deve essere considerato un "documento vivente", soggetto
a possibili aggiornamenti e integrazioni che saranno prodotti nel corso del negoziato, in funzione 
dell'evoluzione del contesto di riferimento. 

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venerdì 19 settembre 2025

Domenica 21 la presentazione dell'inno Vai Italia

                                                       NinoSutera

           La cucina italiana è candidata all’Unesco come patrimonio immateriale, domenica 21 la presentazione dell'inno Vai Italia 

   


 





Quando il cibo si radica in maniera identitaria ad un territorio, smette di essere soltanto un momento culinario e diventa esperienza totale. Coinvolge i cinque sensi: lo sguardo che si posa sui colori, l’olfatto che riconosce i profumi, il tatto che avverte le consistenze, il gusto che abbraccia i sapori e perfino l’udito, perché quel cibo racconta storie, tradizioni, paesaggi e comunità. È il genius loci, lo spirito del luogo, che entra nel piatto e lo rende unico.

Il termine latino genius loci rimanda infatti all’anima profonda di un territorio, alla sua eredità culturale, sociale, ambientale e produttiva. Ogni borgo, ogni città, ogni campagna porta con sé un sapere antico che si rinnova nel presente. La cucina italiana è la sintesi di questo mosaico: un patrimonio che vive nell’armonia tra natura e cultura, tra ingredienti e gesti, tra memoria e innovazione.


La cucina come rito identitario

La cucina italiana non è soltanto l’insieme delle sue infinite ricette, ma è soprattutto un rito collettivo, occasione di condivisione e confronto. È la tavola come luogo della comunità, il pranzo della domenica che rinsalda legami familiari, la saggezza contadina che insegna il valore della stagionalità e del recupero degli avanzi trasformati in piatti della memoria.

In questa dimensione, cucinare e mangiare diventano gesti che tramandano identità, rafforzano appartenenze e creano comunità. È il genius loci che prende forma nei gesti quotidiani, trasformando il cibo in linguaggio universale di convivialità.
Il sostegno della rete dei Borghi De.Co.

La candidatura della cucina italiana a Patrimonio Immateriale dell’Umanità trova sostegno non solo nelle istituzioni, ma anche nella società civile e nelle comunità locali. La Rete Nazionale dei Borghi GeniusLoci De.Co., insieme a IDIMED e numerosi enti e associazioni, è impegnata a valorizzare i patrimoni identitari legati alle produzioni agroalimentari, alla biodiversità e ai saperi tradizionali.

Questa rete considera la cucina italiana come sintesi vivente delle culture locali: ogni borgo custodisce un piatto, un prodotto, una storia che contribuisce a comporre il grande affresco della tradizione gastronomica nazionale. Tutelare e promuovere questi patrimoni significa preservare il genius loci e, con esso, la memoria collettiva di un popolo.
Un inno per la candidatura

La candidatura ha trovato anche la sua voce ufficiale con l’inno “Vai Italia”, scritto da Mogol, musicato da Oscar Prudente e interpretato da Al Bano insieme ai cori dei bambini di Caivano e dell’Antoniano. La presentazione ufficiale è prevista il 21 settembre a Domenica In con Mara Venier, in contemporanea con i pranzi collettivi organizzati in molte piazze italiane, ispirati al tradizionale pranzo domenicale.

Un modo per ribadire che la cucina italiana non è solo cibo, ma narrazione e identità, linguaggio universale che unisce generazioni e territori, in Italia e nel mondo.
Un patrimonio globale

Oggi questo patrimonio riguarda circa 60 milioni di italiani in patria e oltre 80 milioni di connazionali e discendenti all’estero, a cui si aggiungono milioni di stranieri che hanno fatto proprio lo stile alimentare italiano. La cucina italiana è diventata simbolo di convivialità, benessere e sostenibilità, ed è questo genius loci, capace di viaggiare senza perdere le proprie radici, a renderla candidata ideale all’Unesco.

 


La nuova PAC 2028-2034

 


  rivoluzione o ridimensionamento mascherato?

