mercoledì 26 gennaio 2022

Il ruolo pubblico della conoscenza in agricoltura

NinoSutera

In Sicilia, l’Assessorato all’Agricoltura ha istituto con DDG n 2639   del 17-7-2021 la Rete Regionale Sistema della Conoscenza e dell’Innovazione in Agricoltura, coordinata dall'Osservatorio Neorurale 

Il sistema della conoscenza e dell'innovazione in agricoltura (in inglese, AKIS - Agricultural Knowledge and Innovation System) è un "insieme di organizzazioni e soggetti che operano in agricoltura, e di legami e interazioni fra loro, impegnati nella produzione, trasformazione, trasmissione, conservazione, recupero, integrazione, diffusione e utilizzo della conoscenza e dell'informazione, con lo scopo di lavorare sinergicamente per supportare il processo decisionale e di risoluzione di problemi e l'innovazione in agricoltura" (Röling e Engel, IT from a knowledge system perspective: concepts and issues, 1991). 



In Sicilia la migliore stagione è datata dalla L.R 73/77 che istituiva le SOAT  supportata dal Reg 270/79 che prevedeva il ruolo strategico dei Divulgatori Agricoli Polivalenti e/o Specializzati, coordinati dall'Assessorato Regionale all'Agricoltura.
 
Altri esempi, non hanno mai inciso sulle necessità del mondo agricolo, comprese strade diverse dal  ruolo pubblico e fuori del tempo in cui viviamo,  individuate dalle programmazioni 2007/2013 e 2014/2020

                                  L’olandese Roeling negli anni ’80 sottolineava come la conoscenza agricola non fosse un patrimonio dell’accademia o dei centri di ricerca, ma sia il combinato di una miriade di detentori di conoscenze che interagiscono, il cosiddetto Sistema di Conoscenze e Innovazione Agricola. Le crisi dell’agricoltura convenzionale, gli effetti collaterali della rivoluzione verde, l’inquinamento, etc. hanno spinto a teorizzare e praticare forme partecipative di ricerca applicata (ovviamente non di base), in cui le conoscenze degli agricoltori sono valorizzate. La necessità di percorrere vie nuove e diverse (il recupero della biodiversità, l’agricoltura biologica, l’agricoltura sociale, la vendita diretta, lo sviluppo rurale multisettoriale, ecc.), unitamente alla constatazione che l’agricoltura produce anche beni pubblici (protezione del suolo, paesaggio, assorbimento CO2, habitat naturali) spinge a cercare anche nuovi modelli di divulgazione e di consulenza, con regia  a carico del pubblico. Ecco quindi che negli ultimi tempi, nella stampa internazionale e anche negli ambienti più market oriented (USA, Olanda, Banca Mondiale, ecc.) vi è una riscoperta del ruolo pubblico nella divulgazione e consulenza, Si parla sempre di più di tecnici che siano animatori e facilitatori, che favoriscano la formazione di gruppi e di reti, veri rispetto alle esigenze del mondo agricolo, collegando ricerca, pratica e istituzioni, stimolando così una crescita “dal basso verso l’alto” e la messa a punto di innovazioni appropriate (tecniche, organizzative, individuali e di gruppo, etc.).
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Negli ultimi anni l’espressione “beni pubblici” ha guadagnato
popolarità nell’UE e non solo. Nonostante ciò, attorno a tale
espressione sembra che aleggi  un’aura di vago
mistero.
Cosa si intende per “beni pubblici”? In che modo i beni
pubblici si distinguono dai “beni privati”? Fino a che punto si
dovrebbe rigorosamente definire quest’espressione? E qual è il
rapporto tra beni pubblici e politiche pubbliche?
Se si prende come punto di partenza (possibilmente con le
opportune precisazioni e i dovuti distinguo) la nozione che
riconosce nei beni pubblici tutti quei beni che apportano
benefici alla collettività e che non possono essere acquistati
sul mercato, il nesso con la politica di sviluppo rurale dell’UE
appare evidente.

Aspetti quali la salute e la qualità dell’ambiente rurale e della
campagna, oltre che la vitalità e la vivacità delle zone rurali,
rappresentano interessi palesemente vitali per la società nel
suo complesso. E tali condizioni non si possono facilmente
garantire attraverso i mercati: ecco perché la politica deve
intervenire per colmare questa lacuna. Altrimenti la produzione
di questi beni pubblici sarà sistematicamente limitata e, in
alcuni casi, potrebbe addirittura esaurirsi quasi del tutto.
È evidente, quindi, che la politica di sviluppo rurale
rappresenta un fattore vitale per l’erogazione di beni pubblici
nelle aree rurali, per esempio perché accorda incentivi
per la realizzazione di azioni ambientali, perché forma un
considerevole capitale fisico e umano e mobilita i talenti e le
energie delle popolazioni locali, che investe nelle risorse immateriali

 Perché è necessario elaborare politiche che prevedano
l’assegnazione di ingenti risorse di bilancio a favore dell’agricoltura,
della silvicoltura, dello sviluppo rurale e della gestione del territorio
in Europa? Cosa spera di ottenere la società con questi interventi?
La risposta sempre più frequente a queste domande è che l’obiettivo
ultimo di tali azioni è garantire la produzione di beni pubblici.  
  

