Pubblichiamo il testo con
le regole di utilizzo del Marchio "Agricoltore allevatore custode
dell'agrobiodiversità" che diventerà operativo dal 2026
Il Decreto Ministeriale segna
una tappa fondamentale per il settore agricolo italiano, introducendo il
marchio collettivo figurativo “Agricoltore Allevatore Custode
dell’Agrobiodiversità” che intende valorizzare e promuovere le attività di
agricoltori e allevatori custodi, impegnati nella conservazione delle risorse
genetiche a rischio di estinzione o erosione genetica.
La creazione del marchio
è radicata nella Legge n. 194 del 1° dicembre 2015, volta alla tutela
della biodiversità di interesse agricolo e alimentare.
Tale norma ha
istituito strumenti chiave come:
L’Anagrafe Nazionale della
Biodiversità,
Il Comitato Permanente per la
Biodiversità,
La Rete Nazionale per la
conservazione delle risorse genetiche,
Il Portale Nazionale per il
monitoraggio e la diffusione delle informazioni.
Il marchio, operativo dal
1° gennaio 2026, rappresenterà un riconoscimento distintivo per gli
agricoltori e allevatori iscritti nella Rete Nazionale della Biodiversità,
rafforzando la visibilità delle loro attività e la percezione del valore del
loro lavoro.
Il marchio è definito
come figurativo e non commerciale, destinato esclusivamente ai servizi di
agricoltura e allevamento correlati alla conservazione delle risorse genetiche.
È regolato da precise norme d’uso che ne garantiscono l’integrità e
l’autenticità, evitando utilizzi impropri o commercializzazioni indebite. Tra
le regole principali:
deve essere accompagnato
dall’indicazione della specie, varietà o razza custodita.
non può essere integrato in
denominazioni sociali o sovrapposto ad altri marchi.
non è consentito il suo uso su
prodotti, etichette o packaging.
2) Modalità di utilizzo
del Marchio “Agricoltore Allevatore Custode dell’Agrobiodiversità”
Gli agricoltori e
allevatori interessati a utilizzare il marchio collettivo "Agricoltore
Allevatore Custode dell’Agrobiodiversità" devono seguire una
procedura precisa, definita dal Regolamento d’Uso incluso nel Decreto
Ministeriale n. 622857 del 9 novembre 2023.
1. Iscrizione alla Rete
Nazionale della Biodiversità
Gli agricoltori e
allevatori devono essere iscritti alla Rete Nazionale della
Biodiversità di Interesse Agricolo e Alimentare, che garantisce il
riconoscimento ufficiale come custodi delle risorse genetiche.
Come fare l’iscrizione
Inoltrare una richiesta tramite
il Portale Nazionale dell’Agrobiodiversità, seguendo la procedura
indicata.
Dimostrare di operare nella
conservazione "in situ" (nel proprio ambiente naturale) o
"on farm" (nel contesto aziendale) di specie, varietà o razze
vegetali e animali a rischio di estinzione o erosione genetica.
Soddisfare i requisiti stabiliti
dal D.M. 10400 del 24 ottobre 2018, che disciplina l'iscrizione alla
Rete.
2. Ottenimento
dell’Autorizzazione
Dopo la verifica dei
requisiti, il Ministero dell’Agricoltura, della Sovranità Alimentare e
delle Foreste (MASAF) autorizzerà formalmente l’uso del marchio.
L’autorizzazione viene comunicata
ufficialmente dal MASAF.
Solo a partire dalla data di
trasmissione dell’autorizzazione sarà possibile utilizzare il marchio.
3. Utilizzo conforme del
Marchio
Una volta autorizzati,
gli agricoltori e allevatori devono utilizzare il marchio rispettando le
indicazioni del Regolamento d’Uso. In particolare:
Ambiti Consentiti: Il marchio può
essere utilizzato in comunicazioni istituzionali, materiale promozionale e
documentazione aziendale che riguardano le attività di conservazione delle
risorse genetiche.