La Commissione Europea ha presentato le proposte per la nuova PAC 2028-2034 e, come prevedibile, il dibattito si è acceso subito. Le associazioni di categoria parlano già di “tagli mascherati” e “svuotamento politico”. Ma qual è la verità?

Da politica centrale a capitolo marginale

Il segnale più evidente è il ridimensionamento della PAC: da politica storicamente autonoma e centrale, con i suoi Piani strategici nazionali, a semplice capitolo dentro un documento unico (il PPNR – Piano di partenariato nazionale e regionale).
La PAC diventa un manualetto tascabile. Non più il “grande libro” dell’agricoltura europea, ma una sezione di un dossier che comprende anche coesione, politiche sociali e altri fondi.

Un passo indietro? Secondo Bruxelles no: si parla di semplificazione ed efficienza della spesa. Ma a molti appare più come un modo per diluire e controllare meglio le risorse agricole, facendole confluire in un Fondo unico dove agricoltura e sviluppo rurale rischiano di perdere peso politico.



La retorica della semplificazione

La Commissione giustifica la riforma con le solite parole chiave: “snellire”, “integrare”, “ottimizzare”. In realtà, dietro la facciata della semplificazione si cela un obiettivo molto più chiaro: condizionare i finanziamenti agricoli alle riforme strutturali degli Stati membri, sul modello del PNRR.
Altro che libertà di programmazione nazionale: gli agricoltori dovranno adeguarsi a logiche macroeconomiche che nulla hanno a che fare con le esigenze reali delle campagne.

Tagli veri o presunti?

Il nodo dei finanziamenti è quello che fa più rumore. La Commissione parla di un taglio del 20-30% rispetto al periodo 2023-2027. Qualcuno prova a minimizzare dicendo che i numeri vanno letti con cautela, che ci sono risorse aggiuntive non allocate, che non tutto è perduto.
Ma il dato resta: l’agricoltura europea si troverà a dover competere per accaparrarsi risorse in un calderone unico, senza più la garanzia di fondi blindati come in passato. E in questo gioco al ribasso, è facile immaginare chi pagherà il prezzo: piccoli agricoltori, giovani e aree marginali.

Addio ai due pilastri, ma non ai problemi

La fine dei due pilastri – FEAGA e FEASR – viene venduta come un atto di razionalizzazione. Ma la verità è che i problemi restano gli stessi: burocrazia pesante, accesso complicato ai fondi, squilibri nella distribuzione.
Gli ecoschemi, sbandierati come la grande innovazione della riforma precedente, vengono assorbiti in altri pagamenti. Segno evidente che non hanno funzionato come promesso.

Giovani e ricambio generazionale: promesse o realtà?

Il cosiddetto “Starter Pack for Young Farmers” è presentato come la grande novità: aiuti al reddito, sostegni all’avvio, servizi di sostituzione. Tutto bello, sulla carta. Ma quante volte abbiamo visto annunci di questo tipo trasformarsi in promesse non mantenute o in misure troppo complicate per essere davvero accessibili?
Senza una semplificazione radicale, il rischio è che anche questo pacchetto resti un’operazione di facciata.

Redistribuzione ed equità: chi vince e chi perde

La Commissione promette più equità: abolizione dei titoli, sostegno degressivo, redistribuzione verso piccoli e giovani. Ma qui vale la regola aurea della PAC: “il diavolo si nasconde nei dettagli”. E i dettagli li scrivono spesso i grandi beneficiari, che hanno i mezzi e le lobby per difendere le proprie rendite di posizione.

Conclusione: una PAC depotenziata

Alla fine, ciò che emerge è una PAC depotenziata, meno autonoma, con meno risorse certe e più condizionamenti esterni. Bruxelles prova a venderla come “modello virtuoso” da estendere ad altre politiche. Ma la realtà è che l’agricoltura rischia di passare da priorità strategica a voce marginale del bilancio europeo.
Un colpo non da poco, in un’epoca in cui le campagne sono chiamate a rispondere a sfide epocali: crisi climatica, sicurezza alimentare, sovranità produttiva.



martedì 16 settembre 2025

Sapori di Bagheria: olive ed uva in Festa


L'autunno bagherese si apre con “Sapori di Bagheria: olive ed uva in Festa”, un evento dedicato alla valorizzazione dei prodotti tipici locali e delle tradizioni rurali del territorio.

