mercoledì 8 ottobre 2025

I prodotti alimentari del bosco e del sottobosco nelle fonti letterarie classiche

 

Giacomo Dugo

Prof Emerito di chimica degli alimenti Università di Messina

 

Carlotta Crescenti

Docente di materie letterarie, latino e greco

 

 

                         Le fonti letterarie offrono immaginosi stralci di informazioni sulla gastronomia greca e romana e sui suoi caratteri fondamentali: l’estrema ricercatezza ed estrosità del gusto culinario classico, le scene di una tradizione culinaria quotidiana e popolare, veicolate dalle opere dei comici, gli accostamenti frequentemente ardimentosi di ingredienti di diversa natura, i ricettarî e la trattatistica, in materia, frammentaria e lacunosa, l’interesse sorprendente dei medici antichi nei confronti dei processi relativi alla nutrizione e della correlazione che intercorre tra questi e la salute umana, gli interminabili elenchi di leccornie, in letteratura, che riflettono i ricchi rituali simposiali antichi, i concetti di pietanza o prodotto abbinati ad una determinata area geografica, un’aneddotica immaginifica e vasta – vale a dire, un’immensa congèrie di dati e riferimenti.

 


È evidente, altresì, che uno studio approfondito sulla cultura gastronomica classica non può prescindere da un’indagine sulle preparazioni culinarie antiche a base di prodotti alimentari ottenuti dalla raccolta e dal taglio delle piante boschive e del sottobosco, prima dello sviluppo di qualsiasi forma effettiva di selvicoltura. Il filosofo Platone (IV sec. a.C.), nel Politico, attesta l’antichità e gli aspetti mitologici di tale consuetudine alimentare, sostenendo che, ai tempi del regno di Crono, divinità pre-olimpica greca, gli abitanti del cosmo non avevano necessità di praticare alcuna forma di agricoltura, in quanto le piante arboree e le foreste fornivano spontaneamente ogni tipologia di nutrimento desiderabile.

Abbiamo scelto, in questa sede, di operare una stringata sintesi del materiale disponibile, soffermandoci sulle caratteristiche di alcuni prodotti boschivi e del sottobosco - le noci, le castagne e i funghi - e sul loro utilizzo nell’ambito delle preparazioni gastronomiche antiche. Gli studi naturalistici e botanici di certi autori antichi, come Teofrasto (IV sec. a.C.), autore di una Storia delle piante, e Plinio Il Vecchio (I sec. d.C.), autore di una Storia naturale, illustrano le caratteristiche di una trattatistica scientifica enciclopedica antica rigorosa e fondata, ma sarà necessario non trascurare, inoltre, i riferimenti letterarî o il ricettario del gastronomo Apicio (I sec. a.C.-I sec. d.C.), il De re coquinaria.

Vi era l’uso di sgranocchiare le noci durante i lauti banchetti: compaiono a volontà, per esempio, nel menù dell’icastica cena di Trimalcione nel Satyricon di Petronio, insieme a ceci, lupino e mele. Nel ricettario di Apicio, possono essere aggiunte come ingrediente per una salsa bianca per uccelli lessati, insieme a pepe, ligustico, cumino, semi di sedano, nocciole, miele, salsa di pesce e molto altro o tritate per il ripieno dei datteri salati all’esterno e fritti nel miele cotto o ancora come ingrediente di accompagnamento per le sarde.

In Ermippo, epitomatore di Ateneo, si chiede alle Muse, con un’invocazione epica di fattura pseudo-omerica, di mostrare quante e quali prelibatezze Dioniso abbia donato alla civiltà, trasportandole sulla sua nave nera che percorse il mare color del vino. Dalla Paflagonia (antica regione dell’Anatolia), arrivavano castagne e lucide mandorle, adatte all’ornamento dei banchetti. Apicio impiega curiosamente le castagne cotte ad uso lenticchie: con il mortaio verrà preparato un trito di pepe, cumino, semi di coriandro, menta, ruta et cetera. La poltiglia sarà bagnata con aceto e condita con miele e salsa di pesce. A seguito di ciò, si aggiungerà il tutto alle castagne cotte e si farà bollire.

