giovedì 21 marzo 2024

Le proposte della Commissione europea di modifica al regolamento di base sui Piani strategici della PAC 2023-2027

REGOLAMENTO DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO

che modifica i regolamenti (UE) 2021/2115 e (UE) 2021/2116 per quanto riguarda

le norme sulle buone condizioni agronomiche e ambientali, i regimi per il clima,

l'ambiente e il benessere degli animali, le modifiche dei piani strategici della PAC,

la revisione dei piani strategici della PAC e le esenzioni da controlli e sanzioni



  Le proposte della Commissione europea di modifica al regolamento di base sui Piani strategici della PAC 2023-2027 e al regolamento di base sul finanziamento della PAC 2023-2027.

 

Come evidenziato dalle  note iniziali sulle proposte delle modifiche, i servizi della Commissione europea hanno inteso fornire una risposta immediata di semplificazione della PAC - in termini legali - per gli agricoltori quali potenziali e correnti percettori del sostegno dell'Unione (e non tanto, quindi, la semplificazione degli oneri procedurali in capo alle Pubbliche amministrazioni). Ne consegue che i principali ambiti di semplificazione vengono proposti relativamente ai contenuti della "condizionalità" e nel tramutare taluni elementi di impegno agro-climatico ambientale da obbligatori (appunto la "condizionalità") a volontari ("eco-schemi").

 

Infine, si rappresenta che la stessa Commissione europea indichi al legislatore Consiglio Ue e Parlamento europeo di percorrere la procedura veloce (cosiddetto "fast track") per l'approvazione della proposta.

 

REGOLAMENTO

OLTRE GLI ALLEVAMENTI INTENSIVI

 


Per una riconversione agro-ecologica della zootecnia Manifesto Pubblico 

 

  In Italia, ma anche in Europa, e se volete nel mondo, ci si divide su tutto, o quasi. Nell'alimentazione per esempio c'è chi ritiene che il futuro è nel meno agricoltura e più industria, meno natura e più processi sofisticati. Potremmo fare 100 esempi o giù di lì, ma uno è molto ma molto significativo. L'avvento degli allevamenti super intensivi, capaci di massimilizzare il tempo e lo spazio, ha portato a l'innovazione più importante del secolo scorso, una trovata tanto geniale quanto stupida, nel 1950 erano necessari 70  giorni raggiungere il peso minimo, oggi ne sono sufficienti 48 con un peso di gran lunga superiore, oltre al fatto che onnicomprensivo nel prezzo si ha gratuitamente una buona dose di antibiotici, di ormoni, e altro. Chissà perchè però chi alleva polli,  o hanno a che fare con gli allevamenti, non consumano carne di pollo!!

 Il sistema zootecnico europeo, compreso quello italiano, richiede una grande quantità di risorse naturali (due terzi dei terreni agricoli europei sono destinati all’alimentazione animale) e produce grandi quantità di sostanze inquinanti. Gli impatti degli allevamenti intensivi, soprattutto nelle zone in cui queste attività sono più concentrate, come la Pianura Padana, sono ormai ampiamente documentati: riguardano principalmente le emissioni di ammoniaca (NH3) e il conseguente inquinamento da polveri fini (PM 2,5), responsabili ogni anno di migliaia di morti premature in Italia. Le grandi quantità di azoto prodotto rappresentano inoltre un problema per l’inquinamento del suolo e dei corpi idrici, soprattutto nelle regioni ad alta densità zootecnica. Da tempo il sistema zootecnico è soggetto a cicliche crisi in parte legate alle sue stesse caratteristiche: l’elevata dipendenza da input esterni (energia, mangimi, acqua) lo rende infatti particolarmente fragile, così come le condizioni di allevamento (tanti animali geneticamente simili rinchiusi in spazi ristretti) lo rendono vulnerabile alle epidemie sempre più frequenti. Questo ne fa un sistema non in grado di autosostenersi dal punto di vista economico, ma bisognoso di continui e ingenti aiuti pubblici, europei e nazionali. 

La continua necessità di enormi quantità di mangimi rende il sistema zootecnico italiano fortemente dipendente dall’estero: quasi il 60% dei cereali e delle farine proteiche impiegate per produrre mangimi sono importati da Paesi extra UE, con un impatto ambientale enorme per la perdita di biodiversità a causa della distruzione delle foreste primarie e l’utilizzo di pesticidi, in particolare per la produzione di mais e soia in paesi del sud America come Argentina e Brasile. Una domanda così alta non può trovare risposta in un aumento delle produzioni nazionali ed europee, dove circa ⅔ dei terreni agricoli sono già dedicati all’alimentazione animale, per questo è necessario cambiare il modello, superando il concetto di “allevamenti senza terra”. 