 Cosa si intende per beni pubblici?

L’espressione “beni pubblici” è stata coniata dagli economisti per
indicare un insieme di beni, servizi e altri fattori di interesse per la
società che non possono essere forniti attraverso il mercato, ossia
attraverso la normale interazione di domanda e offerta. I mercati si
sono dimostrati il meccanismo più efficace di incontro tra domanda
e offerta di beni e servizi privati, come ad esempio gli alimenti e
le bevande. Esistono tuttavia altri beni e servizi ai quali la società
umana attribuisce un certo valore e che desidera ottenere, ma
che il mercato non può offrire. Questi beni e servizi sono noti nella
letteratura economica come “beni pubblici” e comprendono beni
ambientali come la biodiversità o i paesaggi culturali.
Per definizione i beni pubblici possiedono due importanti
caratteristiche. In primo luogo, sono beni “non rivali” nel consumo,
nel senso che il loro consumo da parte di un individuo non implica
l’impossibilità per un altro individuo di consumarlo a sua volta. In
secondo luogo, sono “non escludibili”, nel senso che, una volta che il
bene pubblico è stato prodotto, è impossibile impedirne la fruizione
da parte di altri consumatori.
Proprio per queste caratteristiche i mercati non funzionano nel caso
dei beni pubblici, perché non ci sono motivi forti che inducano la
gente a pagare per poterne fruire. Al tempo stesso, mancano gli
incentivi per la fornitura di tali beni, poiché chiunque decidesse di
produrli non ne ricaverebbe alcun compenso. Ne deriva il potenziale
rischio di una sottoproduzione di beni pubblici.
Di conseguenza, se la società ha bisogno di un particolare bene
pubblico che non è erogato in quantità sufficiente, la sua produzione
deve essere garantita da politiche pubbliche intese ad assicurare un
livello appropriato di fornitura del bene, in linea con la domanda.
Quando il mercato non è in grado di soddisfare la domanda,
devono essere attuate politiche pubbliche che incentivino l’azione
necessaria. Ciò a sua volta richiede la definizione di chiare norme
come punto di partenza di un’azione ammissibile o, in molti casi, il
ricorso a fondi pubblici per incentivare l’offerta.

In Europa l’agricoltura non solo è responsabile della fornitura di
prodotti alimentari e materie prime, ma occupa anche il 40% circa
del territorio totale. Di conseguenza, esercita un potente influsso
sullo stato dell’ambiente rurale e sulle opportunità di una sua
fruizione. In Europa le zone autenticamente selvagge sono quasi
del tutto scomparse, per cui la qualità dell’ambiente dipende
pesantemente dalle modalità con cui è gestito il territorio.

Rafforzamento delle capacità

Rafforzare le capacità significa sviluppare le competenze e le
conoscenze dei gestori del territorio e, più in generale, delle
comunità rurali. Tale misura si prefigge inoltre l’obiettivo di stimolare
e consolidare reti sociali ben funzionanti e la partecipazione attiva
della comunità. Tutto ciò è fondamentale per garantire nel lungo
termine il coinvolgimento degli attori rurali nell’erogazione di beni
pubblici, di tipo sia ambientale sia sociale. In effetti, il rafforzamento
delle capacità è indispensabile per rincalzare la sostenibilità delle
comunità rurali e può essere estremamente utile per dar vita a un
cambiamento comportamentale di più lungo termine.
Nell’ambito delle politiche di sviluppo rurale esiste tutta una varietà
di misure che possono essere utilizzate per rafforzare le capacità.
Tra queste si annoverano le misure in favore della consulenza
e della formazione, specificatamente mirate al potenziamento
delle capacità nella comunità agricola, per esempio tramite corsi di
formazione per l’acquisizione di tecniche di gestione ambientale,
e servizi di consulenza sull’uso sostenibile delle risorse e sulla
conservazione della qualità delle risorse idriche, della funzionalità
del suolo e della biodiversità dei terreni agricoli. Rivestono inoltre
un ruolo fondamentale aspetti quali il miglioramento del benessere
degli animali nelle aziende agricole, l’aumento della disponibilità di
acqua e la riduzione delle emissioni di gas a effetto serra.



Biodiversità sui terreni agricoli
Nel tempo molte specie animali e vegetali selvatiche hanno condiviso il territorio con la
produzione agricola. Al giorno d’oggi, tuttavia, con l’intensificarsi dell’agricoltura, la biodiversità
dei terreni agricoli dipende oggi pesantemente dalla presenza di zone a bassa intensità di
sfruttamento o di aree naturali attorno alle aziende agricole, come fasce di terreno incolto tra i
campi, muretti o siepi, strade interpoderali, fossati e stagni. Queste aree forniscono rifugio, cibo
e siti di riproduzione a uccelli, mammiferi e insetti, oltre che le condizioni ideali per la crescita di
fiori e altri tipi di piante autoctone. La biodiversità dei terreni agricoli comprende anche la ricca
diversità genetica delle razze locali di bestiame e delle varietà di colture, molte delle quali si
sono straordinariamente adattate ai suoli, alla vegetazione e al clima delle rispettive regioni.

