lunedì 10 febbraio 2025

Insediato l’Osservatorio Regionale sull’Agricoltura sociale


Si è insediato l’osservatorio Regionale sull’agricoltura sociale, istituito con il D.A. n. 36/2021.  L’Assessore Regionale dell’Agricoltura, dello sviluppo rurale, e della pesca mediterranea, Prof. Salvatore Barbagallo ha evidenziato l’importanza dell’Osservatorio Regionale sull’Agricoltura Sociale ed ha affermato che la Regione Siciliana si dota di uno strumento di ascolto e di elaborazione che coinvolge le associazioni di rappresentanza, i vari assessorati regionali, i centri di ricerca che hanno competenze sull’A.S.

 


Il dott. Dario Cartabellotta ha ripercorso l’iter complesso che ha portato alla nascita dell’Osservatorio Regionale sull’Agricoltura Sociale e ha elencato le competenze e le funzioni dell’Osservatorio Una priorità  individuata è  modifica al D.A. n.36/2021 al fine di rendere più ampia la platea delle aziende agricole che praticano l’agricoltura sociale in Sicilia. Sottolinea il ruolo propositivo svolto in questi anni dalla Rete Fattorie Sociali Sicilia, dal CREA e, più in generale, dai vari soggetti del terzo settore di rappresentanza del mondo agricolo.   «Finalmente siamo davanti a una realtà concreta e operativa», sottolinea Dario Cartabellotta, il dirigente generale dell’assessorato all’Agricoltura che ha preso a cuore le esigenze di chi opera nel settore, tagliando questo importante traguardo, «facendo in modo che le aziende che fanno agricoltura sociale si possano accreditare secondo le linee guida indicate dalla Regione. Il compito dell’Osservatorio sarà quello di dare loro serenità regolamentando tutto. Per esempio, partendo dai bandi, che prima erano pensati solo per l’agriturismo e le attività didattiche, mentre ora potremo guardare alla funzione terapeutica e riabilitativa della campagna, all’educazione ambientale, ma non solo». C’è un’area del disagio di cui si occupa l’agricoltura sociale che, grazie all’Osservatorio regionale, potrà essere maggiormente riconosciuta «Disagio che va trattato con competenza», aggiunge il dirigente regionale. «È chiaro, quindi che investiremo nella formazione. Del resto, un agricoltore che sa produrre il formaggio fa già un’operazione didattica. Nel caso dell’agricoltura sociale, per avere una funzione terapeutica e riabilitativa, in azienda bisogna che ci siano professionalità. Penso, per esempio, anche a quella scienza professionale nella quale si sviluppano i sensi, le terapie, gli aromi e gli odori della natura. Questo è il percorso che ci siamo dati da seguire, rinforzando le realtà in maniera tale che questi servizi, possibilmente poi in collegamento con tutti gli interventi che propongono l’assessorato alla Famiglia o quello alla Salute, possano portare all’interno dell’azienda agricola nuove opportunità di reddito e di occupazione».

Il dott. Salvatore Cacciola (presidente della Rete Fattorie Sociali Sicilia BioAS condivide la proposta di modificare e semplificare il D.A. 36/2021 e afferma la necessità di attuare pienamente gli obiettivi della Legge Quadro nazionale 141/2015.  “La vivacità e il dinamismo delle aziende agricole e delle cooperative sociali siciliane che fanno agricoltura sociale è a tutti evidente. Abbiamo bisogno di migliorare il dialogo istituzionale e di fare diventare l’agricoltura sociale un’opportunità concreta per i giovani e le fasce svantaggiate della popolazione.

Dalla lettura delle progettualità emerse con i bandi della misura 16.9, il dott. Bruno Lo Bianco ritiene particolarmente diversificata l’esperienza delle aziende agricole che praticano agricoltura sociale. L’O.Re.A.S. potrebbe contribuire a una migliore conoscenza e strutturazione del fenomeno in ambito regionale.  La dott.ssa Claudia Cardillo evidenzia la particolare vivacità dell’agricoltura sociale siciliana e la forte integrazione con i soggetti del terzo settore (Associazioni, cooperative sociali, fondazioni e organizzazioni di volontariato).  I compiti e le funzioni dell’ORAS sono veramente molteplici quali:

a)        monitoraggio delle attività, al fine di facilitare la raccolta e la diffusione di informazioni e l’individuazione di buone pratiche regionali;

b)        proposizione di iniziative finalizzate alla promozione della diversificazione delle attività agricole in agricoltura sociale, comprese quelle per la costituzione di reti regionali degli operatori di agricoltura sociale;

c)        inquadramento di modelli efficaci di intervento e divulgazione delle buone prassi individuate;

d)        integrazione dei dati relativi alle esperienze di agricoltura sociale con l’Osservatorio regionale sulla condizione delle persone con disabilità, afferente all’Assessorato regionale della famiglia, politiche sociali e lavoro;

e)        proposizione di azioni di comunicazione e di animazione territoriale finalizzate al supporto delle iniziative della Regione e degli Enti locali;

f)         proposizione di azioni finalizzate al coordinamento e ad una migliore integrazione dell’agricoltura sociale con le politiche regionali di sviluppo rurale;

g)        raccolta, valutazione e diffusione dei risultati delle attività di sperimentazione di nuovi modelli di welfare regionale per lo sviluppo e la qualità dell’offerta dei servizi sociali.