La proposta di legge, promossa da Greenpeace Italia, ISDE, Lipu, Terra! e WWF, intende modificare in senso agroecologico proprio quelle caratteristiche del nostro sistema zootecnico che sono alla radice dell'insostenibilità ambientale ed economica del settore, a partire dai metodi di allevamento e dall’eccessivo numero di animali allevati, nonché dalla dipendenza dai prodotti farmaceutici (antibiotici), avendo come obiettivo anche quello di migliorare il benessere degli animali. Piccole aziende e qualità al centro: la nostra proposta La proposta di legge vuole gettare le basi per una riconversione del settore zootecnico che metta al centro, tanto delle politiche quanto dei meccanismi di sostegno, le aziende agricole di piccole dimensioni che adottano metodi agroecologici, e non più il sistema dei grandi allevamenti intensivi così come avviene attualmente (a titolo di esempio, l’80% dei fondi europei per l’agricoltura italiana finisce nelle casse di un 20% di grandi aziende agricole). L’obiettivo è quello di creare le condizioni per un sistema produttivo che sia ripensato sulla piccola scala, con margini di guadagno più equi per i produttori e con politiche di sostegno ai prezzi che permettano a tutta la popolazione di accedere a cibi sani e di qualità, che rispondano ai valori positivi del “Made in Italy”. Una transizione di questo tipo non può realizzarsi evidentemente senza una riduzione dei volumi di produzione e di consumo, tenendo presente che il consumo medio di carne e altre proteine animali in Italia è superiore a quello consigliato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) e che una considerevole parte della nostra produzione è destinata all’esportazione. La transizione ecologica della zootecnia deve essere un percorso condiviso fra allevatori, produttori e consumatori, che metta in campo meccanismi per il riconoscimento del giusto prezzo ai prodotti di origine animale di qualità. Il cambiamento non può che partire da un freno all’ulteriore espansione di queste attività, in particolare nelle zone che già subiscono le conseguenze di un eccessivo carico zootecnico, come molte aree della Pianura Padana. Per questo, un provvedimento di moratoria sull’apertura di nuovi allevamenti intensivi o sull’aumento del numero di animali allevati in quelli già esistenti è parte integrante della proposta di legge. Naturalmente, tale provvedimento non riguarda gli allevamenti di piccola dimensione che non rientrano nella definizione di intensivo e che praticano il pascolo all’aperto. Il percorso di transizione: verso una zootecnia in chiave agroecologica Un cambiamento di questo genere deve essere affrontato in modo graduale, prendendo però atto della sua urgenza e necessità. Per questo nella proposta di legge è prevista l’elaborazione di un Piano di riconversione del settore zootecnico che contempla incentivi economici e tecnici per sostenere le aziende verso l’adozione di pratiche sostenibili, che dovranno essere definite sulla base di obiettivi fissati quali la tutela della biodiversità, la circolarità delle risorse e dei nutrienti. Inoltre, il Piano fornirà indirizzi e strumenti per diminuire la competizione tra alimenti per le persone e mangimi per gli animali. Infine, il Piano dovrà dedicare la giusta attenzione a programmi di educazione alimentare per promuovere diete sane ed equilibrate con la necessaria riduzione dei consumi di carne e di altre proteine di origine animale. Tutelare salute, ambiente e accesso al cibo: una proposta trasversale In conclusione, la proposta di legge si inserisce in un’ottica di riconversione in chiave agroecologica del sistema zootecnico italiano: non prevede la chiusura degli allevamenti già in funzione, ma una moratoria immediata sull’apertura di nuovi allevamenti intensivi e sull’aumento del numero di animali allevati in quelli già esistenti, nell’attesa dell’implementazione di un piano nazionale di riconversione dei modelli di allevamento più impattanti, che dedichi adeguate risorse economiche a sostegno della transizione ecologica delle aziende. Per questo la proposta, elaborata da Greenpeace Italia, ISDE, Lipu, Terra! e WWF, si rivolge agli attori istituzionali, economici e sociali in modo ampio e trasversale e, in primis, alle forze politiche di tutto l’arco parlamentare, nella convinzione che essa possa costituire un passo in avanti nella tutela della salute, dell’ambiente e dei diritti degli animali, coerente con le modifiche introdotte agli articoli 9 e 41 della Costituzione, e un riferimento nel percorso per la revisione del Codice dell’Ambiente. Invitiamo quindi tutte le realtà che ne condividono lo spirito a sottoscrivere questo manifesto e a mettersi in contatto con le associazioni promotrici.

