martedì 6 maggio 2025

“Pubbliche amministrazioni e politiche locali del cibo”




Può la P.A delegare tematiche sensibili quali sono le politiche legate ai beni pubblici a privati?

la risposta è chiaramente NO

Durante l’ultimo incontro nazionale della Rete Italiana delle Politiche locali del cibo, tenutosi a Torino a gennaio 2025, si è ritrovato per la prima volta il neonato Tavolo di lavoro “Pubbliche amministrazioni”, coordinato dalla Regione Piemonte – Direzione Agricoltura e cibo e dal Comune di Trento - Ufficio partecipate e politiche urbane sostenibili.

Il Tavolo è nato con lo scopo di instaurare e sviluppare un rapporto costante tra le Pubbliche Amministrazioni, sia per diffondere e condividere le buone pratiche sulle Politiche del cibo, sia per discutere di opportunità e problematiche.

Anche in esito alla discussione emersa all’incontro di Torino, le referenti vogliono condividere i possibili ambiti di lavoro del Tavolo, invitando ciascun rappresentante di pubbliche amministrazioni all'interno della Rete, ma anche esterni che siano a conoscenza di atti formali, di contribuire alla seguente raccolta di informazione

 Si tratta di un sotto-gruppo di lavoro neocostituito: all’interno della rete delle politiche locali del cibo, se la maggior parte dei partecipanti afferiscono a università ed enti di ricerca, non mancano anche rappresentanti di comuni, regioni o altri enti territoriali  Le pubbliche amministrazioni infatti, non solo possono essere fautori di politiche del cibo locali, ma possono anche fungere da luoghi di sperimentazione per la ricerca.

Da un primo incontro online era emersa la necessità di uno scambio di atti normativi, pratiche amministrative ed esperienze per capire come procedere nella progettazione e implementazione delle politiche locali del cibo. Si è pensato quindi di riunirsi anche all’assemblea nazionale per allinearsi tra diversi enti pubblici e dare un orientamento al gruppo di lavoro, identificando i punti su cui focalizzare il tavolo.

In vista dell’incontro, è stato diffuso un questionario alla rete destinato alle pubbliche amministrazioni, senza pretesa di rappresentatività. Sono state raccolte 30 risposte. La diffusione è stata fatta tramite la rete, ma anche tramite il gruppo di funzionari che hanno partecipato al corso di formazione sulle politiche del cibo  

Il questionario raccoglie una maggioranza di risposte da soggetti provenienti dalle regioni questo caratterizza quindi le risposte successive che non possono essere rappresentative dell’intero territorio nazionale, visto la particolare proattività della Regione, rispetto ad altre.

Emerge comunque che inizia ad esserci un interesse verso le politiche del cibo a tutti i livelli di governance territoriale, tuttavia sono i comuni a occuparsene prevalentemente.

All’attività dei diversi enti (singoli progetti) non corrisponde necessariamente l’adozione a monte di un atto di indirizzo politico. Questo si traduce in poco coordinamento tra i progetti, ma anche nel rischio di discontinuità sul lungo periodo.


Le azioni adottate si riferiscono principalmente a forme di approvvigionamento del cibo (mercati contadini o orti urbani). Ciò che si nota, inoltre, è una percentuale consistente di soggetti che dichiarano di attuare misure in ambito di pianificazione del territorio. Sarebbe interessante approfondire in cosa queste si traducano concretamente.

L’esperienza della Food policy di Milano

Andrea Magarini, Dirigente Area food policy del comune di Milano, presenta il caso di Milano

In Italia, in Europa e nel mondo si nota come le città affrontano il tema del food policy in modo simile. Occuparsi del cibo a qualunque scala significa coinvolgere i medesimi driver ovunque essi si trovino. Relativamente agli approcci, ci sono diverse alternative ma nessuna è più giusta delle altre, dipende dal caso specifico.

Come si fa ad affrontare la questione delle politiche dl cibo?

L’area di Milano si divide in 42 persone e 5 unità. Prima di costruire l'area nel 2022, le strutture erano presenti in altri comparti del comune. Le competenze sono state perciò unite all’interno di un unico disegno.

