venerdì 19 settembre 2025

La nuova PAC 2028-2034

 


  rivoluzione o ridimensionamento mascherato?

La Commissione Europea ha presentato le proposte per la nuova PAC 2028-2034 e, come prevedibile, il dibattito si è acceso subito. Le associazioni di categoria parlano già di “tagli mascherati” e “svuotamento politico”. Ma qual è la verità?

Da politica centrale a capitolo marginale

Il segnale più evidente è il ridimensionamento della PAC: da politica storicamente autonoma e centrale, con i suoi Piani strategici nazionali, a semplice capitolo dentro un documento unico (il PPNR – Piano di partenariato nazionale e regionale).
La PAC diventa un manualetto tascabile. Non più il “grande libro” dell’agricoltura europea, ma una sezione di un dossier che comprende anche coesione, politiche sociali e altri fondi.

Un passo indietro? Secondo Bruxelles no: si parla di semplificazione ed efficienza della spesa. Ma a molti appare più come un modo per diluire e controllare meglio le risorse agricole, facendole confluire in un Fondo unico dove agricoltura e sviluppo rurale rischiano di perdere peso politico.



La retorica della semplificazione

La Commissione giustifica la riforma con le solite parole chiave: “snellire”, “integrare”, “ottimizzare”. In realtà, dietro la facciata della semplificazione si cela un obiettivo molto più chiaro: condizionare i finanziamenti agricoli alle riforme strutturali degli Stati membri, sul modello del PNRR.
Altro che libertà di programmazione nazionale: gli agricoltori dovranno adeguarsi a logiche macroeconomiche che nulla hanno a che fare con le esigenze reali delle campagne.

Tagli veri o presunti?

Il nodo dei finanziamenti è quello che fa più rumore. La Commissione parla di un taglio del 20-30% rispetto al periodo 2023-2027. Qualcuno prova a minimizzare dicendo che i numeri vanno letti con cautela, che ci sono risorse aggiuntive non allocate, che non tutto è perduto.
Ma il dato resta: l’agricoltura europea si troverà a dover competere per accaparrarsi risorse in un calderone unico, senza più la garanzia di fondi blindati come in passato. E in questo gioco al ribasso, è facile immaginare chi pagherà il prezzo: piccoli agricoltori, giovani e aree marginali.

Addio ai due pilastri, ma non ai problemi

La fine dei due pilastri – FEAGA e FEASR – viene venduta come un atto di razionalizzazione. Ma la verità è che i problemi restano gli stessi: burocrazia pesante, accesso complicato ai fondi, squilibri nella distribuzione.
Gli ecoschemi, sbandierati come la grande innovazione della riforma precedente, vengono assorbiti in altri pagamenti. Segno evidente che non hanno funzionato come promesso.

Giovani e ricambio generazionale: promesse o realtà?

Il cosiddetto “Starter Pack for Young Farmers” è presentato come la grande novità: aiuti al reddito, sostegni all’avvio, servizi di sostituzione. Tutto bello, sulla carta. Ma quante volte abbiamo visto annunci di questo tipo trasformarsi in promesse non mantenute o in misure troppo complicate per essere davvero accessibili?
Senza una semplificazione radicale, il rischio è che anche questo pacchetto resti un’operazione di facciata.

Redistribuzione ed equità: chi vince e chi perde

La Commissione promette più equità: abolizione dei titoli, sostegno degressivo, redistribuzione verso piccoli e giovani. Ma qui vale la regola aurea della PAC: “il diavolo si nasconde nei dettagli”. E i dettagli li scrivono spesso i grandi beneficiari, che hanno i mezzi e le lobby per difendere le proprie rendite di posizione.

Conclusione: una PAC depotenziata

Alla fine, ciò che emerge è una PAC depotenziata, meno autonoma, con meno risorse certe e più condizionamenti esterni. Bruxelles prova a venderla come “modello virtuoso” da estendere ad altre politiche. Ma la realtà è che l’agricoltura rischia di passare da priorità strategica a voce marginale del bilancio europeo.
Un colpo non da poco, in un’epoca in cui le campagne sono chiamate a rispondere a sfide epocali: crisi climatica, sicurezza alimentare, sovranità produttiva.



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