Il Laboratorio didattico Rur@Lab

 NinoSutera

  •      E'uno spazio web dedicato ai formatori, in particolare a coloro che svolgono attività di formazione professionale per gli agricoltori o più in generale per gli operatori privati e pubblici del settore agroalimentare.  Il laboratorio mette a disposizione percorsi formativi su tematiche riguardanti l'agricoltura e lo sviluppo rurale e strumenti che possono facilitare la progettazione, la produzione e la gestione di lezioni e materiali didattici da utilizzare nei corsi di formazione professionale.

    Il Laboratorio didattico Rur@Lab è stato sviluppato nell’ambito del programma della Rete Rurale Nazionale 2014-2020, scheda progetto CREA 12.1 – Formazione, accorpata successivamente nelle attività della scheda 25.1 dedicata al Sistema della conoscenza e dell’innovazione nell’agroalimentare italiano. Per maggiori informazioni sulle attività progettuali, visitare la pagina dedicata nel Portale dedicato all’innovazione.  Gli strumenti ed i materiali prodotti sono liberamente utilizzabili previa citazione della fonte: Rur@Lab – Rete Rurale Nazionale 2014-2022

  •  CORSO PER CONSULENTI

lunedì 18 marzo 2024

MENÙ FILM CIBO 2024

 NinoSutera


BANDO APERTO PER CORTOMETRAGGI SUL FOOD

SCADENZA: 28 giugno 2024

2025 SICILIA REGIONE DELLA ENOGASTRONOMIA EUROPEA

Puntando i riflettori sulla gastronomia regionale,   il tuo cortometraggio dovrà svolgere un ruolo chiave nel sensibilizzare l'opinione pubblica sull'importanza dell'unicità culturale e alimentare e contribuire a un futuro più sostenibile.

Scatena la tua creatività e diventa un ambasciatore della diversità culturale e alimentare!

TEMA del

2024

STORIE DI CIBO

Siamo affamati di storie incredibili che hanno come protagonista il patrimonio alimentare delle regioni di tutto il mondo!

Ogni regione racchiude innumerevoli storie gastronomiche affascinanti in attesa di essere raccontate. Prodotti alimentari locali, ricette, produttori alimentari, chef, tradizioni alimentari, innovazioni alimentari, tecniche e pratiche alimentari, paesaggi alimentari o patrimonio costruito relativo alla gastronomia regionale – solo per citarne alcuni – sono tutti protagonisti ammissibili del tuo cortometraggio.

Gli argomenti idonei dei cortometraggi includono (ma non sono esclusivi di):

  • Ambiente, sostenibilità e cibo
  • Giovani agricoltori, pescatori e apicoltori
  • Esperienze dei visitatori legate al cibo
  • Regali artigianali enogastronomici e artigianali
  • Giovani chef ambasciatori
  • Regioni mondiali ed europee della Gastronomia nominate, candidate e/o premiate

C'era una volta, e c'è ancora il papiro di Sicilia

 Fino a qualche anno addietro sembrava il tentativo isolato di taluni che mostravano un timido interesse verso  culture antiche in chiave moderna.

Il Dipartimento chiaramente non può che accompagnare questo processo, con le azioni proprie per incoraggiare questo fenomeno. Ed è così che dopo la canapa, l’agave,la canna da zucchero, il caffè, il cotone, il baco da seta, si scopre che l’unica città europea dove cresce il papiro è la Sicilia.

Nelle terre fertili della Sicilia, sorge un enigma avvolto dal verde lussureggiante del papiro, custode di una pratica millenaria. È qui, in questa città siciliana unica, che il mistero della coltivazione del papiro in Europa continua a sfidare il tempo.

La Sicilia, una terra dai panorami mozzafiato e dalle sorprese senza fine, affascina non solo con le sue coste incantevoli e la sua storia millenaria, ma anche con le sue coltivazioni caratteristiche. Oltre al cotone, prezioso tessuto che da secoli lega l’isola al mondo della moda, vi è un’altra meraviglia vegetale che cattura l’attenzione dei visitatori: il papiro.

Il papiro, una pianta antica dalle molteplici utilità, era ampiamente utilizzato dai Romani e nel medioevo europeo. In Sicilia, la presenza di questa pianta risale probabilmente al III secolo a.C., secondo molti storici. Tuttavia, la sua diffusione è stata progressivamente ridotta a causa delle opere di bonifica che hanno trasformato l’habitat favorevole alla sua crescita.