Per quanto riguarda i funghi, gli antichi nutrivano, a questo riguardo, una considerazione doppia e cauta. In una lettera ad un amico, Cicerone (I sec. a.C.) afferma di aver contratto una fastidiosa malattia intestinale, perdurata parecchi giorni, dopo aver preso parte ad una cena a base di verdure, che il suo ospite aveva fatto preparare per non contravvenire alle recenti leggi contro il lusso. Erano a tal punto magnificamente condite e appetitose che, Cicerone, che, pure, era molto cauto quando si trattava di funghi e ostriche, non poté esimersi, questa volta, dall’indulgere eccessivamente nel suo appetito. L’avvelenamento da funghi fu, probabilmente, la causa di morte dell’imperatore Claudio (10 a.C.-54 d.C.), se si presta fede alla notizia di Svetonio contenuta nell’opera Vita dei Cesari. Plinio Il Vecchio fornisce delle indicazioni relative al riconoscimento dei funghi velenosi e offre, altresì, nove possibili rimedi, nel caso in cui si abbia la sfortuna di incappare, durante la raccolta, in una di queste pericolose tipologie. Se bolliti con carne, piccioli di pera o aceto – aggiunge – i funghi perderanno le loro caratteristiche nocive. L’aceto, in modo particolare, è considerato da Plinio come una sostanza diametralmente opposta a quella di cui sono formati i funghi e, dunque, appare particolarmente utile al fine di neutralizzarne la tossicità. Erofilo (IV sec. a.C.), un medico greco, scrisse un vero e proprio calendario dietetico, all’interno del quale forniva consigli relativamente al consumo di alcune particolari pietanze in un mese dell’anno piuttosto che in un altro. In modo particolare, i funghi rientrano tra gli alimenti che sarà opportuno consumare, a marzo, insieme a biete e datteri, e, ad ottobre, insieme ad asparagi, pere, mele, datteri, melograni, pistacchi…

Le fonti non trascurano di puntualizzarsi, in modo particolare, sul tartufo, che, afferma Plinio, cresce preferibilmente nei terreni aridi e sabbiosi e pesa, all’incirca, una libbra. Sostiene, inoltre, che vi siano due tipologie di tartufi: uno che tende a riempirsi di sabbia, che potrebbe essere, quindi, dannoso, nel momento in cui lo si addenta, e un altro privo di qualsiasi impurità. Narra un aneddoto, secondo cui un tale, addentando un tartufo, ci ritrovò dentro un denarius, cioè una monetina d’argento, cosa che gli causò la rottura di alcuni denti. Questo, agli occhi di Plinio, dimostrerebbe che il tartufo non è altro che un agglomerato di terra elementare, che assorbe, al suo interno, qualsiasi cosa si trovi sul terreno.

Il ricettario di Apicio non manca di presentare numerose ricette per la preparazione dei funghi, in generale, per la conservazione dei tartufi e per alcune salse adatte al loro condimento, in particolare. Per la conservazione dei tartufi, si metteranno questi in un barattolo, separati, evitando che vengano a contatto con l’acqua. Il barattolo dovrà essere conservato in un luogo fresco. Le salse da accompagnare ai tartufi saranno a base di pepe, ligustico, coriandro, ruta, salsa di pesce, miele e olio. Le spugnole si mangeranno in tanti modi diversi: per esempio, fritte, con una salsa acida a base di vino, oppure lessate, messe nel tegame con olio, salsa di pesce e miele. I funghi che crescono alla base dei frassini andranno conditi con pepe, mosto, aceto e olio. I tartufi, invece, potrebbero essere consumati infilzati in uno spiedo e salati, con olio, salsa di pesce, vino, pepe e miele.

Quello che ci pare risulti evidente da questa, sia pur stringata, esposizione è l’imponente presenza dei prodotti del bosco e del sottobosco nella gastronomia greca e latina e l’importanza dell’alimentazione nell’antichità, intesa non solo come soddisfacimento di bisogni primari, ma anche come espressione della genialità e creatività dell’uomo.



martedì 7 ottobre 2025

I Sovrani del cibo. Speculazione e resistenza dietro a quello che mangiamo

 Chi decide che cosa mangiamo e a quale prezzo? Chi sono i sovrani del cibo?

Dalla metà degli anni Sessanta la produzione di cibo a livello globale è cresciuta del 300%, eppure ancora oggi la malnutrizione continua a ridurre l’aspettativa di vita di milioni di persone: 783 milioni di esseri umani – cioè il 9% della popolazione mondiale – hanno sofferto la fame cronica nel 2023 e più di 333 milioni hanno affrontato livelli acuti di insicurezza alimentare.