Qualità dell’acqua e disponibilità delle risorse idriche

L’uso di fertilizzanti, erbicidi e antiparassitari per migliorare la produzione agricola è ormai
una pratica comune, che tuttavia può avere enormi ripercussioni sulla qualità delle acque
superficiali e delle falde acquifere. È importante trovare il modo di ridurre le quantità di nitrati,
fosfati e altri rifiuti agrochimici che si riversano nei corsi d’acqua e nelle falde acquifere, in modo
da proteggere le risorse d’acqua potabile e contribuire alla biodiversità di fiumi e zone umide.
Poiché l’agricoltura è uno dei settori che maggiormente sfrutta le risorse idriche, soprattutto
per l’irrigazione di colture di alto pregio e per la produzione di frutta e ortaggi nelle zone più
aride d’Europa, uno dei principali problemi al centro di numerosi interventi è quello di garantire
un utilizzo più efficiente e sostenibile dell’acqua, per garantire la disponibilità di risorse idriche
per tutti.

Funzionalità del suolo

Il suolo è un elemento indispensabile per tutte le forme di produzione agricola. Un suolo
adeguato possiede una buona struttura, sufficiente materia organica ed è resistente all’erosione
da parte del vento o dell’acqua. La maggior parte delle pratiche agricole genera ripercussioni
sulla funzionalità del suolo, ma quest’ultima può essere preservata ricorrendo ad appropriati
metodi di produzione agricola.

Stabilità del clima – aumentare lo stoccaggio del carbonio e
ridurre le emissioni di gas a effetto serra

Per stabilizzare il clima del pianeta è importante liberare una parte di CO2 finora accumulata
nell’atmosfera. Le piante accumulano CO2 con estrema efficacia e i metodi agricoli che
prevedono la conservazione di un manto vegetale permanente e un ritorno dei rifiuti vegetali
nel suolo rappresentano un buon meccanismo per “ripulire” l’atmosfera dal carbonio.
I pascoli permanenti, infatti, sono in grado di immagazzinare carbonio in pari quantità rispetto
alle foreste. Oltre a migliorare lo stoccaggio del carbonio, l’agricoltura può anche contribuire a
ridurre le emissioni di gas a effetto serra di cui è responsabile.

Resistenza agli incendi e alle inondazioni

Soprattutto negli Stati membri dell’Europa centrale e meridionale, la corretta manutenzione
dei pascoli può costituire un’importante barriera alla diffusione degli incendi boschivi e
ridurre il rischio di incendio in impianti permanenti come gli oliveti. In futuro, la capacità
dei terreni agricoli di assorbire le precipitazioni eccessive e di immagazzinare le acque di
esondazione sarà un fattore sempre più rilevante, nella misura in cui i cambiamenti climatici
acuiscono i rischi di inondazione nelle zone urbane.

Paesaggi agricoli

Per migliaia di anni la pratica agricola ha modellato, e continua a modellare ancora oggi,
i caratteristici paesaggi agricoli europei, dai pascoli alpini ai paesaggi a terrazze, dalle
“dehesas” ai frutteti, dalle pianure alluvionali ai paesaggi a mosaico dei campi coltivati
alternati a praterie. Tuttavia, anche se molti modelli di sfruttamento del suolo e molti aspetti
tradizionali e caratteristici del paesaggio locale non sono più essenziali per i metodi agricoli
moderni, mantenerli in vita è essenziale se si vuole preservare la diversità di questi paesaggi
culturali. La protezione della diversità dei paesaggi agricoli è importante per mantenere
l’attrattiva esercitata dalle zone rurali come luoghi residenziali o destinazioni turistiche.

Vitalità rurale

Nell’UE-27 le zone rurali sono estremamente diversificate in termini di sfruttamento del
territorio, popolazione, prosperità, lingua, patrimonio culturale e tradizioni. Per garantire
la vitalità delle zone rurali è necessario assicurare opportunità di lavoro, un livello minimo
di servizi e infrastrutture, e disporre inoltre di buone reti sociali e di capacità umane per
sostenere e promuovere questi valori, con l’obiettivo ultimo di salvaguardare nel lungo
termine la vitalità e l’attrattiva delle zone rurali come luoghi in cui vivere, lavorare e recarsi in
visita. Il territorio, la natura del
paesaggio circostante, il clima e altri fattori naturali concorrono tutti alla comparsa di costumi,
tradizioni e forme di identità delle zone rurali. L’agricoltura può contribuire a sostenere la vitalità
rurale grazie al ruolo che la popolazione rurale, le attività rurali e le tradizioni ad essa associate
svolgono in queste zone. E i vantaggi di questa interazione sono vicendevoli. Se le zone rurali
rimangono economicamente e socialmente vitali, ciò a sua volta può favorire il proseguimento
di attività economiche come l’agricoltura e la silvicoltura, il che a sua volta è importante per
assicurare l’erogazione di beni pubblici ambientali dai quali dipendono numerosi settori, come
il turismo rurale e le attività ricreative.