L’Incontro tra il Fiume e la Terra: La Ricchezza del Papiro a Siracusa

Il fiume Ciane, a Siracusa, e il Nilo, sono entrambi custodi rigogliosi del papiro lungo le loro sponde. Questa affascinante similitudine tra l’Egitto e la Sicilia conferisce all’isola il primato unico in Europa per la presenza di questa antica pianta egizia. A Fiumefreddo di Sicilia, nel 1632, fu documentata la presenza del papiro, mentre a Siracusa, diversi anni più tardi, nel 1674.

Una Tappa Imperdibile nel Viaggio in Sicilia: Il Museo del Papiro

A Fiumefreddo di Sicilia sorge uno straordinario museo interamente dedicato al papiro, fondato da Michele Patané, un appassionato papirologo. Questo museo offre un’immersione completa nella storia e nell’utilizzo di questa pianta millenaria.

Tra Leggenda e Realtà: Il Papiro di Ortigia

Ad Ortigia, nel cuore di Siracusa, si trova un altro scrigno di tesori legati al papiro: il Museo del Papiro “Corrado Basile”. Qui, tra mito e storia, si possono ammirare gli antichi rotoli di papiro e scoprire i molteplici utilizzi di questa straordinaria pianta. MUSEO

La Leggenda del Papiro in Sicilia: Un’Origine da Svelare

L’origine del papiro in Sicilia rimane avvolta nel mistero. Alcuni sostengono che sia stato importato dall’Egitto, mentre altri ipotizzano che crescesse naturalmente sull’isola. La presenza del fiume Papireto a Palermo suggerisce addirittura che il nome stesso potrebbe derivare dalla presenza antica del papiro lungo le sue rive.

domenica 17 marzo 2024

NORMATIVA EU SUI SUOLI

“Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sul monitoraggio del suolo e la resilienza (Normativa sul monitoraggio del suolo)”. 

 


La Commissione ambiente del Parlamento europeo (ENVI) ha adottato (seduta del 11 marzo 2024) una relazione sulla prima legge europea sui suoli sani entro il 2050, imponendo ai Paesi di migliorare lo stato ecologico dei loro suoli. 

La bozza impone ai Paesi dell’UE di trasformare:

- i “suoli criticamente degradati” in “suoli degradati” entro dieci anni. 

- i “suoli degradati” devono migliorare fino allo stato ecologico “moderato” entro sei anni.

- quelli con uno stato “moderato” devono raggiungere uno stato ecologico “buono” entro lo stesso periodo.

 Inoltre è stata concordato di dare ai paesi dell’UE maggiore flessibilità creando tre diversi livelli di progettazione del monitoraggio del suolo, con descrizioni e criteri sanitari diversi. 


 DIRETTIVA

sabato 16 marzo 2024

AGROINDUSTRIA O AGRICOLTURA CONTADINA?

L'agricoltura o le agricolture? 

La diatriba di questi giorni, può essere tranquillamente ridotta a un conflitto, tra agroindustria super intensiva (nord e europa) con interessi inconfessabili, e l'agricoltura mediterranea,  rappresentata  da piccole e medie aziende a conduzione familiare, che non ha niente da dividere con la prima.


Dedichiamo questo scritto a una prima riflessione sull’agricoltura contadina, non prima di ribadire dei concetti base:

 -      L'80% delle risorse europee va a una piccola lobby (20%)di aziende capitaliste. 

  -   L’81% dei Azionisti di     maggioranza,(cittadini, contribuenti, consumatori) si dicono preoccupati per l’impatto ambientale dei pesticidi e per il 75% hanno timori rispetto all’impatto dei pesticidi sulla salute umana, come riporta un recente sondaggio della società di analisi di mercato Ipsos. 

  -   Le strategie del Green Deal, come la Strategia Farm to Fork e la Strategia Biodiversità 2030, sono politiche lungimiranti 

Seppure oggetto di dibattito internazionale da quasi un secolo, è stata generalmente considerata marginale, ritenendo erroneamente che fosse destinata a scomparire sotto i colpi del processo di modernizzazione. Tuttavia, alcuni elementi qualificanti di questa agricoltura – assunta come inefficiente, improduttiva ed arretrata – costituiscono quella che emerge essere la forma più diffusa, in Italia e nel mondo, di coltivazione: l’agricoltura familiare, ritornata al centro di un intenso dibattito  

Molteplici sono stati gli studi specificatamente incentrati sulla persistenza e trasformazione del modo di produrre contadino (Cavazzani 2009; Corrado 2013a, 2013b; Giunta 2014; Pérez-Vittoria 2007; Pieroni, 2008; Van der Ploeg 2006, 2009; Vitale 2013; Sivini 2013a; 2013b). Alla luce di questi studi, ma soprattutto delle dinamiche di mobilitazione e rivendicazione tradotte in proposte politiche, con questa raccolta di contributi si è focalizzata l’attenzione sulle proposte di legge in discussione per comprendere quale sia lo spazio per l’agricoltura contadina in Italia.