Indicazione delle Risorse: Ogni
utilizzo del marchio deve essere accompagnato dall'indicazione della
specie, varietà o razza custodita, riportata al di sotto del logo, con
carattere Calibri bold e dimensioni proporzionate al logo
stesso.
Limitazioni: È vietato l'uso del
marchio su prodotti, etichette o confezioni destinate alla vendita. Non
può essere integrato in denominazioni sociali né sovrapposto ad altri
marchi.
3)
Chi sono e come si diventa agricoltori e allevatori custodi
Agricoltori: coloro che si impegnano
nella conservazione in situ/on farm delle risorse genetiche
vegetali di interesse agricolo e alimentare locali, a rischio di
estinzione o erosione genetica. Operano principalmente all’interno delle
proprie aziende agricole, preservando specie e varietà tradizionali e
locali.
Allevatori: coloro che si dedicano
alla conservazione in situ/on farm delle risorse genetiche
animali, incluse razze autoctone o locali, anch’esse a rischio di
estinzione o erosione genetica.
Ogni regione ha un
suo registro delle risorse genetiche e un elenco degli
agricoltori e degli allevatori custodi come previsto dalla Legge 194
del 2015 che definisce gli agricoltori custodi come “gli
agricoltori che si impegnano nella conservazione, nell'ambito dell'azienda
agricola ovvero in situ, delle risorse genetiche di interesse
alimentare ed agrario locali soggette a rischio di estinzione o di erosione
genetica, secondo le modalità definite dalle regioni e dalle province
autonome".
Fermo restando quanto
previsto dalla legge 1° dicembre 2015 n. 194, secondo quanto stabilito
dall'art. 2 della Legge del 28.02.2024 n. 24, sono agricoltori
custodi dell'ambiente e del territorio gli imprenditori agricoli, singoli o
associati, che esercitano l'attivita' agricola ai sensi dell'articolo
2135 del codice civile, nonchè le società cooperative del settore agricolo e
forestale, che si occupano di una o più delle seguenti attività:
a.manutenzione
del territorio attraverso attività di sistemazione, di salvaguardia del
paesaggio agrario, montano e forestale e di pulizia del sottobosco, nonchè cura
e mantenimento dell'assetto idraulico e idrogeologico e difesa del suolo e
della vegetazione da avversita' atmosferiche e incendi boschivi;
b.custodia
della biodiversità rurale intesa come conservazione e valorizzazione delle
varieta' colturali locali;
c.allevamento
di razze animali e coltivazione di varietà vegetali locali;
d.conservazione
e tutela di formazioni vegetali e arboree monumentali;
e.contrasto
all'abbandono delle attività agricole, al dissesto idrogeologico e al consumo
del suolo;
f.contrasto
alla perdita di biodiversità attraverso la tutela dei prati polifiti, delle
siepi, dei boschi, delle api e di altri insetti impollinatori e coltivazione di
piante erbacee di varieta' a comprovato potenziale nettarifero e pollinifero.
L'Europa, quella politica e tecnocrate, nell'ultimo periodo pare che ha intensificato i sui sforzi per essere divisiva e contraddittoria. Per la verità ha ampiamente raggiunto l'obiettivo, stante il fatto che mentre una volta ai sondaggi sull'europa si risponda di essere fieri di essere cittadini d'europa, ora non più. L'europa, proprio per questa schizofrenia dirompente, viene sempre più percepita dai cittadini europei come un nemico da abbattere.
Ospitiamo un'analisi perfetta impeccabile di Dario Dongo, avvocato e giornalista, PhD in diritto alimentare internazionale, fondatore di WIISE (FARE - GIFT – Food Times) ed Égalité, ci descrive in parole semplici, perchè l'Europa ha tradito i cittadini europei, e perchè l'Europa agricola è diventata terra di nessuno.
L’Unione Europea è pronta ad attuare una trasformazione radicale della sua politica agricola, attraverso la proposta di deregolamentazione delle New Genomic Techniques (NGTs), o ‘nuovi OGM’. Questo progetto di riforma,sostenuto dal Parlamento europeofin dal 2019, e adottato dalla Commissione nel 2023, aveva finora incontrato leresistenze di alcuni Stati membri. I quali però hanno infine trovato un accordo, il 14 marzo 2025, per concludere i negoziati.