Sicurezza alimentare

Se è vero che il cibo è un bene privato, altrettanto certo è che il mercato non assicura la
disponibilità di prodotti alimentari in qualsiasi momento e ovunque. È quindi necessaria
un’azione deliberata per garantire la fornitura di prodotti alimentari nel lungo termine a
livello europeo o globale. A tal fine è indispensabile mantenere in futuro la capacità di
produrre cibo in maniera sostenibile attraverso una gestione appropriata dei suoli e delle
altre risorse e la salvaguardia delle necessarie competenze.






martedì 20 aprile 2021

Terrà - Il multimediale dell'Agricoltura

 ninosutera

http://www.psrsicilia.it/terra-blog/                                                

  • Terrà, il multimediale dell'Agricoltura, è il portale   dell'Assessorato  alla Agricoltura della Regione Siciliana. Offre utili informazioni riguardo bandi, normative e cultura alimentare, utilizzando supporti multimediali quali video, foto e presentazioni.



TERRA’ è un progetto editoriale di divulgazione dell’Assessorato Agricoltura della Regione Siciliana ai sensi della  L.R. 1 agosto 1977, n. 73, “Provvedimenti in materia di assistenza tecnica e di attività promozionali in  agricoltura”.

Un progetto che si regge su due principali pilastri: trasparenza e comunicazione. Due elementi, oggi più che mai, indispensabili alla pubblica amministrazione per sviluppare e consolidare un rapporto con il cittadino e con il mondo agricolo, nella fatti specie. Come appare opportuno ricordare che lo sviluppo di un’adeguata strategia di comunicazione è il presupposto stesso del successo delle politiche e delle iniziative messe in atto dall’Unione Europea e dei partner territoriali.

L’agricoltura, in modo specifico, oggi non è più solo produzione e trasformazione di prodotti, ma è un settore economico in forte evoluzione, che compete sui mercati globali; gestore del territorio e delle sue risorsefonte dell’alimentazione umana e componente essenziale della tutela ambientaleproduttore di energia ed è anche promotore di opportunità culturalisociali e ricreative.

Una nuova identità culturale dell’agricoltura sta dunque emergendo con forza e questa pluralità di aspetti deve essere comunicata con un’adeguata strategia, opportunamente articolata e strutturata per tutte le diverse sfaccettature che la caratterizzano. Da qui TERRA’.

 

sabato 10 aprile 2021

Coltivatori di legalità

 ninosutera

Produrranno  olio EVO

I "Coltivatori di Legalita"

Un bene confiscato alla mafia diventa strumento per terapia con l’agricoltura sociale

 


All’ inaugurazione della fase operativa del progetto “Coltivatori di legalità” nel terreno confiscato alla mafia di via Giuffo in contrada Santa Maria, dove la cooperativa Creativamente in collaborazione con Rete Fattorie Sociali Sicilia, Vivaio Il Melograno e Centro Diurno per disabili psichici di Mazara del Vallo, sta facendo rivivere l’ampio appezzamento di terreno di circa 11mila metri, sequestrato alla mafia e concesso dal Comune nel 2019 alla stessa cooperativa, attraverso una coltivazione di qualità di alberi di ulivo che verrà ampliata con la piantumazione di un uliveto super intensivo e che vedrà impegnati gli utenti de Centro diurno per disabili psichici in attività di inclusione sociale.



Un bene sottratto alla criminalità organizzata, che era una vera e propria discarica a cielo aperto, è stato bonificato, recintato, sistemato e coltivato grazie all’impegno dei giovani volontari della cooperativa Creativamente. Un risultato frutto della sinergia tra forze dell’ordine, istituzioni e società civile. L’attuazione del progetto ‘Coltivatori della Legalità’ finanziato nell’ambito del programma Legalità 2019 del Consorzio Trapanese per la Legalità e lo Sviluppo entra ora nella fase operativa con l’ulteriore progetto di realizzazione di un uliveto super intensivo, anch’esso finanziato dal Consorzio per la Legalità con il programma 2020. E’ un ben segnale che si invia alla società tutta: passiamo da una antimafia, talvolta solo annunciata, ad una antimafia reale e praticata”.

Alla inaugurazione hanno preso parte rappresentanti delle forze dell’ordine, il referente dell’Asp Maurizio Accardi ed i presidenti della Pastorale Troina Angelo Impellizzeri e della Rete Fattorie Sociali Sicilia Salvo Cacciola. A nome della cooperativa Creativamente il presidente Francesco Di Bona ha ringraziato istituzioni, forze dell’ordine e associazionismo per la collaborazione “che attua e coniuga i principi di legalità e di inclusione sociale e lavorativa nonché di cittadinanza attiva volti allo sviluppo economico del nostro territorio”. 