A partire dal caso di Milano, espone quali possono essere i driver delle politiche del cibo, da calare poi nel proprio territorio:

1)    Atti politici ed amministrativi: Un mandato, una delibera, un atto politico scritto può essere importante e utile, altrimenti se cambiano le persone o le strutture è difficile mantenere continuità e costruire qualcosa di lungo periodo. Codificare un gruppo di lavoro può essere il passo più semplice: direzione, più assessorati, o un team generico.La delibera presenta un numero progressivo e una data di fondazione, riferimenti importanti per le azioni successive in materia di cibo. Per esempio, durante il Covid il fatto di avere già un atto politico che provasse l’impegno del comune di Milano ad investire in politiche del cibo è stato determinante per difendere un investimento di 7 milioni circa in voucher che era stato messo in discussione dal TAR di Milano. Un corpo di atti amministrativi che dimostrino che cosa è una food policy ed entri nell’anima dell’amministrazione, è alla luce di ciò molto importante.

2)    Collaborazioni: è importante avere alchimia tra parte politica (esempio, assessori) e parte tecnica, oltre a motivare tutti coloro che collaborano alle food policies. Anche gli imprenditori di policy, politici, tecnici, esterni, o soggetti esterni sono un altro driver importante. Si tratta di soggetti che riescano ad avere grande capacità immaginativa e a muoversi con facilità nella pubblica amministrazione, dunque deve prima di tutto conoscerla bene. Più entry points vi sono maggiori in potenza sono gli output amministrativi.

3)    Concretezza, partire dal basso: Punto di forza della food policy di Milano è stato partire dalle cose concrete, pratiche. Si sono chiesti da dove potevano partire, nel concreto, e sono approdati all'ambito dello spreco alimentare.Hanno subito cercato collaboratori e finanziatori, e man mano hanno proposto idee che hanno attirato investimenti e supporto. Adesso vi sono 9 hub nella città e 46 supermercati convenzionati.

4)    *Competizione: elemento che stimola continuamente a migliorarsi, entrando in relazione con altre persone e realtà.

 

L’esperienza delle politiche del cibo a Roma

 

Fabio Bonanno, responsabile Agricoltura e Food policy in assessorato Cibo ed Agricoltura di Roma

 

Il processo delle politiche del cibo a Roma ha portato alla creazione di un consiglio ad hoc con la presidenza di Fabio Ciconte. Se a Milano il processo è partito dall’alto, a Roma si è partiti dal basso, dalle associazioni. Tuttavia, Fabio sottolinea che a Roma la mobilitazione del basso è stata sostenuta e legittimata attraverso 15 atti politici e amministrativi in due anni, che hanno fornito un quadro giuridico concreto. Inoltre, un elemento fondamentale per il successo dell’iniziativa è stata la delega politica specifica all’agricoltura e alle politiche del cibo.

Strumenti normativi e politiche adottate

          Consiglio del Cibo: istituito con Delibera 68/2023, sotto la presidenza di Fabio Ciconte, con il compito di fungere da raccordo tra istituzioni e società civile.

          Partecipazione a eventi fieristici , per valorizzare le filiere locali.

          Linee guida per l’assegnazione di terreni agricoli a giovani agricoltori (Delibera 43), con l’obiettivo di incentivare l’agricoltura sostenibile e la diffusione di competenze.

          Regolamento sugli orti urbani comunitari, per favorire l’aggregazione sociale e l’educazione agricola.

         Progetto sui vigneti urbani, premiato a livello europeo.

          Roma sarà prossimamente “Città del formaggio”, con l’obiettivo di promuovere i prodotti caseari locali.

4.  Contesto territoriale e peculiarità di Roma

          Due terzi del territorio comunale non urbanizzati, suddivisi equamente tra aree verdi e agricole.

          Presenza del Centro Agroalimentare di Roma, il più grande d’Italia, con un giro d’affari di circa due miliardi di euro.

         Forte presenza di consorzi e enti locali impegnati nella filiera agroalimentare.

Sulla base delle sollecitazioni lanciate da Roberta Sonnino all’assemblea plenaria del giorno precedente, vengono riprese le sfide e strategie per il futuro nelle pubbliche amministrazioni:

          Frammentazione della società civile: quando si attiva la partecipazione, è inevitabile confrontarsi con la molteplicità degli attori coinvolti.


