domenica 23 novembre 2025

Agroalimentare per un futuro basato su un’economia ecologica e innovativa

 

Giuseppe Barbera, già docente universitario di colture arboree all’Università di Palermo, è uno dei massimi esperti di paesaggi agrari e agroforestali del Mediterraneo ed è membro del Consiglio Scientifico dell’Osservatorio Nazionale del Paesaggio Rurale e del Direttivo del Parco Nazionale dell’Isola di Pantelleria. Il professore sottolinea l’urgenza di ripensare lo sviluppo economico della Sicilia, puntando su agricoltura avanzata, hi-tech ed energie rinnovabili, sempre in un’ottica ecosostenibile



«Il presente e il futuro del nostro straordinario Pianeta Terra è affidato a noi, data la nostra intelligenza di Homo Sapiensdobbiamo assumerci la responsabilità di fare scelte strategiche ecosostenibili e azioni concrete per salvaguardare, curare e valorizzare l’ambiente». Così il professore Giuseppe Barbera, docente universitario, saggista e scrittore, inizia il dialogo con Pianeta 2030 del Corriere della Sera. Barbera è tra i massimi studiosi italiani ed europei delle ‘Colture arboree’, di paesaggi agrari e agroforestali del Mediterraneo. Ha pubblicato libri per prestigiose case editrici quali Mondadori, Sellerio, Il Saggiatore. Per il Fai ha curato il recupero della Kolymbethra nella Valle dei Templi di Agrigento. È Membro del Consiglio Scientifico dell’ Osservatorio nazionale del paesaggio rurale (Mipaaf) e del Direttivo del Parco Nazionale Isola di Pantelleria. Nella conversazione interviene sui grandi temi ambientali, storici e culturali, sulle meraviglie dei paesaggi rurali, dei giardini pubblici, sui mutamenti climatici, la cura del Pianeta, e altri argomenti rilevanti partendo dalla realtà concreta del Mediterraneo. «La nostra intelligenza di Homo Sapiens Sapiens, con i grandi risultati raggiunti sul piano culturale, ci dà una grande responsabilità. Sulla base di questo fatto storico-sociale, frutto di raffinato adattamento all’ambiente in maniera diacronica, dobbiamo anche farci carico di tutti i disastri che abbiamo combinato. La storia umana, con le diverse mete raggiunte sul piano culturale, scientifico e tecnologico, con innegabili e positive innovazioni, è stata ed è accompagnata anche da molte azioni sbagliate che hanno fortemente alterato il pianeta, al punto che Paul Crutezn (vincitore del premio Nobel per la Chimica nel 1995) ha definito l’epoca geologica planetaria in cui viviamo ‘Antropocene’, l’epoca dell’uomo. Siamo noi i responsabili di quello che succede e quello che succede è evidente, non c’è negazionismo che tenga, si può essere più o meno drastici nelle proprie osservazioni e conclusioni, si può essere prudenti o meno, però è evidente che gli equilibri planetari sui quali fa riferimento il pianeta negli ultimi millenni siano stati rotti. Siccome siamo Sapiens, siamo anche gli unici che possiamo fermare questo disastro e magari innescare strade diverse, per uno sviluppo diverso. Dobbiamo abbandonare la parola ‘crescita’ in senso classico, cumulativo, perché non dobbiamo crescere quantitativamente, dobbiamo svilupparci qualitativamente e con sostenibilità. È la grande sfida che abbiamo di fronte».

Come definirebbe il grande patrimonio culturale paesaggistico, arboreo, culturale siciliano e quanto è importante nella vita quotidiana dell’Isola?

«È molto rilevante. Siamo al centro della storia più antica: il Mediterraneo, il mare tra le terre. Abbiamo tre continenti che si sporgono su questo mare e al centro c’è la Sicilia che ha una lunga storia anche sul piano genetico. E vi è ricchezza sia sul piano dell’Etnodiversità che della Biodiversità. La Sicilia è al centro della storia naturale e culturale. Dall’incontro di molteplici popoli e civiltà sono nate tante opere di alto valore sul piano architettonico, paesaggistico, artistico, letterario e filosofico. E opere che mostrano, ad esempio nell’antichità classica, il rapporto armonico tra esseri umani e natura. Nella fase contemporanea non sempre i siciliani e le loro classi dirigenti sono stati all’altezza di questa grande responsabilità. Anche se va detto, vi sono state e vi sono delle iniziative di salvaguardia e valorizzazione del patrimonio storico-ambientale molto positive».

L’approccio multidisciplinare allo studio dell’ambiente. Storia, paesaggio, Antropologia, Scienze della Natura e Scienze umane, quanto è importante questo metodo per comprendere il mondo in cui viviamo?