La fase operativa del progetto, grazie al finanziamento di circa 32mila 500 euro del programma Legalità 2020 del Consorzio Trapanese per la Legalità e lo Sviiuppo, intende promuovere in particolare attività produttive legate alla agricoltura sociale: una forma di agricoltura con valenza riabilitativa, di cura e di inclusione socio – lavorativa per persone svantaggiate ai sensi della legge n. 381/91. Verranno piantumate   piante di olivo  dando vita ad un uliveto   per la produzione di olio di EVO

 

domenica 28 marzo 2021

Cannabis terapeutica: nuove opportunità

 

Cannabis terapeutica, .........in Italia è di Stato


  Oggi la domanda viene soddisfatta in minima parte dalle coltivazioni dello Stabilimento chimico farmaceutico militare (Scfm) di Firenze, del ministero della Difesa, l’unica struttura autorizzata (nel 2019 ne ha prodotto 350 kg, nel 2018   150 kg), mentre la maggior parte (altri 700 kg) viene importata

 

Via libera dall’Assemblea regionale siciliana alla norme contenuta in Finanziaria per l’avvio di progetti per la fornitura di cannabis terapeutica 
 Con il voto unanime di tutti i deputati e il parere favorevole del governo regionale, ieri sera è infatti passato l’articolo 67. Con questa norma si autorizza la coltivazione del farmaco, mediante enti strumentali dell’assessorato all’Agricoltura, (il primo in Italia) come l’ESA, per "sopperire alle richieste derivanti dal fabbisogno accertato dalle Autorità Sanitarie nazionali di produzione della Cannabis terapeutica".

La scienza ufficiale esprime riserve, pone interrogativi, sollecita ulteriori verifiche e studi clinici sull’uso terapeutico della Cannabis. A richiederla in quantità sempre maggiori sono quei pazienti con patologie anche gravi che l’hanno sperimentata (si può fare dal 2006) e ne hanno tratto benefici maggiori rispetto ad altri farmaci, e con effetti collaterali trascurabili, senza rischi di dipendenza. La grande finanza se ne è accorta: al Forum economico mondiale di Davos, il 24 gennaio scorso, è stato organizzato un Cannabis Conclave, dato che la domanda dei pazienti nei maggiori paesi europei (Italia, Germania e Olanda) nel 2019 dovrebbe raddoppiare. Negli Usa anche Big Tobacco sta investendo nella Cannabis terapeutica e nutraceutica e fa lobby per allentare le maglie del proibizionismo.

Se l’uso terapeutico della Cannabis Sativa, o dei cannabinoidi, è relativamente poco documentato negli studi clinici è dovuto al fatto che si tratta di una pianta che dal 1961 è considerata illegale: il proibizionismo ha fortemente limitato il suo uso in medicina.


LA SCOPERTA, NEGLI ANNI ’90, del sistema endocannabinoide nel cervello e in altre parti dell’organismo ha riacceso l’interesse della scienza: ora conosciamo i meccanismi con i quali i fitocannabinoidi, in particolare i due più studiati, il THC (delta-9-tetraidrocannabinolo, sostanza psicotropa) e il CBD (cannabidiolo, non psicotropo) agiscono e come possiamo utilizzarli per trattare una serie di sintomi e malattie, in Italia fissati per decreto ministeriale (9/11/2015): dolore cronico e dolore associato a sclerosi multipla e a lesioni del midollo spinale; nausea e vomito causati da chemioterapia, radioterapia, terapie per Hiv; come stimolante dell’appetito nei casi di cachessia, anoressia e ai pazienti oncologici o affetti da Aids; come trattamento ipotensivo nel glaucoma; per la riduzione dei movimenti involontari del corpo e facciali nella sindrome di Gilles de la Tourette.

Di cannabinoidi, però, ne esistono almeno altri 80 e i derivati della Cannabis nel loro complesso sembrano efficaci per trattare altre malattie, tra cui epilessia, fibromialgia, patologie autoimmuni, ansia, artrosi, non ancora riconosciute per legge.

«Attenzione: non è una panacea, non è un farmaco meraviglioso – dice uno dei decani dell’uso della Cannabis terapeutica per il trattamento del dolore cronico, il prof. Paolo Poli, presidente di Sirca, Società italiana ricerca Cannabis – esiste una variabilità genetica tale in noi esseri umani che in alcuni pazienti funziona, e in altri no, come succede per tutti i farmaci. Detto questo, è una terapia che stiamo sperimentando: serve molta ricerca clinica – che non viene fatta – e il trattamento è complicatissimo». La complicazione deriva dal fatto che anche la Cannabis Sativa ha una grande variabilità genetica, quindi da piante molto simili si possono estrarre preparati con le stesse percentuali di THC e CBD ma che danno risposte differenti «perché è il fitocomplesso che agisce, non le singole componenti. Nel fitocomplesso sono presenti anche terpeni, flavonoidi e altri cannabinoidi che vanno a influire sulla risposta del paziente».

Per i pazienti sui quali funziona, curarsi con la Cannabis non è semplicissimo. Nel 2017 e nel 2018 alcune associazioni (come Luca Coscioni, InFioreScienza in Liguria) hanno denunciato forniture a singhiozzo. Per chi invece vuole iniziare la terapia, la lista di attesa può durare anche sei mesi (la situazione nelle regioni è varia e in evoluzione).

La scarsità è dovuta al fatto che la quantità di Cannabis per uso terapeutico distribuita alle Asl e agli ospedali è predeterminata anno per anno dal ministero della Salute sulla base del fabbisogno indicato dalle Regioni, che si rivela spesso sottostimato.