          Rapporto tra scienza, università e politica: il mondo accademico deve supportare la politica nella realizzazione degli obiettivi, garantendo un approccio basato su evidenze scientifiche.

          Cibo come motore sociale: il cibo non è solo nutrizione, ma anche inclusione sociale, attraverso la condivisione, la cucina e il racconto del cibo.

          Povertà alimentare: non riguarda solo la dimensione economica, ma anche aspetti emotivi, psicologici e culturali.

Proposte per affrontare le criticità

 

         Nuovo approccio di welfare per coinvolgere gli emarginati attraverso il cibo.

          Creazione    di    uffici   specializzati    per    colmare la mancanza di competenze amministrative nel settore alimentare.

         Istituzione di assessorati al cibo per garantire una governance più efficace.

         Censimento delle terre regionali e affitti calmierati per giovani agricoltori.

          Costruzione di una rete amministrativa tra città per superare l’inerzia dei governi nazionali.

          Rafforzare le sinergie tra produzione e sociale, città e campagna, metropoli e aree interne.

L'esperienza di Roma dimostra che è possibile costruire politiche alimentari dal basso, integrandole con strumenti amministrativi concreti. Tuttavia, per garantire la sostenibilità delle iniziative, è necessario:

         Consolidare una governance strutturata.

         Rafforzare la collaborazione tra istituzioni, università e società civile.

          Individuare modelli di finanziamento stabili per garantire la continuità delle politiche del cibo.

Un intervento sottolinea come la politica tenda ad ascoltare poco la scienza, concentrandosi più sul cibo come risorsa economica che sul suo impatto ambientale e sulla qualità per la salute. Si sottolinea la necessità di spostare l’attenzione su che tipo di cibo viene promosso, valutando criteri di sostenibilità e benessere. Si è ftto riferimento ad alcune amministrazioni e organizzazioni che adottano politiche contraddittorie, favorendo da un lato il marketing del cibo locale e dall’altro sostenendo modelli produttivi impattanti come gli allevamenti intensivi. Si critica anche il peso eccessivo dato al turismo e all’interesse economico rispetto alla tutela ambientale. Si pone il quesito su quali criteri vengano usati per supportare o meno un determinato prodotto, e se questi includano effettivamente considerazioni ambientali o se siano influenzati da logiche distorte e opportunistiche. 

Un altro intervento evidenzia come una delle maggiori difficoltà dell’amministrazione comunale sia effettivamente quella di organizzare e strutturare gli atti e i team di lavoro. Su questo, Valentina dice che è stato proposto uno spazio di lavoro online che metta in comune e a disposizione gli atti pubblici delle varie amministrazioni.

Segue l’intervento dell’Ass.a Patrizia Notari Stefano: le amministrazioni civiche sono sempre più sensibili alle politiche del cibo. Un esempio è la filiera solidale del cibo frutto delle forze congiunte del comune di Viterbo e dell'Università, che fornisce un supporto molto importante.

Damiano Petruzzella, infine, ha posto l’attenzione sulla fragilità delle relazioni tra i diversi attori delle politiche del cibo. I vari settori operano spesso in microcosmi distinti, con difficoltà nel creare connessioni efficaci con altre sfere. Ha quindi invitato a superare i confini cittadini e a guardare oltre le singole realtà locali, considerando il cibo in una prospettiva più ampia che tenga conto di ciò che avviene a monte e a valle della filiera.

Un punto critico riguarda la poca attenzione alle migrazioni interne, in particolare dal mondo rurale ai centri urbani. Con il crescente afflusso di persone dalle aree interne verso le città, molte zone agricole rischiano di essere ulteriormente depotenziate, con conseguenze sia per le comunità contadine sia per la capacità produttiva del territorio. Se le terre vengono abbandonate, anche la loro coltivabilità ne risente, aggravando la crisi del settore agricolo.L’intervento ha quindi sollecitato una maggiore attenzione a queste dinamiche, affinché le politiche alimentari non si concentrino solo sul prodotto finale, ma anche sulle realtà territoriali e sociali che ne garantiscono la produzione e la sostenibilità nel lungo periodo.


per maggiori informazioni   osservatorio.neorurale@gmail.com 



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