 

 

 

Agricoltura Sociale in Sicilia

 Con il termine Agricoltura Sociale (AS) si intende l’insieme delle attività agricole e connesse finalizzate alla promozione di azioni di inclusione sociale e lavorativa, di servizi utili per la vita quotidiana, di attività riabilitative, educative, ricreative o che affiancano le terapie. Si tratta di pratiche spesso inserite nel contesto dell’agricoltura multifunzionale, che mostrano un orientamento spiccato verso la produzione di beni di tipo sociale, spesso associati a beni ambientali. 

Tali attività agricole sono realizzate con finalità produttive e sociali a beneficio di soggetti fragili (persone con disabilità fisica, psichica o intellettiva, disturbi psichiatrici, disturbi dello spettro autistico, dipendenti da alcool o droghe, detenuti o ex-detenuti, ecc.) o sono indirizzate a fasce della popolazione (bambini, anziani) per cui risulta carente l’offerta di servizi.

Le sfere coinvolte sono quella produttiva tipica dell’azienda, quella umana afferente ai rapporti interpersonali, all’integrazione sociale e all’inclusione lavorativa e ai servizi per la popolazione e quella di relazione con il mondo naturale (piante e animali). Più precisamente, come definita dalla legge 18 agosto 2015, n. 141, si intendono le attività esercitate dagli imprenditori agricoli di cui all’articolo 2135 del codice civile, in forma singola o associata, dirette a realizzare: 

  • (a)    inserimento socio-lavorativo di lavoratori con disabilità e di lavoratori svantaggiati, definiti ai sensi dell'articolo 2, numeri 3) e 4), del regolamento (UE) n. 651/2014 della Commissione, del 17 giugno 2014, di persone svantaggiate di cui all’articolo 4 della legge 8 novembre 1991, n. 381, e successive modificazioni, e di minori in età lavorativa inseriti in progetti di riabilitazione e sostegno sociale;
  • (b)    prestazioni e attività sociali e di servizio per le comunità locali mediante l’utilizzazione delle risorse materiali e immateriali dell’agricoltura per promuovere, accompagnare e realizzare azioni volte allo sviluppo di abilità e di capacità, di inclusione sociale e lavorativa, di ricreazione e di servizi utili per la vita quotidiana;
  • (c)    prestazioni e servizi che affiancano e supportano le terapie mediche, psicologiche e riabilitative finalizzate a migliorare le condizioni di salute e le funzioni sociali, emotive e cognitive dei soggetti interessati (persone fragili) anche attraverso l’ausilio di animali allevati e la coltivazione delle piante;
  • (d)    progetti finalizzati all’educazione ambientale e alimentare, alla salvaguardia della biodiversità nonché alla diffusione della conoscenza del territorio attraverso l’organizzazione di fattorie sociali e didattiche riconosciute a livello regionale, quali iniziative di accoglienza e soggiorno di bambini in età prescolare e di persone in difficoltà sociale, fisica e psichica.

Pertanto, obiettivi prioritari dell’AS divengono tutte le azioni e i progetti orientati verso il miglioramento della qualità di vita delle persone con disabilità, nella prospettiva dei nuovi principi di welfare di comunità e di economia civile, nonché l’inserimento socio lavorativo, la formazione e lo sviluppo di abilità personali e professionali delle persone con disabilità psico fisica, sensoriale e intellettiva e con disturbi dello spettro autistico. 

L’ASSESSORATO REGIONALE DELL’AGRICOLTURA, DELLO SVILUPPO RURALE E DELLA PESCA MEDITERRANEA si è dotato del Decreto Assessoriale n. 36/GAB del 12/07/2021 che ha approvato le “Disposizioni per il riconoscimento di operatore di Agricoltura Sociale” che prevede, tra l’altro, anche la pubblicazione dell'elenco regionale degli Operatori di Agricoltura Sociale riconosciuti dal Dirigente Generale del Dipartimento Agricoltura.


ELENCO

ENOTURISMO IN SICILIA

 Tra le attività di diversificazione, l’Enoturismo negli ultimi anni riscuote un successo sempre più ampio coinvolgendo un pubblico competente, numeroso ed eterogeneo.



In Sicilia sono presenti circa 103 mila Ha di superficie vitata, concentrata prevalentemente in collina, e rappresenta la regione più  vitata d’Italia.
Ovviamente questa nuova forma di turismo, offre una prospettiva unica  per conoscere il territorio in un modo sostenibile, consapevole e nel  contempo favorire anche la scoperta dei prodotti di qualità del territorio  siciliano.
Il decreto 12 marzo 2019 , a firma del Ministro delle Politiche Agricole  Alimentari e Forestali e del Ministro del Turismo (GURI n. 89 del 15-04- 2019), ha definito le “Linee guida e indirizzi in merito ai requisiti e agli  standard minimi di qualità per l’esercizio dell’attività enoturistica” in  coerenza con l’art. l, commi 502 - 505 della legge 27 dicembre 2017, n.  205.”Sono considerate attività enoturistiche, ai fini del presente decreto, tutte le attività formative ed informative rivolte alle produzioni  vitivinicole del territorio e la conoscenza del vino, con particolare  riguardo alle indicazioni geografiche (DOP, IGP) nel cui areale si svolge  l'attività, quali, a titolo esemplificativo:

  • le visite guidate ai vigneti di  pertinenza dell’azienda, alle cantine, le visite nei luoghi di esposizione  degli strumenti utili alla coltivazione della vite, della storia e della pratica dell'attività vitivinicola ed enologica in genere;
  • le iniziative di carattere  didattico, culturale e ricreativo svolte nell'ambito delle cantine e dei  vigneti, ivi compresa la vendemmia didattica;
  • le attività di  degustazione e commercializzazione delle produzioni vitivinicole  aziendali, anche in abbinamento ad alimenti, da intendersi quali prodotti agro-alimentari freddi preparati dall’azienda stessa, anche manipolati o  trasformati, pronti per il consumo e aventi i requisiti e gli standard di cui  all'articolo 2, comma 1 e 2 del suddetto decreto 12 marzo 2019”.

L’Assessore regionale dell’Agricoltura, dello Sviluppo Rurale e della Pesca Mediterranea, On.le Luca Sammartino, con il D.A. n. 29 /GAB del 09 giugno 2023 ha ritenuto di dover disciplinare, per quanto di competenza della Regione, le modalità applicative della richiamata disciplina statale,  con particolare riferimento a quanto previsto dal decreto ministeriale 12  marzo 2019.
Il Dirigente Generale, dott. Dario CARTABELLOTTA, con il decreto n. 452 del 12/02/2024 nel dare seguito a quanto previsto dall’art 6 del predetto Decreto Assessoriale del 09 giugno 2023 ha adottato lo schema di  Segnalazione Certificata di Inizio Attività (SCIA) per l’esercizio  dell’attività di Enoturismo. 

giovedì 6 febbraio 2025

Riparte la protesta dell' agroindustria

 riceviamo e pubblichiamo 



Bisogna saper comprendere le differenze, per capire il conflitto.


Chi sono? Intanto non sono contadini. Infatti, li chiamate agricoltori, ma fareste meglio a chiamarli agroindustriali perché  questo sono la maggior parte dei proprietari o affittuari  di terre agricole nell’Europa occidentale.




CHI SONO?

Non sono contadini. Infatti, li chiamate agricoltori, ma fareste meglio a chiamarli agroindustriali perché questo sono la maggior parte dei proprietari o affittuari di terre agricole nell’Europa occidentale.

Cosa fabbricano gli agroindustriali europei? Ecco qualche esempio: in Francia 12 milioni di maiali; in Germania 21 milioni di maiali, 11 milioni di bovini, 160 milioni di polli, in Italia 71 milioni di polli, in Spagna 34 milioni di maiali, nella piccola Danimarca 33 milioni di maiali… (1) e potremmo andare avanti ancora a lungo elencando milioni e milioni di animali per il novanta e passa per cento prigionieri degli allevamenti intensivi: inquinanti, energivori, sovvenzionati, oltre che inumani.

Tutti questi milioni di vittime innocenti dell’agroindustria ci danno, ovviamente, da mangiare, come dicono gli agroindustriali ribelli, se non ce ne frega niente delle povere creature torturate e se non abbiamo paura di imbottirci di antibiotici, ormoni, mais e soia OGM con cui vengono nutriti quotidianamente. Però, di queste centinaia di milioni di corpi noi ne mangiamo solo una piccola parte: teste, zampe e interiora nutrono i nostri cani e gatti e, in forma di farine animali, gli stessi prigionieri degli allevamenti intensivi.

Questa è una delle “filiere” dell’industria agricola, che nell’Unione Europea riceve circa 30 miliardi l’anno di sussidi. A proposito di concorrenza sleale. E faremmo bene a ricordarci che quei trenta miliardi arrivano dalle nostre tasche: dalle tasse dei cittadini europei.

Un altro esempio della stessa “filiera” industriale: oltre il 63 % delle terre coltivate nell’Unione Europea produce mangime per i prigionieri dei lager intensivi, detti allevamenti; l’82% del mais prodotto in Italia diventa mangime per gli allevamenti intensivi. (2)

Quanto tempo è che non mangiate un piatto di polenta? E vi siete mai chiesti a cosa servano quelle distese infinite di mais, quando attraversate la pianura padana? A nutrire, per esempio, vacche da latte che producono cinquanta-sessanta litri di latte al giorno, chiuse nei capannoni, con mammelle ipertrofiche e che, quando partoriscono, non fanno nemmeno in tempo a vedere il proprio vitello, il quale viene immediatamente spostato in una gabbia e nutrito con latte artificiale per il tempo (poco) necessario perché sia pronto ad andare al macello e diventare fesa o arrosto di vitello, o a partire su un camion per essere trasferito nel capannone di un altro Paese, dove verrà ingrassato fino al peso considerato redditizio per un manzo e poi riprenderà il lungo viaggio di ritorno verso il macello del Paese dove è nato.  

Magari non lo sapevate.