Sono circa 30 mila le persone che in Italia ne fanno uso terapeutico, per un fabbisogno di 1 tonnellata l’anno, mentre le previsioni per il 2022 e 2025 parlano di un fabbisogno di 3 e 4 tonnellate. Oggi la domanda viene soddisfatta in minima parte dalle coltivazioni dello Stabilimento chimico farmaceutico militare (Scfm) di Firenze, del ministero della Difesa, l’unica struttura autorizzata (nel 2019 ne produrrà 350 kg, nel 2018 ne ha prodotti 150 kg), mentre la maggior parte (altri 700 kg) viene importata, tramite il ministero della Salute olandese, dalla ditta Bedrocan che negli ultimi anni non sempre è riuscita a far fronte a tutte le richieste, dal momento che vari paesi europei hanno regolamentato il settore nello stesso periodo, facendo esplodere le richieste. Un’ulteriore partita di 100 kg sarebbe dovuta arrivare dal Canada da Aurora, l’azienda che aveva vinto un bando del nostro ministero della Salute, però non è riuscita a rispettare i rigorosi standard di qualità richiesti.


La quota di Cannabis che proviene dall’estero viene gestita per metà direttamente dagli ospedali che hanno la licenza per importarla, per metà da 6 ditte farmaceutiche importatrici che distribuiscono le infiorescenze su tutto il territorio nazionale, in base alle richieste delle Asl. Alessandro Pastorino, titolare di FL Goup di Pietra Ligure, uno dei 6 importatori, ci spiega che le forniture vengono distribuite in modo equo: «Non c’è un motivo pratico per cui una regione riceva più o meno prodotto, ma è vero che nelle regioni esistono maggiori o minori competenze e capacità di gestione e programmazione, anche da parte di farmacisti e medici. Direi che è normale in un mercato nuovo, dove si sta cercando di costruire una filiera».


Certo è che la produzione va incrementata. «Mi domando come mai qui in Italia le gare sono bloccate, perché è tutto fermo – dice il professor Poli – ci sono fior di cordate italiane ed estere disposte ad entrare nel Scfm di Firenze che ci assicura un prodotto di altissima qualità».


Anche diverse Regioni e città si sono candidate per avviare la coltivazione di Cannabis, mentre le associazioni di produttori di canapa premono per rompere il monopolio dello Stato su un prodotto che poi viene acquistato all’estero da aziende private. Un mese fa il ministero della Difesa ha pubblicato un avviso pubblico di pre-informazione per la realizzazione di serre per ampliare lo Scfm. Per vederle in produzione ci vorranno almeno un paio d’anni.

Tra i vantaggi dell’uso terapeutico della Cannabis, Poli sottolinea il fatto che costa meno di altre terapie, se poi la produzione nazionale dovesse aumentare i costi si ridurrebbero ulteriormente. Una terapia standard può costare sui 70 euro al mese: una volta accertato che il paziente risponde bene, si fa un piano terapeutico e il paziente passa a carico del sistema sanitario.

Tutti gli esperti insistono sulle garanzie di qualità e purezza: la Cannabis non è tutta uguale e quella per uso medico deve essere coltivata in soluzione idroponica e non nel terreno, dal quale potrebbe assorbire metalli pesanti (infatti è usata per la fitodepurazione di terreni inquinati), e in serra per non essere contaminata da pesticidi. «Per questi motivi siamo contrari all’auto-coltivazione – precisa Poli – i pazienti che ricorrono al fai-da-te possono avere grossi problemi, soprattutto perché, lo ripeto, le dosi esatte dei diversi cannabinoidi sono fondamentali per l’efficacia della terapia, e non sono determinabili da chi la coltiva in casa».


Lo sanno bene i farmacisti: poiché non esistono farmaci registrati a base di Cannabis (a parte il Sativex, costosissimo e pare già superato), la terapia si fa assumendo per decotto o inalazione (con apposito apparecchio) un preparato magistrale che viene fatto in farmacia a partire da infiorescenze inscatolate con le dosi indicate dalla prescrizione medica. Su ciascun flacone il farmacista deve fare un’analisi che certifichi il contenuto dei fitocannabinoidi: nel suo piccolo il farmacista deve fare quello che fa l’industria farmaceutica (e infatti sono pochi a farlo, un centinaio di farmacie su 18 mila). In Germania per semplificare la vita ai farmacisti è autorizzata la vendita di semilavorati a base di Cannabis, già certificati, pronti da diluire.


La Cannabis sta dunque tornando a grandi passi nella farmacopea, dopo una storia millenaria e decenni di olbio, con tutti i distinguo rispetto all’uso ricreativo, in particolare per gli adolescenti. «Vediamo tante persone che hanno fatto uso di Cannabis ricreativa da giovanissimi, dai 14 ai 20 anni, nel periodo dello sviluppo della plasticità cerebrale, con grossi problemi psichiatrici – dice Poli – Certo, la Cannabis non ha mai ammazzato nessuno, la dose letale è di 6 kg, però in quella fase dello sviluppo può fare danni enormi».





sabato 27 marzo 2021

Rinasce l’antica produzione di rum in Sicilia


 

Dalla materia prima alla lavorazione,  è un rum agricolo tutto made in Sicilia che ridà vita alla lunga tradizione di produzione del distillato nell'isola.