Questa svolta cruciale non è un motivo di giubilo per tutti coloro che, come chi scrive, difendono la biodiversità, l’integrità ambientale, la salute pubblica e i diritti degli agricoltori. Denunciando lo spregiudicato oltraggio al principio di precauzione, in barba al Trattato, e un attacco diretto alla sovranità alimentare dei popoli.
A seguire una critica non sterile di questa riforma sovversiva, per annotare le sue false premesse, le pericolose implicazioni ambientali e socio-economiche e l’oscuramento dei diritti dei consumatori a conoscere l’identità degli alimenti. Il mandato del Consiglio, lungi dal favorire l’innovazione, consoliderà il potere delle Corporation e minerà le basi stesse di un’agricoltura sostenibile ed equa.
Il 5 luglio 2023, la Commissione europea ha adottato una proposta legislativa per la deregulation dei nuovi OGM. I quali sono stati appositamente mascherati dietro gli acronimi NGTs (New Genomic Techniques) in inglese, TEA (Tecniche di Evoluzione Assistita) in italiano, per ingannare i cittadini e gli agricoltori e inibire la loro storica opposizione verso l’ingegneria genetica applicata ai nostri cibi.
La Commissione per l’Ambiente, la Sanità Pubblica e la Sicurezza Alimentare (ENVI) del Parlamento Europeo ha la responsabilità principale sul fascicolo, con la Commissione per l’Agricoltura e lo Sviluppo Rurale (AGRI) associata. Il Parlamento ha già adottato la sua posizione favorevole alla deregulation, come si è visto, il 24 aprile 2024.
Il mandato del Consiglio per i negoziati
Il mandato del Consiglio per i negoziati, concordato il 14 marzo 2025 sotto la presidenza polacca, rappresenta un passo significativo verso la deregolamentazione delle NGTs. Tale mandato conferma infatti la proposta della Commissione, la quale si basa su un sistema che distingue due categorie di nuovi OGM:
piante NGT di categoria 1. Si tratta di piante con fino a 20 modifiche genetiche, escluse (secondo il mandato del Consiglio) quelle con tratti di tolleranza agli erbicidi. Tali piante vengono considerate equivalenti a quelle ottenute con metodi convenzionali di selezione genetica, sulla base di un teorema privo di alcun fondamento scientifico. E vengono così sottratte alle regole stabilite per gli OGM di prima generazione, le quali postulano un’autorizzazione preventiva alla loro deliberata immissione nell’ambiente, sulla base di un’analisi del rischio da parte di EFSA (European Food Safety Authority), oltre ad appositi requisiti di tracciabilità ed etichettatura;
NGT di categoria 2. Questi ‘nuovi OGM’ sono invece piante che non soddisfano i criteri della Categoria 1 e rimangono, almeno in parte, soggette ad alcune delle regole UE in tema di OGM. Con una pericolosa semplificazione, per quanto attiene alle procedure di analisi del rischio e di monitoraggio, che aprono una voragine nel sistema predisposto a tutela di biodiversità e ambiente, salute pubblica e animale (Anses, 2023; Antoniou et al., 2023).
Il Consiglio ha confermato di voler escludere l’impiego delle NGTs in agricoltura biologica, senza peraltro badare alla tutela degli agricoltori bio rispetto ai rischi di gravi danni in cui gli stessi possono incorrere nei casi di contaminazione accidentale dei loro campi e/o prodotti (con conseguente perdita della certificazione bio).
2.1. Sovranità alimentare azzerata
Gli Stati membri hanno azzerato la loro stessa sovranità agricola e alimentare, con la rinuncia al diritto di vietare la coltivazione dei nuovi OGM (NGTs) di categoria 1 sui loro territori. Indipendentemente dai loro potenziali impatti ambientali, sanitari, socio-economici e culturali.
Si ricorda al proposito che Francesco Lollobrigida, il ministro Coldiretto della ‘Sovranità alimentare’, era stato tra i primi a rinnegare le cultivar locali tradizionali per invocare il nuovo OGM che avanza.