L’intervento di Antonio Onorati fa il punto sulle condizioni e le prospettive delle “agricolture” italiane. Da una parte vi è l’industria agroalimentare orientata all’esportazione, sempre meno italiana nonostante l’intenso intervento pubblico, considerata strategica nel rispondere attivamente alla crisi dell’agricoltura ed alla caduta dei consumi, rilanciando il Made in Italy.
Onorati dimostra come all’esiguità del numero di imprese di grandi dimensione capaci di proiettarsi sui mercati globali, superando gli alti costi d’ingresso, corrisponde un dominio sul comparto tanto forte da determinare le politiche pubbliche e esercitare una competizione, a tratti sleale, nei confronti dell’intera agricoltura italiana. Ciò avviene soprattutto a scapito di quelle piccole e medie aziende dell’agroalimentare che, grazie ad un carattere fortemente territoriale, dovrebbero essere, scrive Onorati, “il riferimento assoluto del ‘Made in Italy’”, perché capaci di realizzare prodotti alimentari “eccellenti” ed “inimitabili”. É proprio su queste piccole e medie aziende che si esercita la pressione verso l’abbassamento dei prezzi pagati alla produzione agricola. Dall’altra parte vi è l’agricoltura contadina, articolata su una miriade di piccole e piccolissime imprese agroalimentari. Fondata su una razionalità economica centrata sull’acquisizione di reddito (esclusivo o aggiuntivo) attraverso il lavoro, fortemente radicata nei territori e prevalentemente orientata al mercato locale, ha sviluppato una gestione dell’attività produttiva finalizzata all’autonomia, almeno relativa, dal mercato. Essa rimane, dice Onorati, la struttura su cui continua a poggiare il sistema agroalimentare italiano, nonostante la competizione iniqua con il modello agricolo industriale dominante.

Questo modo di produrre, dunque, lungi dall’essere un problema, rappresenta non solo una risorsa per la sostenibilità dello sviluppo economico italiano ma, più in generale, per la salvaguardia e la valorizzazione delle dimensioni sociali ed ecologiche del sistema agro-alimentare. Queste, ci sembrano, le considerazioni più importanti che hanno portato alle proposte di legge che il parlamento non è stato capace di approvare, per interessi ostili.

 L’articolo di Isabella Giunta ne sintetizza i tratti salienti, mostrando come tali proposte, inserendosi nelle pieghe della “svolta verde” della Comunità Europea e dell’attenzione verso l’agricoltura familiare della Fao, siano innanzitutto il risultato di un intenso ed effervescente dibattito sociale, stimolato a livello internazionale dai movimenti contadini, e nei territori da diverse iniziative innovatrici   Un dato che ci sembra emergere da questo dibattito, in parte riflesso nelle proposte di legge, riguarda una serie di elementi che specificano l’agricoltura contadina rispetto alla categoria di agricoltura familiare, la quale, come è noto, nella formulazione della Fao si riferisce al controllo ed alla gestione familiare dei più importanti fattori produttivi (terra e lavoro), con esplicito riferimento alle funzioni economiche, ambientali, sociali e culturali (Fao 2014). Ci sembra che l’innovazione apportata dalla riflessione sull’agricoltura contadina sia la qualificazione di queste dimensioni e delle interconnessioni interne che permettono di prospettare un sistema locale di produzione. Così, nella difesa della “dignità del lavoro” e nella richiesta di rendere ad esempio accessibili le terre demaniali, terra e lavoro cessano di essere concepiti come meri fattori produttivi, acquisendo una natura sociale legata, rispettivamente, all’attività lavorativa come spazio di esistenza e fonte di reddito ed alla terra come bene comune o comunque collettivo; da qui, si comprende come l’elemento soggettivo della produzione (il lavoro) possa avere con la terra non esclusivamente un rapporto di proprietà (privata), ma una miriade di relazioni “altre”, che le analisi sulle società non capitalistiche hanno spesso classificato sotto le nozioni di uso e possesso. Nella medesima logica, il rimando all’agroecologia, alla biodiversità e all’economia solidale prospettano la necessità di tener in conto gli effetti sociali ed ecologici sull’ambiente circostante.

Quest’ultimo nesso, e le sfide aperte dal riconoscimento istituzionale del modo di produrre contadino, viene affrontato nell’articolo di Adanella Rossi e Davide Biolghini, con riferimento all’economia solidale quale “particolare cornice di senso” entro cui l’agricoltura contadina multifunzionale interagisce con i contesti socio-ambientali in cui opera. L’enfasi qui è sulla “gestione etica dell’attività” e delle risorse locali, tema intorno al quale si sono sviluppate una molteplicità di pratiche sociali innovative quali, per esempio, i civic food networks.