 Il distillato è prodotto con il succo ottenuto dalla spremitura della canna, subito dopo la raccolta fatta a mano, fatto poi fermentare dai 4 ai 10 giorni per trasformarne tutta la componente zuccherina in alcol. Il mosto viene poi distillato in alambicchi in rame con metodo discontinuo, operazione questa affidata alla Distilleria Giovi, nota per l’accurata lavorazione artigianale. Il risultato è un distillato con un volume alcolico che va dal 75 all’85% che, dopo alcuni mesi di riposo, viene portato al 52% e quindi imbottigliato. Prodotto in piccoli lotti (200 le bottiglie disponibili dal fine giugno), dal colore trasparente, Avola Rum è un distillato di alta qualità, dal gusto complesso, con accentuati sentori floreali e fruttati: un prodotto dedicato agli amanti dei rum agricoli, ma anche perfetto per la miscelazione.

  Protagonista di questo progetto, partito alcuni anni fa, è Corrado Bellia, fondatore di Avola Rum, un nuovo brand che da fine del prossimo mese di giugno lancerà sul mercato un rum 100% made in Sicilia. Più precisamente, ad Avola. Bellia ha infatti scoperto che proprio nella cittadina del siracusano, nota per il vino e le mandorle, per oltre 200 anni si è prodotto anche dell’ottimo rum. 




Approfondendo le sue ricerche, sulla scorta di un testo del 1878 del botanico Giuseppe Bianca (Monografia agraria del territorio di Avola), è venuto a capo di questa storia. L’affascinante storia della canna da zucchero in Sicilia prende il via nell’800 dc, quando vi fu introdotta dagli arabi e la cui coltivazione si diffuse in tutta l’isola, dando vita a una fiorente produzione di zucchero. La coltivazione si interrompe nel XVII, a causa dei cambiamenti climatici, che ridussero la disponibilità di acqua, della quale la canna ha elevati consumi. Ma non ad Avola, dove proseguì nelle proprietà dei Marchesi Pignatelli d’Aragona Cortes, imparentati con i re di Spagna, dove il succo della canna non solo veniva trasformato in zucchero, ma anche «nella più bella qualità di Rhum che vendesi a caro prezzo». Una produzione, quella del distillato, che nella cittadina è proseguita fino a fine Ottocento. Una tradizione che rinasce Ma il testo di Bianca, oltre che la storia della canna da zucchero e del rum in Sicilia, racconta nel dettaglio anche le tecniche di coltivazione della prima e della produzione del secondo adottate all’epoca ad Avola. Da queste preziose informazioni è patito Bellia per creare il suo distillato. Avola Rum è infatti preparato con canna da zucchero proveniente dalla piantagione creata da Bellia ad Avola dove il clima, grazie all’alternanza di estati calde e inverni miti, favorisce la regolare crescita della pianta. 




sabato 20 marzo 2021

Dalla riforma della PAC al ruolo dell’AKIS

 NinoSutera

Dalla riforma della PAC al ruolo dell’AKIS

ovvero

il ritorno al futuro


 Non è la prima volta che  Dario Cartabellotta  elabora formule inedite , che contengono una forte spinta innovativa.

 


L'Assessorato all'Agricoltura  nella prospettiva della nuova programmazione mira ad riappropriarsi del ruolo strategico dell'economia della conoscenza, attraverso la  consulenza, l'informazione,  l'innovazione e la ricerca  in agricoltura. 

La situazione congiunturale complessiva impongono scelte lungimiranti, capaci  di    valorizzare le esperienze di successo di tanti colleghi che se pur in quiescenza, posseggono un patrimonio di informazioni, conoscenze e professionalità, che chiaramente non vanno mai  in pensione.

In quest’ottica  il Dipartimento Agricoltura della Regione Siciliana  ha pubblicato un avviso pubblico http://pti.regione.sicilia.it/portal/pls/portal/docs/152879848.PDF rivolto a     soggetti esperti e competenti in quiescenza  L’obiettivo è la costruzione di quell’insieme di “organizzazioni e soggetti che operano in agricoltura, e di legami e interazioni fra loro, impegnati nella produzione, trasformazione, trasmissione, conservazione, recupero, integrazione, diffusione e utilizzo della conoscenza e dell’informazione, con lo scopo di lavorare sinergicamente per supportare il processo decisionale e di risoluzione di problemi e l’innovazione in agricoltura

 

La conoscenza è considerata oggi la risorsa più importante nello sviluppo economico. La strategia di Lisbona, elaborata dal consiglio europeo, si pone l’obiettivo di trasformare l’Unione Europea nell’economia della conoscenza più dinamica e competitiva  .I mutamenti socio-economici degli ultimi decenni hanno contribuito a modificare il modo di essere e di operare delle aziende, in primis, ed è auspicabile che prima o poi il modus operandi interessi anche il contesto  politico amministrativo dei territori. In particolare, si è assistito ad un progressivo spostamento del baricentro dalle risorse materiali alle risorse immateriali. Molti sono i contributi teorici che hanno fatto assurgere le risorse immateriali e il fattore primigenio che le costituisce, la conoscenza, a ruolo centrale dei modelli esplicativi del modo di essere e di agire. 