CI DANNO DA MANGIARE O DA BERE?

In Italia ci sono 674.000 ettari di vigna e solo 400.000 ettari di ortaggi. Ma non perché noi italiani si beva più di quanto si mangi, è perché esportiamo ogni anno 22 milioni di ettolitri di vino (2 miliardi e 200 milioni di litri) (3)

Vendiamo Prosecco ai cinesi, Chianti ai tedeschi, agli statunitensi, agli australiani…

Per quelle vigne sono state sventrate colline, distrutti boschi e terrazzamenti, spiantati oliveti e frutteti: tutte coltivazioni che davano davvero da mangiare, boschi che nutrivano la terra e mitigavano il clima, terrazzamenti che impedivano l’erosione dei suoli. Ma non permettevano le lavorazioni veloci con pochi lavoratori e grossi macchinari; lavorazioni fatte in moltissimi casi dalle aziende agromeccaniche che, vedremo dopo, fanno anch’esse parte della categoria “agricoltura”. A proposito del cibo-vita.

Poi importiamo patate dall’Argentina e aglio dall’Egitto, olio dalla Tunisia… Ogni anno importiamo tra i 5 e i 7 milioni di tonnellate di patate (7 miliardi di chili) e 1 milione e mezzo di tonnellate di ortaggi. (4)

E’ vero che in molti casi si tratta davvero di concorrenza sleale, perché buona parte di queste merci arriva a prezzi infimi da paesi dove i lavoratori sono meno che schiavi, ma… la stessa cosa vale per la soia e il mais importati e comperati dagli “agricoltori” europei per nutrire i prigionieri degli allevamenti intensivi.

CONCORRENZA SLEALE?

Per la filiera allevamento intensivo degli agroindustriali Europei, in prevalenza occidentali, in Europa si importano ogni anno 11 milioni di tonnellate di mais, 36 milioni di tonnellate di soia. In Italia si consumano 10.000 tonnellate AL GIORNO di soia OGM importata e 100.000 tonnellate all’anno di mais OGM importato. (5)

Ma queste importazioni, di prodotti OGM che vengono da paesi come il Brasile o l’Argentina, dove non solo gli operai agricoli non sono tutelati da nessun punto di vista, né salariale né sanitario, ma dove spesso si sono bruciate foreste e anche villaggi indigeni, deportandone la popolazione e uccidendo chi si ribellava, per coltivare soia e mais OGM su spazi immensi, non sono messe in discussione dagli industriali agricoli, detti “agricoltori”. Tutta questa “agricoltura” del terzo mondo serve a nutrire maiali, vacche, polli “fabbricati” nei capannoni.

Per questa industria agricola l’ideale non è la piccola azienda, che infatti sta scomparendo in Europa occidentale; l’ideale è la medio-grande e la grande, che si sta ingrandendo sempre più e che riceve la maggior parte dei sussidi e degli incentivi.

A proposito di concorrenza sleale.

IL GASOLIO E’ COME IL PANE

Per chi? Non per il piccolo contadino biologico che, per coltivare qualche ettaro di frutteto o oliveto, di patate o di cereali e un orto, o allevare cento galline ruspanti, di gasolio ne consuma ben poco, e a volte rinuncia anche ai sussidi perché trova troppo onerose le regole burocratiche per accedervi.

Il gasolio agevolato è fondamentale per le industrie agricole, che ne consumano tonnellate ogni mese, e che delle regole burocratiche non se ne preoccupano perché hanno uffici e dipendenti che possono pensare anche a quello.

Tra queste imprese ci sono quelle denominate “agromeccaniche”. Chi sono costoro?

Sono imprese che, con enormi trattori, scavatori, ruspe, mietitrebbia e altri macchinari (sovvenzionati dagli Stati e dal superstato Unione Europea) lavorano temporaneamente o permanentemente le terre appartenenti ad altri, che però risultano, come loro, “agricoltori”.

In Italia, ce lo dicono gli stessi agromeccanici, i due terzi delle superfici agricole vengono lavorati da loro, e il 10 % (1 milione e 200.000 ettari) è affidato a loro permanentemente. Vi ricordo che un ettaro sono 10.000 metri quadri. In Italia queste imprese posseggono 75.000 trattori, e non sono trattori come quelli dei piccoli contadini. Dunque non ci meraviglieremo che nel nostro paese ogni anno vengano “agevolati” 2 miliardi di litri di gasolio. (6)

E poi la chiamano agricoltura! E parlano di concorrenza sleale!

SEMPRE A PROPOSITO DEL CIBO-VITA 

Adesso c’è anche l’agrivoltaico. Un’altra sovvenzionata opportunità per l’industria agricola. Nel 2021 in Italia c’erano già 152 chilometri quadrati (15.200 ettari, 152 milioni di metri quadri) di terre agricole rubate all’agricoltura ma considerate sempre agricoltura. E sovvenzionate. (7) 

COSA VOGLIONO? 

Vogliono i soldi e non vogliono limitazioni. 

Ci sarebbe molto da criticare nella politica agricola dell’Unione Europea ma questi ribelli, in parte in malafede e in parte strumentalizzati, criticano sostanzialmente quelle scarse e timide proposte che vanno nel senso di diminuire, di pochissimo, l’inquinamento causato dall’industria agricola.