I governi nazionali riservano il diritto di proibire la coltivazione dei nuovi OGM (NGTs) di categoria 2. Potranno così ingannare meglio i cittadini, facendo loro credere di voler tutelare la salute e l’ambiente con il divieto a coltivare le piante con oltre 21 modifiche genetiche, dopo avere permesso la propagazione incontrollata di tutte le altre.
2.2. Coesistenza
Il mandato consente inoltre agli Stati membri di adottare misure di coesistenza opzionali per prevenire la presenza non intenzionale di piante NGT di categoria 2 in altri prodotti e per affrontare la contaminazione transfrontaliera. Sebbene ciò possa sembrare un passo avanti, si affida l’onere della gestione dei rischi di contaminazione sugli Stati membri, senza soffermarsi sulle responsabilità delle Corporation di settore biotech per la diffusione di organismi geneticamente modificati.
Inoltre, il mandato consente agli Stati membri di adottare misure per evitare la presenza non intenzionale di piante NGT di categoria 1 nell’agricoltura biologica, ma solo in aree con condizioni geografiche specifiche (ad esempio, regioni insulari). La drastica restrizione di tali misure espone gli agricoltori biologici a rischi incontrollati di contaminazioni OGM e alla perdita irreversibile del loro status biologico.
In buona sostanza, i governi degli Stati membri hanno superato ogni esitazione nel privilegio degli interessi dei giganti dell’agribusiness rispetto ai diritti dei cittadini e degli agricoltori. Questi ultimi peraltro sono già stati convinti dalle grandi confederazioni agricole che i nuovi OGM avranno un grande successo. Di sicuro per i consorzi agrari da essi controllati, che venderanno le nuove sementi a caro prezzo.
2.3. Biotech al buio
I rappresentanti degli Stati membri, nel proseguo della commedia in esame, hanno insistito affinché i soli nuovi OGM (NGT) di categoria 2 vengano etichettati come tali. O meglio, con gli ingannevoli nomignoli ‘NGT’, o ‘TEA’, o altri ‘fancy name’ che gli uffici marketing di Big Ag indicheranno a ciascun governo prima della pubblicazione del de-regolamento.
Il Consiglio addirittura vanta un impegno verso le ‘informazioni accurate e complete‘, per avere proposto che – nella sola ipotesi in cui gli operatori decidano di riportare in etichetta, su base volontaria, le informazioni sui tratti modificati (es. senza glutine, resistente alla siccità) – dovranno riferire a tutti i ‘tratti rilevanti’. Oppure a nessuno, e viva la trasparenza.
i cittadini e consumatori, in ogni caso, verranno privati del diritto di sapere se gli alimenti contengono o sono derivati dai nuovi OGM – NGT di categoria 1. Colazione pranzo e cena al buio con l’estraneo, biotech, e un’unica possibilità di scelta alternativa: i soli alimenti biologici certificati (non anche in quelli da agricoltura ‘sostenibile’ o ‘integrata’ o ‘rigenerativa’, si noti bene).