La stessa Unione europea ha riaffermato, tra le priorità della politica di coesione, l’obiettivo strategico di promuovere lo sviluppo dell’economia della conoscenza insieme con la crescita dell’innovazione e dell’imprenditoria. Ha, inoltre, riconosciuto il miglioramento degli investimenti nel capitale umano (attraverso il miglioramento dell’istruzione e delle competenze) come strumentale e necessario alla creazione di nuovi e migliori posti di lavoro. Ad oggi, ed è un’ipotesi generalmente condivisa, per crescere e competere in un’economia globale è sempre più necessario investire in conoscenza, nella produzione di idee e talenti, quantificando il valore economico prodotto e scambiato sul mercato in termini non più solo di beni fisici ma soprattutto di beni immateriali. Le competenze, il know how, le conoscenze tacite e strutturate, la capacità innovativa, il marchio, la reputazione, la cultura aziendale, le relazioni con altri stakeholders hanno assunto un’importanza fondamentale nel processo di creazione di valore e, di conseguenza, nel decretare il successo.

 Il sistema della conoscenza e dell'innovazione in agricoltura (in inglese, AKIS - Agricultural Knowledge and Innovation System) è un "insieme di organizzazioni e soggetti che operano in agricoltura, e di legami e interazioni fra loro, impegnati nella produzione, trasformazione, trasmissione, conservazione, recupero, integrazione, diffusione e utilizzo della conoscenza e dell'informazione, con lo scopo di lavorare sinergicamente per supportare il processo decisionale e di risoluzione di problemi e l'innovazione in agricoltura"

La riforma della PAC 2021-2027: il percorso di programmazione strategica in Italia

 

Gli 11 Policy brief e le 10 SWOT sono strutturati per individuare fatti oggettivi che caratterizzano il sistema agricolo, alimentare e forestale e le aree rurali e analizzare i punti di forza, di debolezza, le opportunità e i rischi in relazione ai 9 obiettivi specifici e all'obiettivo trasversale sul sistema della conoscenza (Agricultural Knowledge and Innovation Systems – AKIS)

Con la pubblicazione della proposta di regolamento sulla futura PAC, a giugno 2018, la Commissione europea ha introdotto un nuovo modello di attuazione, che prevede l'elaborazione, da parte di ciascuno Stato membro, di un piano strategico nazionale le cui azioni dovranno concorrere al raggiungimento di 9 obiettivi specifici e un obiettivo trasversale, attraverso la programmazione e l'attuazione degli interventi previsti in entrambe i pilastri della PAC (finanziati dal FEAGA e dal FEASR).

Il percorso di riforma dei regolamenti non è ancora concluso, a causa del prolungarsi dei negoziati a livello comunitario, nel cui ambito uno degli elementi più discussi è proprio la strategia nazionale e le sue relazioni con il livello regionale, che per molti Stati membri - inclusa l'Italia - rappresenta sia un fattore di rilevanza istituzionale, che un valore aggiunto per garantire una maggiore coerenza tra fabbisogni territoriali e interventi finanziati. Oltre alla discussione sul regolamento, la tempistica è anche condizionata dal negoziato sul Quadro Finanziario Pluriennale 2021-2027 che tocca gli aspetti di bilancio e il cui sviluppo - includendo le dotazioni per la PAC post 2020 - è in grado di influenzare le ambizioni contenute nel regolamento settoriale.

L PERCORSO ITALIANO

In un quadro normativo non ancora definito e consolidato, il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali (Mipaaf), in collaborazione con le Regioni e Province autonome - e con il supporto della Rete Rurale Nazionale - ha avviato le attività di approfondimento e di confronto indispensabili per costruire la cornice nel cui ambito definire le strategie di intervento, indipendentemente dalle caratteristiche nazionali o regionali che queste assumeranno.

L'approccio adottato vede, pertanto, il costante coordinamento con le strutture istituzionali nazionali, regionali e provinciali, attraverso l'organizzazione di un tavolo tecnico volto a: definire una base comune informativa (di dati e analisi) funzionale al lavoro; definire l'analisi di contesto e la SWOT; avviare la riflessione su strategia di intervento e risultati da raggiungere; strutturare un percorso di sistematizzazione delle esigenze settoriali e territoriali rispetto agli obiettivi della PAC.
Ai lavori del tavolo, oltre alle Regioni e Province autonome, partecipano amministrazioni centrali competenti su tematiche interessate, direttamente o indirettamente, dalla riforma della politica agricola (Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare - MATTM, Ministero dello Sviluppo Economico - MISE, Ministero della Salute, Presidenza del Consiglio dei Ministri con il Dipartimento della Protezione civile e il Dipartimento per le Politiche di Coesione), enti statistici e di ricerca (ISTAT, ISPRA, ENEA).

 

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