I contadini, fino agli anni cinquanta, in Italia praticavano la rotazione nelle colture cerealicole, alternandole con leguminose e foraggio: i cereali impoveriscono il terreno, le leguminose lo arricchiscono. Gli agroindustriali rifiutano di mettere a riposo ogni anno il 4% del loro terreno seminativo.

In Olanda, un paese ricco con poco più di 17 milioni di persone, si allevano intensivamente 11.300.000, undici milioni e trecentomila!, maiali ed esiste il più grande allevamento di polli del mondo: un capannone grattacielo dove soffrono e muoiono 1 milione di polli, esseri viventi trattati peggio e considerati meno di quanto in un’industria manifatturiera vengano considerate le merci prodotte.

L’Olanda esporta la maggior parte dei prodotti agricoli che produce, domandatevi dunque da quali accordi commerciali internazionali si vogliano proteggere i finti agricoltori. I contadini in Olanda sono estinti da tempo e gli agroindustriali, detti “agricoltori”, sono ricchi, sono i più ricchi d’Europa, e il reddito medio, al netto delle spese e delle tasse, di un’azienda agricola olandese supera gli 80.000 euri l’anno. (8)

Nel 2020 nell’Unione Europea si consumavano 468.000 tonnellate di pesticidi, 468 milioni di litri di veleni a impestare terra, acqua e aria. Nel 2017 nei paesi dell’UE venivano sparse sui terreni 49.000 tonnellate di glifosato, sostanza cancerogena e gravemente tossica, che la Commissione Europea ha rifiutato di vietare, approvandone l’uso per altri dieci anni. (9)  Una vittoria degli agricoltori?

I quali vogliono che siano eliminati dalla PAC tutti gli scarsi divieti o limitazioni sull’uso dei pesticidi e diserbanti.

I ribelli sono contro la strategia dell’Unione Europea Dal campo alla forchetta (From farm to fork) che ambisce a raggiungere entro il 2030 lo scarso obiettivo del 25% di agricoltura biologica.

Gli agroindustriali francesi “ribelli” chiedono l’abolizione persino delle distanze di sicurezza dalle abitazioni per l’irrorazione dei pesticidi, vogliono riprendere a usare quei neonicotinoidi che sono stati provvisoriamente vietati perché uccidono le api e gli insetti impollinatori. (10)

CHI C’E’ DIETRO? E CHI C’E’ DAVANTI? 

Non per essere complottisti, ma la domanda chiave in ogni situazione politica è Cui prodest? e, dato che le più grandi venditrici di pesticidi e concimi chimici in UE sono le multinazionali Syngenta, Bayer-Monsanto, Corteva, BASF, sicuramente uno zampino le quattro, e tutte le altre del settore-veleni, ce lo stanno mettendo. Per le multinazionali si tratta davvero di vita o di morte, dato che perdere anche solo il 4% dei profitti significa perdere miliardi, e si sa quanto siano attaccate ai miliardi le multinazionali: i miliardi sono il loro cuore e le loro budella, e senza non possono vivere. Però, per avere la prova di chi c’è dietro, basta guardare chi c’è davanti.

Un esempio significativo, la Francia.

La più grande e grossa organizzazione francese degli agroindustriali, che sta promuovendo e organizzando le proteste è la FNSEA. Presidente della FNSEA è tale Armand Rousseau, padrone di un’azienda di 339 ettari , mentre la sua consorte è padrona di un’azienda di 700 ettari. E cosa producono in questi 1039 ettari il Rousseau Arnaud e consorte? Mangimi per gli allevamenti intensivi e biodiesel.

L’Arnaud si è laureato alla European Business School di Parigi (traduco: Scuola Europea di Affari-Finanza); è stato, tra l’altro, un finanziere in “valori agricoli”, e infine, sorpresa sorpresa!, è dirigente della multinazionale agroindustriale francese AVRIL, che si occupa di commerciare prodotti chimico-sintetici ed energetici, che produce 11 milioni di tonnellate di biodiesel con le colture che dovrebbero “darci da mangiare”, che ha lanciato la produzione di biodiesel da grasso animale (se dovesse svilupparsi, avremo gli allevamenti di animali da biodiesel), e che ha entrate annue di oltre 7 miliardi di euri. (11)

Un agricoltore?

E ALLORA? 

L’agricoltura industriale europea vuole che si proteggano i propri prodotti dalla concorrenza dei prodotti che arrivano dai paesi schiavi e subordinati, ma non vuole che vengano protetti i prodotti agricoli di quei paesi che servono alla loro “filiera”. Il pollimilionario olandese non ha mille ettari di seminativo con cui nutrire le proprie vittime pennute, i mille ettari sono in America Latina o forse in Asia o in Africa, dove i lavoratori sono pagati una cocuzza e così il mangime costa due cocuzze.

E’ indicativo e rivelatorio il fatto che coloro che minacciavano di galera operai, ambientalisti, oppositori della dittatura pandemica progettata dal Forum Economico Mondiale, se avessero bloccato le strade o manifestato senza autorizzazione, oggi inneggino ai blocchi stradali degli agroindustriali. Che sicuramente otterranno di poter inquinare come sempre, dato che le multinazionali dei pesticidi e del petrolio sono al loro fianco.