Evidentemente, una delle sfide cruciali insite nel riconoscimento istituzionale riguarda l’insieme delle condizioni capaci di garantire la riproduzione, secondo la sua specifica razionalità, del modo di produrre contadino. L’articolo di Yvonne Piersante affronta una delle condizioni interne essenziali del processo di riproduzione, ossia il controllo sulle sementi quale diritto collettivo, percorso già intrapreso, anche se molto timidamente, dalla Fao, ma centrale nella proposta Zaccagnini. L’autrice mostra come da questo diritto dipenda il recupero, la conservazione e l’ulteriore sviluppo della biodiversità e, più in generale, della cura del territorio.



L’intervento di Giuseppe Gaudio e Palmerino Trunzo, infine, affronta una questione fondamentale non solo per l’agricoltura contadina, ma in generale per l’agricoltura italiana: il ricambio generazionale, che è trasmissione di conoscenza e saperi produttivi. Non si tratta soltanto di favorire l’accesso alla terra in un momento in cui il “ritorno in agricoltura”, emerso come nuovo fenomeno sociale, è sempre più caratterizzato dall’attenzione all’ambiente, al paesaggio, all’inclusione sociale, alla qualità della vita: “una sfida etica e culturale prima che tecnica”, scrivono i due autori. Si tratta anche di predisporre politiche pubbliche capaci di accompagnare questo processo, prospettando un approccio globale ed integrato. Dal momento che sono proprio le ‘generazioni future’ ad essere continuamente chiamate in causa nei documenti istituzionali sulla sostenibilità, in realtà, esse non possono essere pensate solo come destinatarie: i giovani devono infatti essere parte costitutiva del processo che li riguarda.

L’approvazione di una legge per l’agricoltura contadina, a tutela della sua specificità e che ne valorizzi l’eterogeneità, può essere un importante strumento per costruire spazi di manovra e di agibilità politica, necessari non solo alla resistenza e alla riproduzione delle piccole e medie aziende contadine, ma anche per costruire percorsi di innovazione economica e sociale, per la gestione dei beni comuni, per rispondere ai bisogni sociali, per creare reddito e impiego, per dare riconoscimento e fare emergere pratiche e circuiti economici, oggi in parte informali, finalizzati all’autoconsumo o ai consumi locali. Tale strumento potrebbe essere particolarmente importante per le aree interne o montane (di cui si occupa anche questo numero), in cui l’agricoltura e l’allevamento soffrono spesso ulteriori vincoli, fisico-spaziali, ambientali, socio-demografici ed infrastrutturali. Ma, in generale, si produrrebbe un utile quadro, adatto all’eterogeneità dei soggetti produttivi presenti nelle campagne italiane, entro cui imprimere una nuova dinamicità ai processi di sviluppo rurale, per sperimentare nuove politiche e pratiche per la sovranità alimentare e l’economia solidale, a livello locale e regionale. Certamente, l’approvazione di questa legge sarebbe un importante passo nel cammino verso l’istituzionalizzazione della proposta della sovranità alimentare, promossa dai movimenti sociali a livello internazionale, a cui altri paesi membri e le istituzioni europee potrebbero guardare con interesse, come già sta facendo la Fao. Ciò comporta ripensare la questione agraria come “questione del cibo”, ponendo particolare enfasi sulla necessità di promuovere la riterritorializzazione dei sistemi alimentari, in modo da favorire forme di produzione e consumo ecologicamente e culturalmente appropriate. In questo senso, riconoscere giuridicamente l’esistenza del soggetto produttivo contadino, con le proprie specificità e il connesso diritto a vederle rispettate grazie a misure e strumenti appropriati, significa anche promuoverne il ruolo cruciale svolto nella garanzia dell’accesso al cibo per tutti. Vale la pena, infatti, sottolineare che, secondo stime della Fao (2014), queste agricolture assicurano alla popolazione mondiale attuale, sempre più concentrata nelle aree urbane o metropolitane, più dell’80% degli alimenti consumati su scala globale. Il ricco dibattito a livello internazionale, ospitato in particolare dalla rivista Journal of Peasant Studies, evidenzia alcune criticità: i processi di proletarizzazione, la crescita della popolazione urbanizzata e il conseguente aumento della domanda di cibo nelle città, le differenti possibilità di accesso ad un “cibo di qualità” in funzione dell’appartenenza di classe, le condizioni del lavoro all’interno del sistema agroalimentare, l’organizzazione dei mercati e dei circuiti di distribuzione (si veda in particolare il dibattito tra Henry Bernstein e Philip McMichael). Evidentemente, si tratta di questioni aperte, su cui i movimenti sociali e contadini, insieme alla ricerca, devono continuare ad interrogarsi, sollecitando soluzioni politiche