4. Preoccupazioni scientifiche
Uno degli aspetti più controversi della proposta di deregulation è l’affermazione di equivalenza tra le piante OGM (NGT) di categoria 1 e quelle ottenute con metodi di selezione convenzionali. Questa affermazione non è solo scientificamente infondata – ed è stata infatti smentita dall’Agenzia Nazionale francese per la Sicurezza Sanitaria, dell’Alimentazione, dell’Ambiente e del Lavoro (ANSES, 2023) – ma trascura diverse questioni critiche:
cambiamenti genetici non intenzionali e loro implicazioni. Le NGTs, in particolare CRISPR/Cas9, possono causare cambiamenti genetici non intenzionali, inclusi effetti ‘off-target’ che interrompono geni essenziali (Koller & Cieslak, 2023; Chu & Agapito-Tenfen, 2022) e effetti ‘on-target’ che portano a cambiamenti fenotipici imprevisti (Kawall et al., 2020). Queste alterazioni, ça va sans dire, possono anche risultare dannose (Eckerstorfer et al., 2019). A differenza della selezione convenzionale, inoltre, le NGTs possono causare ‘riarrangiamenti genomici imprevedibili’ (Koller & Cieslak, 2023; Kawall et al., 2020). Sono perciò necessarie apposite valutazioni del rischio, prima del loro rilascio nell’ambiente, come tuttora avviene grazie alla sentenza della Corte di Giustizia UE (ECJ, 2018) la quale ha affermato l’equivalenza dei nuovi OGM (NGT) non alle piante convenzionali, bensì agli OGM di prima generazione. Proprio perché si tratta di organismi geneticamente modificati, a prescindere dagli strumenti utilizzati per l’ingegneria biotech;
potenziali rischi per la salute pubblica. L’introduzione di microrganismi geneticamente modificati nel microbioma intestinale potrebbe interromperne l’equilibrio attraverso il trasferimento genico orizzontale (HGT), dove il materiale genetico viene scambiato tra i batteri intestinali. Ciò potrebbe alterare la composizione e la funzione del microbioma, portando a potenziali rischi per la salute. Inoltre, questi cambiamenti potrebbero influenzare la traiettoria evolutiva a lungo termine dei microrganismi intestinali, sollevando preoccupazioni su conseguenze sanitarie impreviste (Lerner, Benzvi, & Vojdani, 2024);
interazioni ambientali e rischi cumulativi. Il rilascio di organismi NGT può innescare interazioni ecologiche complesse con effetti cumulativi e combinatori non visibili in valutazioni isolate (Bauer-Panskus & Then, 2023). Ad esempio, il rilascio di più organismi NGT con tratti diversi potrebbe portare a trasferimenti genici non intenzionali o interrompere i servizi ecosistemici (Bauer-Panskus & Then, 2023; Dolezel et al., 2024). Inoltre, l’uso di colture NGT resistenti agli erbicidi potrebbe portare alla comparsa di super-erbacce resistenti a più erbicidi, le quali potrebbero competere con le colture coltivate (Gaharwar et al., 2021; Eckerstorfer et al., 2019);
effetti off-target e inserzioni di DNA spurie. Una delle conseguenze non intenzionali più significative delle NGTs è il verificarsi di effetti ‘off-target’, laddove il sistema CRISPR/Cas9 modifichi geni diversi dai bersagli previsti. Gli effetti off-target possono interrompere geni critici, causando cambiamenti dannosi (Hoepers et al., 2024; Lema, 2021), con il 42% delle specie, inclusi gli esseri umani, potenzialmente colpiti (Hoepers et al., 2024). Le NGTs possono anche portare a inserzioni di DNA spurie, introducendo tratti dannosi (Lema, 2021), e i metodi attuali faticano a rilevare grandi variazioni o riarrangiamenti complessi (Chu & Agapito-Tenfen, 2022; Lema, 2021);
sostenibilità e impatti a lungo termine. La sostenibilità a lungo termine delle NGTs in agricoltura e gestione ambientale rimane dibattuta. Sebbene offrano soluzioni ai cambiamenti climatici e alla sicurezza alimentare, le conseguenze non intenzionali potrebbero annullarne i benefici (González-Ortega et al., 2024). Ed è bene ricordare il recentissimo studio che ha dimostrato – dopo 12 anni di analisi, in 10 Stati USA – che il più promettente degli OGM di prima generazione, il mais Bt, ha drasticamente ridotto le rese e i redditi degli agricoltori (Ye et al., 2025).