I piccoli e medi agricoltori, trascinati nella protesta dall’esasperazione per norme sanitarie e burocratiche studiate apposta per distruggerli, per i prezzi dei grossisti e della grande distribuzione che li strangolano, stanno dando fiato e corda proprio ai loro nemici. A coloro che hanno migliaia di ettari di terra e che non ricevono alcun danno da quelle norme che stanno strangolando i piccoli ma che, anzi, le hanno dettate ai governi per eliminarli, perché i piccoli e medi agricoltori sono loro concorrenti; a coloro che ottengono sgravi fiscali come società, fondazioni, multinazionali, cooperative fasulle create per sfruttare i dipendenti; a coloro che hanno in mano intere filiere dell’agroindustria e sono compartecipi della grande distribuzione; a coloro che la globalizzazione l’hanno voluta e perseguita per sfruttare uomini e terre del terzo mondo.

La vera minaccia per gli agricoltori europei è stata ieri l’eliminazione di quelle barriere doganali che proteggevano i loro prodotti, proteggendo nel contempo contadini e prodotti di Africa, Asia, America Latina. Ma quando i noglobal lottavano contro quella minaccia, gli agroindustriali erano dall’altra parte della barricata, le europee organizzazioni degli agricoltori erano assenti. C’erano i contadini del terzo mondo e le loro organizzazioni, a fianco degli ecologisti.

Le vere minacce oggi per l’agricoltura sono i cambiamenti climatici, la siccità, l’erosione dei suoli. Ma i “ribelli” lottano proprio contro quegli scarsi e insufficienti provvedimenti che puntavano a far fronte a tali minacce.

L’inevitabile crisi economica è alle porte e siamo nel pieno ormai della crisi ambientale. Il capitalismo non esiterà a strumentalizzare i problemi e i disagi di qualsiasi categoria per i propri interessi e scopi: non esita nemmeno a fomentare guerre. Del resto, lo ha sempre fatto e tanto più quando è in crisi, come ora.

Purtroppo, gli agricoltori dell’Europa occidentale ormai, nella loro maggioranza, dipendono dall’agroindustria e ne fanno parte: sono stati inglobati in un sistema perverso che li sfrutta ma che anch’essi utilizzano. Il capitalismo non ha morale, è un sistema amorale che ha l’unico scopo di accrescere illimitatamente il proprio profitto e il proprio potere ma, se si accettano le sue regole e si entra nel suo sistema, sperando di trarne vantaggio e diventando, inevitabilmente, amorali, non si può pretendere poi di moralizzare il sistema per i propri interessi, quando il vantaggio non c’è più.

La sopravvivenza dei piccoli e medi agricoltori può essere garantita solo se essi torneranno ad essere contadini, e non più industriali. Solo se usciranno dal sistema che li sta sterminando pur nutrendoli, come succede agli animali negli allevamenti intensivi. Questo significa convertirsi a metodi rispettosi dell’ambiente come il biologico, il biodinamico, la permacoltura, l’agricoltura naturale, l’agroforesteria. Sono tutti modi di coltivare la terra che hanno spese molto minori e rese molto maggiori, che richiedono meno ore di lavoro, meno macchinari e lavorazioni, meno acqua, zero pesticidi e fertilizzanti chimici; che rispettano la terra e la vita, che la arricchiscono invece di distruggerla.

La loro sopravvivenza dipenderà anche dalla solidarietà, tra di loro e con i consumatori, che significherebbe unirsi in vere cooperative per vendere i propri prodotti direttamente ai cittadini, significherebbe utilizzare macchinari, edifici, strumenti senza bisogno di comperarli o realizzarli individualmente. Significherebbe una maggiore ricchezza anche dal punto di vista umano e sociale. Allora non avrebbero più bisogno del mais e della soia OGM importati da Brasile e Argentina, né di esportare Prosecco e pomodori, e potrebbero concentrare i loro sforzi per lottare, uniti ai consumatori e ai contadini del terzo mondo, contro i trattati di libero scambio.

Altrimenti, rimarranno solo gli agroindustriali-finanzieri che, se la terra non darà più frutti, potranno sempre coprirla di pannelli fotovoltaici o di capannoni per le colture idroponiche o per gli allevamenti di insetti da macinare per nutrire cani e gatti, maiali e polli intensivi e, perché no, anche gli umani, magari con merendine di farina di insetti per i bambini o porcheriole croccanti, fritte in olio di palma, per gli apericena.

 

domenica 2 febbraio 2025

5 febbraio, Giornata nazionale per la consapevolezza contro lo spreco alimentare


 un terzo del cibo che viene prodotto ogni anno viene distrutto

Un dato sorprendente, che chiama in causa la coscienza di ognuno,    cittadine e cittadini, spinti a fare la spesa anche quando non ne avremmo veramente bisogno. L'8% delle emissioni di CO2 che finiscono in atmosfera arrivano proprio da qui: dal cibo sprecato, prima di essere ingerito. 