 

Winery Tasting Sicily tra I 10 migliori siti web

 

 

Presentati in occasione di un evento di gala tenutosi a Lappeeranta ( Saimaa, Regione europea della gastronomia 2024 , Finlandia), i 10 migliori siti web IGCAT per foodie travellers 2024 offrono esperienze uniche, creative, culturali e gastronomiche da tutto il mondo. Degustazioni enogastronomiche, visite ad aziende agricole o fabbriche, corsi di cucina, esperienze legate all'artigianato, percorsi enogastronomici, mercati o fiere enogastronomiche, musei o siti del patrimonio legati al cibo ecc. Queste sono solo alcune delle esperienze che si possono trovare sui siti web premiati che si impegnano a promuovere la gastronomia locale, i produttori e le culture alimentari distintive.

La presidente dell'IGCAT,  Diane Dodd PhD,  ha riferito che "la giuria ha applaudito tutti i siti web partecipanti per il loro impegno nel coltivare relazioni più significative tra la gente del posto e i visitatori internazionali, dando visibilità internazionale a esperienze culinarie e culturali di nicchia e, inoltre, sostenendo le microimprese, soprattutto in aree rurali in cui l’impatto economico può fare davvero la differenza. Il loro contributo allo sviluppo territoriale sostenibile è solo parte del loro fascino, ma la creatività delle esperienze gastronomiche non smette mai di stupirci”.

Alla presenza di ospiti internazionali e stakeholder locali coinvolti nell'anno del titolo di Saimaa, sono stati annunciati i primi 10 siti web selezionati tra le candidature globali, fornendo un elenco davvero allettante. La giuria ha notato che nove dei dieci progetti selezionati provengono dalle regioni mondiali ed europee della gastronomia e lo ha giustificato, poiché questi siti web si distinguevano per i loro valori eccezionali legati al sostegno delle economie circolari e della loro creatività. 

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Proprietà antitumorali e antinfiammatorie dell'aglio nero

 “Anti-Cancer and Anti-Inflammatory Properties of Black Garlic”. La ricerca, svolta da Institute of Health Sciences e Department of Human Immunology della Rzeszów University (Polonia) ha preso in esame i composti bioattivi dell’aglio nero (Black garlic-BG), come il piruvato e la S-allilcisteina (SAC), sottolineando i benefici per la salute, gli effetti antitumorali e antinfiammatori. Questa azione regola efficacemente i livelli di zucchero nel sangue, riduce la perossidazione lipidica e mitiga lo stress ossidativo. La ricerca sul ruolo delle sostanze fitochimiche dell’aglio nero si dimostra promettente anche nelle applicazioni antitumorali dirette.


L'aglio nero (BG) è una forma fermentata di aglio ( Allium sativum L. ), prodotta a temperature, umidità e periodi di tempo precisamente definiti. Sebbene l’aglio sia utilizzato da migliaia di anni, l’aglio nero è una scoperta relativamente nuova. Ci sono molti composti bioattivi nell’aglio nero che gli conferiscono proprietà medicinali, comprese proprietà antinfiammatorie e antitumorali. Nel nostro articolo di revisione, presentiamo studi scientifici che esaminano gli effetti antinfiammatori e antitumorali dell’aglio nero. Secondo la ricerca, questo effetto è dovuto principalmente alla riduzione della produzione di citochine proinfiammatorie, nonché alla capacità di eliminare i radicali liberi dell’ossigeno e indurre l’apoptosi. Inoltre, le sostanze fitochimiche in esso contenute hanno proprietà antiproliferative e antiangiogeniche e inibiscono la crescita delle cellule tumorali. L’aglio nero è una preziosa fonte di sostanze biologicamente attive che possono supportare la terapia antinfiammatoria e antitumorale. Rispetto all’Allium sativum, l’aglio nero ha meno effetti collaterali ed è più facile da consumare.