Un’iniziativa per riscoprire i sapori autentici delle campagne bagheresi, dove l’oliva da mensa, l’uva da tavola e da vino diventano protagoniste di un racconto collettivo che intreccia gusto, memoria e identità.



L’iniziativa, promossa dall'associazione "Cavalieri di San Giorgio - Profumo di Zagara" in collaborazione con "Vento del Sud - Bagheria" ed operatori del settore agroalimentare, si propone di avvicinare cittadini e visitatori alle filiere agricole del territorio, offrendo al tempo stesso un’occasione di festa e di conoscenza.

I visitatori potranno degustare gratuitamente formaggi con olive, vino locale, pane, focacce e dolci.

“Sapori di Bagheria” non è solo una festa, ma un modo per rafforzare il legame tra la comunità e il suo territorio, per dare valore a produzioni che rappresentano un patrimonio culturale ed economico da tutelare e promuovere”, dichiara Concetta Rotino, Presidente dell'associazione "Cavalieri di San Giorgio - Profumo di Zagara".

L'appuntamento è quindi per sabato 4 ottobre 2025, presso il Bar Semilia, Corso Umberto I, 203 di Bagheria, per celebrare insieme i frutti della nostra terra."

Questa iniziativa è finanziata dall'Assessorato Regionale dell'Agricoltura, dello Sviluppo Rurale e della Pesca Mediterranea - Dipartimento Regionale dell'Agricoltura.

Sarà presente l'On. Vincenzo Figuccia, Deputato Questore all'ARS.

lunedì 15 settembre 2025

Tutto pronto per “Colate Verdi”

 Salvo Ognibene

 A Biancavilla: è la prima manifestazione dedicata solo all’olio extravergine d’oliva, alla cultura dell’olivicoltura etnea e pensata per gli oliveoillovers .

Dal 19 al 21 settembre, Villa delle Favare e il centro storico ospiteranno degustazioni, laboratori, show cooking e incontri con produttori ed esperti. L’evento, promosso dal Comune, valorizza le eccellenze locali e celebra il legame tra la comunità e l’olivicoltura, con uno sguardo rivolto a sostenibilità, innovazione e futuro del settore. L’assessore Mignemi: “manifestazioni come questa ci permettono di ribadire che l’agricoltura non è soltanto produzione, ma anche identità, cultura e sostenibilità”