Sprechiamo tantissimo cibo, è vero. Ma siamo sicuri sia tutta colpa nostra? Siamo certi che sia tutta responsabilità del consumatore? Partiamo dai numeri: lo spreco alimentare riguarda un terzo del cibo che viene prodotto ogni anno.

Milioni di tonnellate di frutta, verdura, cereali che vengono coltivati e poi trasformati per diventare cibo, in realtà si trasformano in spreco prima ancora di finire nel nostro stomaco. Gli esperti lo chiamano food waste ed è un fenomeno di dimensioni impressionanti.  

Ma di chi è davvero la colpa di tutto questo spreco? La risposta più semplice è: noi. Ma è una risposta fuorviante e controproducente. Pensiamoci, non appena nominiamo la parola spreco, la nostra mente visualizza immediatamente il sacco dell’immondizia di casa, il contenitore dell’umido che, anche questa volta, ospita suo malgrado la carota raggrinzita rimasta in un anfratto del frigo per lunghi mesi, l’insalata del giorno prima che nessuno ha più voglia di mangiare e quel vasetto di yogurt comprato in offerta al supermercato che è scaduto chissà da quanto tempo. Diciamo la verità, siamo talmente abituati a questa immagine che oramai ci sembra normale riversare tutte le responsabilità sul consumatore, su noi stessi, reo di non prestare attenzione agli acquisti, di non programmare la spesa o, peggio, di fregarsene. In effetti, l’ultimo rapporto di Waste Watcher 2024 racconta che nelle case degli italiani ogni settimana vengono gettati 683,3 grammi di cibo pro capite. Tantissimo  

Leggendo questi dati sembra proprio che la responsabilità sia tutta nostra. Ma proprio tutta. Solo che in questo racconto mancano altri due attori protagonisti: il primo, quello subdolo, che ci spinge a consumare sempre di più. Il secondo, quello che non si vede, si verifica ancor prima che il consumatore se ne possa accorgere.

Viviamo nella società del consumo, siamo invogliati a comprare cibo di ogni tipo, siamo circondati di offerte mirabolanti, quando entriamo in un supermercato siamo indotti a comprare cibo che costa poco, a volte pochissimo, e che spesso non non solo non sa di nulla ma è di pessima qualità. L’induzione al consumo è uno degli elementi basilari della nostra vita e ha un impatto enorme sullo spreco.

Individuare la causa dello spreco di cibo è impresa ardua. Una cosa è certa, bisogna invertire la vecchia narrazione che punta il dito solo contro i cittadini che sprecano nelle mura di casa, e iniziare a guardare anche alla quantità di cibo inutilmente prodotto o inutilmente scartato.

Bisogna cioè ridurre lo spreco di cibo dalla produzione alla vendita al consumo.

Ecco perché è necessario organizzare  eventi e attività che raccontino che dietro allo spreco alimentare c'è di più.

giovedì 30 gennaio 2025

Innovazione sostenibile nella filiera ovina e caprina

 

La gestione informatizzata dei pascoli per valorizzare ambiente e produzioni

Nel cuore della Sicilia, in un areale vasto e ricchissimo come quello compreso tra Petralia Sottana e i territori di Capizzi e Cerami, sta prendendo piede un progetto innovativo che punta a rivoluzionare la gestione zootecnica degli allevamenti ovini e caprini. Si tratta di uniniziativa che coniuga alta tecnologia e sostenibilità ambientale, con lobiettivo di migliorare sia la qualità delle produzioni che la gestione dei pascoli, fondamentali per il benessere degli animali e per l'ecosistema. Il progetto, denominato iSAFE GRAZE, è stato finanziato nellambito del Programma di Sviluppo Rurale (PSR) Sicilia 2014-2022, Misura 16 Cooperazione, Sottomisura 16.1, e vede coinvolte diverse aziende siciliane e lUniversità degli Studi di Messina. Il gruppo operativo è infatti composto dallazienda Petra nel ruolo di capofila e dalle aziende partner Scinardo Antonio, Scinardo Giacomo, Scinardo Angela, Mangimi Di Pasquale e dallUniversità degli Studi di Messina con il Dipartimento di Scienze Veterinarie quale Ente Pubblico di Ricerca. 


 

La gestione informatizzata dei pascoli

LAzione 1 del progetto consiste nelluso combinato di tecnologie satellitari e GPS e di determinazione periodica dei parametri ematici per monitorare le aree di pascolo e tracciare il comportamento degli animali. Grazie alladozione di collari dotati di GPS, gli allevatori possono monitorare in tempo reale i percorsi, gli spostamenti e i chilometri percorsi dagli ovini e caprini durante il pascolamento. A questo si aggiungono immagini satellitari ad alta risoluzione, che permettono di ottenere dati dettagliati sulla qualità del pascolo, sul suo stato di salute e sul miglior utilizzo delle risorse naturali. Tramite prelievi ematici, inoltre, si analizzano sia gli indicatori dello status metabolico nutrizionale che delle qualità del latte.