Il tutto mentre un pugno di multinazionali dell’agroalimentare controllate da pochissimi e ricchissimi Fondi speculativi ha registrato negli ultimi anni profitti record, godendo di sussidi andati scapito della salute delle persone e dell’ambiente. Com’è stato possibile questo “sacco del cibo” e quali strumenti hanno a disposizione i consumatori “attivi” per costruire un’alternativa, superando un modello per il quale tre quarti del cibo che consumiamo oggi proviene da sole dodici specie vegetali e da cinque animali?

Dall’osservatorio di Altreconomia e di Altromercato, un saggio divulgativo che con il piglio dell’inchiesta economica vuole svelare chi sono i padroni del mercato, discutere di quantità e qualità dei consumi e difendere il diritto umano al cibo. Per cercare di restituire lo scettro a quelli che dovrebbero essere i veri sovrani del cibo: contadini e consumatori.

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venerdì 3 ottobre 2025

Siringate: storia e leggenda di un dolce identitario protagonista all'evento Sicily Food Vibes di Menfi


“Il Comune belicino,  si distingue per la sua capacità di raccontare il proprio Genius Loci attraverso una narrazione culturale ed enogastronomica autentica, perfettamente incarnata nelle tradizioni locali e nell’eredità lasciata da Tomasi di Lampedusa.”

Il legame tra il romanzo Il Gattopardo, il Palazzo Filangeri di Cutò e le pietanze identitarie – tra cui le celebri “siringate”, dolci amati dalla principessa Filangeri – rappresenta una testimonianza concreta di come il cibo sia anche cultura, storia e appartenenza.

Siringate: storia e leggenda di un dolce identitario

Il prof. Andrea Randazzo, storico, ha condotto una ricerca sulle origini delle Siringate, dolce simbolo di Santa Margherita di Belice.

La tradizione narra che, con l’arrivo degli Spagnoli nel 1516, la Sicilia conobbe i churros, dolci fritti simili nell’aspetto alle siringate ma diversi negli ingredienti:

  • i churros: acqua, farina, burro, uova, zucchero e sale

  • le siringate: ricotta, farina, miele, zucchero, uova, cannella e scorza d’arancia

Secondo la memoria popolare, fu la moglie di un pastore del feudo Meccina a sperimentare per prima la ricotta fritta nell’olio bollente, trasformando un alimento povero in un dolce capace di conservarsi per giorni. Nel tempo arricchì la ricetta con altri ingredienti, fino a ottenere la prelibatezza che conosciamo oggi.

La leggenda vuole che un giorno il conte Lucio Mastrogiovanni Tasca, marito della principessa Giovanna Filangeri, dopo una battuta di caccia scoprì per caso le siringate e ne rimase conquistato. La principessa stessa se ne innamorò e cominciò a offrirle nei suoi ricevimenti, diffondendone la fama.

Così, da dolce umile e contadino, le Siringate conquistarono nobili e popolani, diventando simbolo di identità collettiva per la comunità margheritese.

In occasione di Inycon gli Chef Michele Ciaccio e Calogero Abruzzo presenteranno il prodotto simbolo e identitario di SAnta Margherita Belice. 


  


Per la loro valorizzazione e promozione il Comune di Santa Margherita di Belice ha adottato il percorso della De.Co.   

Il valore del Genius Loci e delle De.Co.

«Il genius loci è il territorio della memoria, il nostro patrimonio, il valore più profondo della cultura mediterranea ed europea, ed è l’unico anticorpo che abbiamo rispetto alla cultura dell’indefinito globale»  

Le De.Co. (Denominazioni Comunali), nate da un’intuizione di Luigi Veronelli, sono strumenti concreti di marketing territoriale e di recupero delle unicità locali. Esse rappresentano non soltanto un prodotto (piatto, dolce, sapere, evento, artigianato), ma un vero e proprio elemento identitario di comunità, capace di attrarre turisti e viaggiatori del gusto (foodies).

«Quando un cibo è ancorato al territorio,  non è solo esperienza culinaria ma esperienza totale. Coinvolge tutti i sensi e racconta la storia della comunità che lo ha generato».

Non solo, durante l'ultimo Festival del Gattopardo è stato   conferito il riconoscimento “Ambasciatrice dell’Identità Territoriale” alla Tavola del Gattopardo, da parte  dalla Rete Nazionale dei Borghi GeniusLoci De.Co. 