Biancavilla (CT), 15 Settembre 2025 – Ritorna a Biancavilla “Colate Verdi”, la manifestazione dedicata all’olio extravergine d’oliva e alla cultura dell’olivicoltura etnea e giunta alla seconda edizione. La città alle pendici dell’Etna ospiterà l’evento trasformando piazze e vie in un percorso sensoriale alla scoperta dell’ “oro verde” del territorio: tutto pronto a Villa delle Favare, nel cuore della città, per l’evento che animerà il centro storico nelle giornate del weekend che segna l’inizio dell’autunno (da Venerdì 19 a Domenica 21 Settembre) trasformandolo in un vero e proprio palcoscenico dedicato all’olio. Appuntamento atteso anche dai produttori di olio che saranno presenti da tutta la Sicilia e soprattutto dal territorio etneo insieme alle organizzazioni come APO (Cooperativa Agricola Produttori Olivicoli), Fioi (Federazione Italiana Olivicoltori Indipendenti) e il Consorzio Monte Etna Dop che si uniranno al racconto degli esperti, agli show cooking curati da chef e maestri oleari, con l’obiettivo di trasmettere la ricchezza e la varietà del patrimonio enogastronomico locale: “L’olio extravergine d’oliva, insieme al vino e agli agrumi, è  una delle ricchezze più autentiche delle nostre terre. Alle pendici dell’Etna, grazie alla dedizione e alla competenza dei nostri olivicoltori, nascono oli che non hanno eguali, capaci di raccontare la storia di una comunità laboriosa e, allo stesso tempo, la magia di un paesaggio unico - precisa l’assessore all’Agricoltura del Comune di Biancavilla Vincenzo Mignemi - Manifestazioni come questa ci permettono di ribadire che l’agricoltura non è soltanto produzione, ma anche identità, cultura e sostenibilità”. Si inizia Venerdì 19 Settembre alle 9:30 con l’apertura ufficiale della manifestazione e il taglio del nastro, alle 10:00 il convegno “L’olio come cultura e nutrimento: cammino di consapevolezza alimentare” rivolto agli alunni delle scuole primarie, a cura della biologa e nutrizionista Maria Laura Bivona. La giornata proseguirà con degustazioni di olio e nel pomeriggio in programma il laboratorio creativo sull’olio (a cura di Cristina Maimone Art) e lo Show CookingDall’oro verde dell’Etna alla tavola” con lo chef Matteo Ghigino di Amido Lab. Sabato 21 settembre apertura della manifestazione con i banchi di assaggio alle 10:30 e poi nel pomeriggio alle 16:30 la masterclass “Uliveto Etna: viaggio nel mondo dell’Olio EVO”,  condotta da Maria Antonietta Pioppo e a seguire il Convegno “Coltivare il Futuro. Ulivi, Paesaggio, Ambiente dove saranno presenti Salvatore Barbagallo, Assessore regionale all’Agricoltura, Sviluppo rurale e Pesca mediterranea – Regione Siciliana, Vincenzo Mignemi, Assessore all’Agricoltura – Comune di Biancavilla, Giosuè Arcoria, Presidente Confagricoltura sezione Catania, Enzo Signorelli, produttore di olio e giornalista, Giosuè Catania, Presidente del Consorzio di Tutela Monte Etna e Presidente CIA Sicilia Orientale, Riccardo Randello, Soc. Coop. APO Catania ed il moderatore Diego Caltabiano. La giornata si concluderà con la degustazione di prodotti tipici locali ed il concerto dei Supernova. Domenica 22 settembre apertura degli stand espositivi alle 10:30 a cui seguirà la masterclass “Evo Experience: viaggio nei sapori e nei profumi della biodiversità siciliana” condotta da Riccardo Randello. L’evento si protrarrà per tutta la giornata e sarà intermezzato da esibizioni, momenti di approfondimento e conviviali fino alle chiusura degli stand: “L’Etna ci regala non solo visibilità nazionale e internazionale ma anche prodotti straordinari come le nostre olive e il nostro olio. La rassegna Colate Verdi dell’Etna - precisa il sindaco Antonio Bonanno - celebra l’eccellenza dell’olio extravergine di oliva del nostro territorio, ritagliandosi un ruolo sempre più rilevante in ambito regionale, al pari della manifestazione dedicata al vino. Un orgoglio per Biancavilla e per tutta l’area etnea.”. La manifestazione offrirà ai visitatori l’opportunità di vivere un’esperienza a tutto tondo, fatta di degustazioni guidate, momenti di approfondimento culturale, laboratori e attività rivolte a grandi e piccoli. Oltre a celebrare la tradizione, l’evento intende essere anche un’occasione di confronto sul futuro dell’olivicoltura, mettendo al centro temi come la sostenibilità, l’innovazione e le nuove sfide di mercato. Biancavilla, con il suo paesaggio suggestivo alle pendici dell’Etna, diventa così luogo di incontro, riflessione e festa, in cui la comunità si riconosce e si racconta attraverso uno dei suoi prodotti più preziosi.

La seconda edizione di “Colate Verdi” è promossa dal Comune di Biancavilla con il finanziamento dell’Assessorato Regionale dell'agricoltura, dello sviluppo rurale e della pesca mediterranea.

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