Innovazione nella produzione casearia

Unaltra innovazione chiave del progetto riguarda l’Azione 2, ovvero la produzione di formaggi più salutari, arricchiti con acidi grassi polinsaturi, come i coniugati dellacido linoleico (CLA), che si sono dimostrati benefici per la salute umana. Questi acidi grassi, che si trovano naturalmente nel latte e nei prodotti lattiero-caseari, sono noti per le loro proprietà anti-infiammatorie, antidiabetiche e per il supporto al sistema immunitario. Lapproccio utilizzato per aumentare la concentrazione di CLA nel latte si basa su una dieta ottimizzata per gli animali, che include foraggi verdi ricchi di acidi grassi essenziali e lintegrazione con semi oleosi.

I risultati Scientifici: formaggi più sani e sicuri

La consapevolezza da parte dei consumatori della correlazione tra una dieta equilibrata e la salute umana ha generato quindi una crescente domanda di alimenti funzionali (Alu’datt et al., 2024, J Food Sci). È stato dimostrato un notevole interesse per l'acido linoleico coniugato (CLA), in particolare il cis9, trans11 e trans10, cis12. Il CLA è presente nel latte, nei prodotti lattiero-caseari e nella carne di ruminanti (Iorizzo et al., 2024, Foods, 13: 75) e ha effetti benefici per la salute, come la modulazione del sistema immunitario, gestione del peso corporeo, effetti antidiabetici e proprietà antipertensive (Lehnen et al., 2015, J. Int. Soc. Sports Nutr. 12). Alcuni microrganismi come i batteri lattici (LAB), sono in grado di convertire l'acido linoleico presente negli alimenti in CLA.

Sono stati effettuati screening su un totale di 45 LABs presso la Spin Off ProBioEtna dell’Università degli Studi di Catania, secondo i metodi proposti da Ribeiro (Ribeiro et al., 2018, LWT90, 403-41) somministrando 0.5 mg/ml di acido linoleico puro alle brodocolture, incubate a 30°C per 48 ore. Gli acidi grassi sono stati estratti con 2-propanolo ed esano e sottoposti a lettura spettrofotometrica a 233 nm. Due ceppi appartenenti al Lacticaseibacillus rhamnosus sono stati valutati per la loro attitudine alla caseificazione (proprietà coagulante, potere acidificante e sopravvivenza a diverse concentrazioni di sale) come proposto da Nicosia e collaboratori (Nicosia et al., 2023, Foods, 12: 1154). I ceppi sono stati utilizzati in un blend ed inoculati come coltura starter nella caseificazione tradizionale di un formaggio ovino a latte crudo tipo canestrato. Le analisi microbiologiche e nutrizionali sono state eseguite sul latte e successivamente sui formaggi dopo 24h, 15 e 30 giorni di stagionatura.

Le analisi microbiologiche hanno mostrato come sia il latte che entrambi i formaggi, siano risultati conformi agli standard europei per la sicurezza alimentare (Tabella 1). Il formaggio sperimentale ha mostrato una maggiore abbondanza di Lactobacillus spp (8,24 log CFU/g vs 6,5 log CFU/g) e Lactococcus spp (7,69 log CFU/g vs 7 log CFU/g) rispetto al formaggio controllo e una riduzione significativa di enterococchi (4 log CFU/g vs 5,5 log CFU/g), stafilococchi (4,4 log CFU/g vs 5,4 CFU/g) e enterobatteriacee (4 log CFU/g vs 5 log CFU/g). I risultati delle analisi chimiche non hanno evidenziato nessuna differenza tra i due formaggi, mentre da un punto di vista nutrizionale il contenuto in PUFA (Acidi grassi polinsaturi) è risultato essere più elevato nei formaggi “Sperimentali” (5,39 vs 5,72; P< 0,5) come anche gli acidi grassi della serie n3 (1,08 vs 1,20; P<0,01) e n6 (2,91 vs 3,36; P<0,01). Nessuna differenza è emersa per gli indici di qualità IA, IT, DFA, mentre l’indice OFA è risultato più elevato nei formaggi sperimentali (41,14 vs 42,04; P<0,01).


 

 

CONTROLLO

iSAFE GRAZE

p-value

Microorganismi (log CFU/g)

 

 

 

Lactobacillus spp

6,5

8,24

< 0.01

Lactococcus spp

7,0

7,69

< 0.01

Enterococchi

5,5

4,0

< 0.01

Stafilococchi

5,4

4,4

< 0.01

Enterobatteriacee

5,0

4,0

< 0.01

Acidi grassi (% FA)

 

 

 

CLA

0,67

0,70

> 0.01

PUFA

5,39

5,72

< 0.01

n3

1,08

1,20

< 0.01

n6

2,91

3,36

< 0.01

AI Indice Aterogenico

2,98

2,22

> 0.01

TI Indcie Trombogenico

3,03

3,29

> 0.01

DFA Indice ipercolesterolemico

37,06

37,7

< 0.01

OFA Indice ipocolesterolemico

41,14

42,04

> 0.01

Tabella 1 – Analisi microbiologiche, profilo acidico ed indici nutrizionali

 

Team Università di Messina: 

Luigi Liotta, Cinzia Lucia Randazzo, Georgiana Bosco, Federica Litrenta, Annalisa Amato, Carmelo Cavallo, Marco Scalisi, Maria Lunetta, Vincenzo Lopreiato.

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