5. Implicazioni ambientali e agricole
La deregolamentazione delle NGTs pone rischi significativi per l’ambiente e l’agricoltura tradizionale:
minaccia alla biodiversità. La coltivazione diffusa di piante NGT può accelerare la perdita di agrobiodiversità, di patrimonio culturale e di diversità genetica delle colture. Con una maggiore vulnerabilità a parassiti, malattie e cambiamenti climatici. Nel lungo termine questo fenomeno potrebbe minare la resilienza dei sistemi agricoli e minacciare la ‘food security’ (cioè la sicurezza degli approvvigionamenti alimentari);
resistenza agli erbicidi. Sebbene il mandato del Consiglio escluda le piante resistenti agli erbicidi dalla Categoria 1, il potenziale sviluppo di erbacce resistenti agli erbicidi rimane una preoccupazione. L’aumento dell’uso di erbicidi associato alle piante NGT (già ampiamente verificato con gli OGM di prima generazione, inclusi quelli non ‘herbicide resistant’) potrebbe portare a contaminazioni ambientali e danneggiare organismi non bersaglio;
contaminazione incrociata e brevetti. La deregolamentazione delle NGTs potrebbe portare alla contaminazione incrociata delle colture non OGM, con conseguenti sfide legali ed economiche per gli agricoltori. I brevetti sulle piante NGT basati su specie da conservazione potrebbero costringere gli agricoltori a pagare royalties ai detentori dei brevetti, anche quando le contaminazioni non dipendano dalla volontà dei primi.
6. Implicazioni socio-economiche
La proposta di deregulation dei nuovi OGM (NGTs) ha implicazioni socio-economiche significative, soprattutto per le aziende agricole familiari e contadine che tuttora rappresentano il 94,8% delle aziende agricole nell’UE (Fonte: Eurostat, 2020):
concentrazione di potere. La trasformazione radicale dei nostri sistemi agricoli avrà un solo, anzi quattro vincitori: Bayer, Corteva, ChemChina e BASF. Le Big 4 che già ora controllano oltre il 70% del mercato globale di pesticidi e sementi faranno incetta dei brevetti più promettenti, esattamente come fecero i giganti dell’IT negli anni 70-90 del secolo scorso con i codici-sorgente, per consolidare il monopolio assoluto sulle infrastrutture informatiche critiche della gran parte del pianeta (Stallman, 2002);
dipendenza assoluta. Gli agricoltori sono già stati privati del diritto di scambiare e vendere i loro semi, dai loro stessi infedeli rappresentanti al Parlamento europeo e ai governi nazionali che hanno approvato e/o stanno portando avanti la deregolamentazione dei nuovi OGM. E quando si troveranno convinti (dai loro cattivi consiglieri, in perenne conflitto d’interessi) o costretti a introdurre le NGTs inizieranno a dipendere al 100% dai 4 monopolisti che decideranno quando, dove e cosa coltivare. Oltre a programmare/manovrare le rese e magari anche a far sì che gli agricoltori si trovino costretti ad acquistare più fitofarmaci, dalle stesse Big 4. Una schiavitù di fatto, a propri rischi e pericoli, con maggiori costi e una crescente vulnerabilità alle fluttuazioni del mercato (Dongo, 2015; Munawar et al., 2024).
7. Implicazioni democratiche
A ben vedere, la deregulation dei ‘nuovi’ OGM non corrisponde agli interessi di:
piccole e medie aziende agricole (94,8% del totale), poiché agli aumenti dei costi di produzione non corrispondono variazioni proporzionali sui prezzi di vendita;
cittadini, la cui maggioranza (56%, secondo l’ultimo sondaggio Eurobarometer) esprime preoccupazione verso la sicurezza degli OGM negli alimenti (EFSA, 2023);
imprese e industrie di trasformazione alimentare (99% PMI), retailer, le quali non traggono alcun vantaggio dall’utilizzo da parte dei loro fornitori di materie prime agricole biotech.
I politici europei e degli Stati membri, d’altra parte, a partire dal 2019 hanno dedicato e tuttora dedicano priorità assoluta alla liberalizzazione dei nuovi OGM. Nell’interesse di chi, e perché? Gli unici soggetti interessati, a ben vedere, sono quelle oligarchie finanziarie che al contempo dominano i mercati globali di:
– input in agricoltura. Pesticidi e sementi, tramite le Big 4, e fertilizzanti con altri sei colossi;
– agricoltura industriale e commodities, attraverso ABCD (Archer Daniels-Midland, Bunge, Cargill, Dreyfus)
– alimenti ultraprocessati, spesso cibo spazzatura, attraverso le 10 grandi sorelle di Big Food.