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Il futuro delle politiche del cibo è nei sistemi alimentari locali resiliente e sostenibile

 


Il sistema alimentare industriale globale, che si basa sull'agricoltura industriale, sulle catene di approvvigionamento/valore globali e sulla supermercatizzazione della vendita al dettaglio, non riesce a garantire il diritto al cibo per tutti nel mondo. 
Contribuisce inoltre a sfide significative come l'accelerazione del cambiamento climatico, la perdita di biodiversità, la scarsità d'acqua, il degrado del suolo, la deforestazione, l'esaurimento delle risorse e il deterioramento della salute pubblica. Inoltre, questo sistema aggrava le disuguaglianze economiche e non garantisce l'accesso al mercato e mezzi di sussistenza equi ai piccoli agricoltori familiari. 
La crisi alimentare globale evidenzia la necessità di trasformare i sistemi alimentari come risposta strategica per rafforzare la resilienza, migliorare la nutrizione e raggiungere gli obiettivi di sviluppo sostenibile.
  Il Summit delle Nazioni Unite sui sistemi alimentari per avviare una trasformazione nel modo in cui il mondo produce, consuma e pensa al cibo, inteso come un passo cruciale verso un futuro ecosostenibile    Il ruolo che i sistemi alimentari e le catene di approvvigionamento rilocalizzati possono svolgere in questa trasformazione, passando da un “cibo dal nulla” a un “cibo "da qualche parte", sta ricevendo crescente attenzione nei dibattiti politici internazionali, soprattutto alla luce delle recenti crisi innescate dalla pandemia di COVID-19 e dal conflitto tra Russia e Ucraina. 
La rilocalizzazione dei sistemi alimentari si pone come una risposta critica al modello alimentare industriale globale dominante, caratterizzato da processi di massificazione, integrazione verticale, standardizzazione, distanziamento e deterritorializzazione. 
Al contrario, il movimento verso la rilocalizzazione richiede un cambiamento fondamentale di prospettiva, dando priorità ai piccoli agricoltori e ai produttori alimentari locali, custodi della biodiversità agricola e delle conoscenze locali. Questo approccio si concentra sul miglioramento della qualità del cibo e sulla promozione della sostenibilità ambientale, incoraggiando l'uso di colture locali diversificate e metodi di coltivazione sostenibili. Mira a ridurre al minimo la distanza fisica accorciando le catene di approvvigionamento, nonché a ridurre la distanza sociale ed economica promuovendo relazioni dirette e trasparenti tra produttori e consumatori. Queste relazioni dirette non solo aiutano i produttori a ottenere un giusto compenso, promuovendo l'equità economica, ma migliorano anche la giustizia sociale rendendo il cibo fresco e nutriente più accessibile e trasparente per le comunità locali. In definitiva, la rilocalizzazione promuove un'alimentazione più resiliente, etica ed ecologicamente corretta. sistema radicato nel luogo e nella comunità.

 

I “3 Re” del  la rilocalizzazione dei sistemi alimentari sono:

 

 

Ri-spaziatura

si riferisce ai processi di   trasformazione del settore agroalimentare guidati dalla crescente domanda di prodotti di provenienza locale, l

a cui maggiore   qualità è attribuita al loro legame con il  territorio e sostenuta da   politiche che hanno istituzionalizzato questo valore

(ad esempio, certificazioni DOP e IGP, alimenti tradizionali, prodotti identitari    ecc.).

 

Riconnessione

comporta la riorganizzazione locale delle varie componenti del sistema alimentare, spesso incentrata su

catene di approvvigionamento in cui  la distanza fisica/geografica è locale e il rapporto tra produttore e

consumatore è diretto (ad esempio  SPG (gruppi di acquisto solidale, agricoltura sostenuta

 

dalla comunità, cooperative diacquisto, mercati agricoli, vendita diretta, negozi collettivi, ecc.).

 

Ridimensionamento

si concentra sulla  governance alimentare territoriale e sui processi di

 

decentramento nelle politiche e nella governance alimentare (ad esempio, decentramento delle politiche agricole,

 politiche di  sviluppo rurale e LEADER, distretti rurali, cibo/ distretti agroalimentari biologici,

comunità alimentari, politiche alimentari   urbane e locali, consiglio per le politiche alimentari, Projets Alimentaires Territoriaux, ecc.).

 

 

 

 

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