L'aglio ( Allium sativum L. ) è una pianta vegetale a radice superficiale appartenente alla famiglia delle Alliaceae  Originaria dell'Asia occidentale e della costa mediterranea, questa pianta è ampiamente distribuita in tutto il mondoAllium sativum comprende due sottospecie: A. sativum varietà sativum (aglio dal collo tenero) e A. sativum varietà ophioscorodon (aglio dal collo duro)  Ci sono differenze tra entrambe le sottospecie in termini di struttura. La testa dell'aglio duro ha un collo duro e da sei a undici spicchi che circondano un gambo legnoso, mentre l'aglio morbido non ha la parte superiore del fiore, contiene fino a ventiquattro spicchi e ha uno stelo morbido e centraleL'aglio può crescere nelle zone a clima temperato e caldo ed è perenne. 
L'aglio è stato utilizzato nella medicina tradizionale di tutto il mondo fin dai tempi antichi per le sue preziose proprietà benefiche per la saluteI risultati della ricerca scientifica indicano una serie di proprietà benefiche per la salute: proprietà epatoprotettive, nefroprotettive, immunomodulanti, antiallergiche, antiossidanti e antitumorali  Il suo sapore e il suo odore sfavorevoli ne hanno recentemente ridotto significativamente il consumo in tutto il mondo, ad eccezione di Cina e India  Consumare aglio crudo in quantità tale da ottenere enormi benefici per la salute del paziente è difficile a causa del suo sapore e odore pungenti  







Lo stato di salute del “Made in Italy” agroalimentare

 Prima la pandemia e successivamente la guerra hanno contribuito inevitabilmente a ridisegnare i sentieri di crescita dei sistemi agroalimentari. Il sud in difficoltà rispetto alle nuove sfide (infrastrutture viarie e telematiche)

Guerra e pandemia hanno avuto importanti effetti sull’economia mondiale, ma come hanno reagito i sistemi agroalimentari?

Il Paper si focalizza in particolar modo sul modello italiano e sulla sua capacità di adattamento alle crisi di diversa natura. • L’altalena dei prezzi dei fattori produttivi in questi ultimi mesi ha destato molte preoccupazioni ai produttori agricoli, come anche gli eventi siccitosi dell’ultimo anno. Ma il settore ha mostrato una resilienza inedita. L’agricoltura italiana è più viva che mai e l’immenso patrimonio di valori che esprime continua ad alimentare la corsa del Made in Italy alla conquista dei mercati, con il record di 60 miliardi di euro di export nel 2022. • Nell’ultimo triennio in Italia il commercio elettronico ha registrato una crescita prossima al 50% e molte delle imprese agroalimentari hanno intrapreso questo percorso. Nel 2022, il 48,2% della popolazione ha fatto acquisti online per un valore stimato che sfiora i 45 miliardi di euro. Il cibo si conferma tra i comparti più dinamici con una crescita del 17% rispetto al 2021, ma resta ancora lontano dai settori più importanti. Solo il 6,1% degli acquirenti online, infatti, si è rivolto alle piattaforme per acquistare prodotti agroalimentari, lontani dalle percentuali di chi acquista online abbigliamento (19,4%), articoli per la casa (10,3%), tecnologia (7,7%). Tuttavia, il tema del food delivery sembra aver superato la soglia della necessità e anche quella della moda temporanea, con 5 milioni di download nel 2022 per le 3 principali piattaforme di riferimento.




 • Seppure l’accesso alle innovazioni stia crescendo a ritmi serrati nel settore, con le imprese agricole digitalizzate che nell’ultimo decennio sono quadruplicate, la diffusione dell’innovazione sconta ancora divari territoriali e di dimensioni aziendali. È una questione di reti, di connessioni, ma anche di evoluzione dei servizi che occorre promuovere così da non lasciare indietro nessuno. Se incentivati, le innovazioni digitali e l’e-commerce potrebbero infatti aiutare la crescita dell’agricoltura italiana e dei prodotti Made in Italy. • L’Italia vive, inoltre, un forte ritardo infrastrutturale con 77 miliardi di euro di export perduto. Ad essere penalizzate in particolare le punte di eccellenza del Made in Italy, come il settore agroalimentare, tra i più colpiti, con 8 miliardi di euro di mancate esportazioni. Tutto questo richiama la necessità di investimenti e potenziamento delle infrastrutture materiali dell’Italia, senza dimenticare la rilevante questione della carenza idrica in cui versa il Paese. • Il Paper approfondisce il ruolo fondamentale che l’agricoltura italiana già svolge nella transizione ecologica e nella difesa dell’ambiente e del territorio, ma sottolinea anche la necessità di maggiori investimenti per rendere le filiere agroalimentari europee ed italiane ancor più sostenibili e competitive. Non ultimo, inoltre, evidenzia l’importanza dell’integrazione con i percorsi turistici in grado di convogliare arte, cultura e cibo: un percorso imprescindibile per rafforzare il legame tra turismo ed agroalimentare e renderlo un “patrimonio unico”.

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