«Noi siamo arrivati nell’Antropocene alla rottura tra natura e cultura in virtù di una sapienza fondata su ‘specialisti ignoranti’, su figure di grande qualità culturale e scientifica, però delimitate, concentrate soltanto sul loro sapere, poco propensi a confrontarsi con altri saperi di altri popoli, di altre culture, di altre scienze. Noi non dobbiamo semplificare, non miriamo a questo, dobbiamo prendere atto che siamo in un sistema complesso, dove la complessità è il tema che dobbiamo affrontare, il paesaggio è il terreno attraverso il quale la complessità si mostra e attraverso il quale il tema della complessità può essere affrontato. Occorre una visione di ampio respiro e una metodologia multidisciplinare e interdisciplinare».

La dimensione del paesaggio rurale, può spiegare la sua valenza strategica in Italia e nel Mediterraneo?

«Se noi smettessimo di avere l’idea che l’agricoltura è un settore che mira soltanto alla produzione, che i risultati dell’agricoltura non si misurano in quintali, in litri o in euro ma si misurano in equilibri ambientali, in valori culturali, allora daremmo a questi temi un ruolo ben maggiore di quello attuale. Viaggiando per la Sicilia ci si accorge sia dei danni provocati dagli incendi delle scorse estati sia dei danni provocati dall’abbandono di molte campagne. Questo provoca perdite di biodiversità, danni alla natura e all’agricoltura e al turismo di qualità. Occorre un ampio ed organico progetto per curare, salvaguardare e valorizzare il nostro patrimonio. Serve una nuova visione di economia sostenibile fondata su uno sviluppo sano, armonico, rispettoso dell’ambiente. Sia chiaro, coloro che pensano che una regione con 5 milioni di abitanti possa vivere solo di turismo sbagliano, hanno una visione semplicistica e riduttiva. La Sicilia deve potenziare lo sviluppo di eccellenze hi-tech, dell’agricoltura avanzata, delle energie rinnovabili, dei processi produttivi agro-alimentari e di vari altri settori -tutti da attuare in maniera ecosostenibile-. Serve una crescita basata sulle 5 E: l’ecologia, cioè l’equilibrio tra gli umani e i non umani, con sensibile attenzione alla Natura; l’economia della quale non possiamo prescindere, in chiave innovativa e sostenibile; l’estetica, il grande valore della bellezza; l’energia, che apre un tema molto presente ma male affrontato; l’etica, ossia i rapporti tra esseri umani, tra persone di terre diverse, tra esseri umani e gli altri viventi, piante e animali che siano. Il Sapiens deve tenere insieme queste 5 parole. Lo ribadisco, serve il pensiero della complessità».

Lei ha curato il recupero del giardino della Kolymbetra nella Valle dei Templi di Agrigento. Può spiegarne in maniera sintetica la molteplice valenza?

«L’ispirazione è giunta dalla lettura del testo di uno dei tanti grandi viaggiatori del Gran Tour, il francese de Saint-Non che diceva che passeggiare nella Kolymbetra, alla fine del Settecento quando lui la visitò, era come passeggiare nel giardino dell’Eden. Allora ci siamo detti con il Fai e gli altri attori protagonisti, perché non ricreare questo straordinario piacere di passeggiare in Paradiso? La Kolymbetra ha un clima stupendo rispetto al resto della Valle di Templi. È fresca, è giustamente ventilata, ha fiori e frutti come è difficile trovarne altrove, ha gli agrumi -il giardino di agrumi che è quello per eccellenza-, ha l’acqua che fluisce in continuazione, ha templi meravigliosi, e panorami suggestivi. Tra i vari altri luoghi che in Sicilia racchiudono natura, storia e cultura in maniera ampia e variegata voglio citare anche la Favorita di Palermo, il Parco Archeologico di Selinunte, ed ancora Segesta, Morgantina, Taormina e Siracusa. Nel caso di Selinunte il rapporto tra la monumentalità architettonica dei templi, lo splendore della natura (tra terra e mare), le meraviglie ambientali, è straordinario. E lo si comprende solo vivendolo immersi in quei luoghi. È uno dei simboli dell’unicità della Sicilia nel rapporto tra natura e cultura».

Quanto è importante salvare i giardini pubblici -che spesso rappresentano nuclei identitari delle città, piccole medie e grandi ?

«I giardini storici hanno bisogno di essere considerati come monumenti di storia e natura insieme. Non sono solo verde, non si misurano nella quantità di alberi, nella quantità di ossigeno che producono. Sono storia e natura, sono cultura. La Sicilia parte dai paesaggi-giardini della preistoria e arriva ai paesaggi del contemporaneo attraversando tutta la storia. Mi lasci citare le suggestive vedute dei giardini di Palermo, il Parco della Favorita in primis, e anche il giardino pubblico di Caltagirone (in provincia di Catania), come esempi di consapevolezza da parte delle istituzioni e dell’opinione pubblica del grande patrimonio storico-culturale e ambientale identitario».

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