Il quartetto BlackRock, Vanguard, State Street Global Advisors,Geode, nel primo trimestre 2024, gestiva circa 25,14 trilioni di dollari (Aguileira et al., 2024). Vale a dire una cifra poco superiore al PIL prodotto nel 2023 da: 27 Paesi membri UE, Regno Unito, Russia, Norvegia, Ucraina, Serbia, Moldavia, Bosnia ed Erzegovina, Macedonia del Nord e Albania (World Bank, 2024). Combinazione, il quartetto è molto presente anche nell’industria militare, e in queste settimane Ursula von der Leyen sta ragionando su come prelevare 800 miliardi di euro dal risparmio privato dei cittadini per comprare armi.
8. Il ruolo della società civile e dei movimenti contadini
Le organizzazioni della società civile – inclusi i movimenti contadini, le ONG come la nostra Égalité e i gruppi ambientalisti – sono in prima linea nella pacifica lotta contro la deregolamentazione delle NGTs. Evidenziando i rischi per la biodiversità, la salute pubblica e i diritti degli agricoltori. Chiedono e anzi chiediamo un approccio precauzionale con valutazioni rigorose del rischio, tracciabilità e etichettatura.
Il Coordinamento Europeo Via Campesina (ECVC), un movimento contadino di primo piano, si è particolarmente distinto nell’opposizione alla deregolamentazione delle NGTs. L’ECVC, con una posizione lucida e coerente:
afferma che i cambiamenti proposti minano alla base i principi dell’agroecologia e della sovranità alimentare, e
chiede una moratoria sull’uso commerciale delle NGTs, fino a quando la loro sicurezza e gli impatti socio-economici non saranno completamente compresi.
9. Attendere prego
La pressione e l’urgenza di definire un regolamento basato sul falso presupposto di asserita equivalenza tra le piante convenzionali e i nuovi OGM (in quanto abbiano subito fino a 20 modifiche genetiche) è solo un segno della decadenza di una classe dirigente inadeguata e non rappresentativa, che da alcuni anni sta affondando l’Europa nel baratro.
È ora di assumere consapevolezza di questo scenario e assumere posizione contro questa e altre spavalde barbarie che calpestano i diritti umani fondamentali alla vita e la salute, l’ambiente e la biodiversità, il cibo e la sovranità alimentare. La quale si esprime anche nell’autonomia decisionale sui mezzi di produzione (UNDROP, 2018).
Un approccio precauzionale – basato su rigorose valutazioni del rischio, tracciabilità ed etichettatura obbligatoria ‘from seed to fork’ di tutte le piante NGT – è l’unica soluzione coerente al Trattato. E l’agroecologia il vero percorso da seguire, secondo le raccomandazioni di FAO (2019), per il bene di tutti.
#Égalité, #PaceTerraDignità!
Dario Dongo
Riferimenti
European Commission. (2023). Proposal for a Regulation of the European Parliament and of the Council on plants obtained by certain new genomic techniques and their food and feed, and amending Regulation (EU) 2017/625. COM(2023) 412 final. https://tinyurl.com/5b3h528e
Council of the European Union. (2025). Mandate for negotiations with the European Parliament on the proposal for a Regulation on plants obtained by certain new genomic techniques and their food and feed. 6426/25. https://tinyurl.com/4uxj9fy3
Bundesanstalt für Landwirtschaft und Ernährung (BLE). (2024). Machbarkeitsstudie zu “Nachweis-und Identifizierungsverfahren für ge-nomeditierte Pflanzen und pflanzliche Produkte” abgeschlossen: Berichte wurden veröffentlicht. https://tinyurl.com/2bzmcx84
Anses (2023). AVIS de l’Anses relatif à l’analyse scientifique de l’annexe I de la proposition de règlement de la Commission européenne du 5 juillet 2023 relatable aux nouvelles génomiques (NTG) – Examen des critères d’équivalence proposed to define the NTG plants of category 1. https://tinyurl.com/2npybjhs
Antoniou, M.N., Robinson, C., Castro, I. et al. (2023). Agricultural GMOs and their associated pesticides: misinformation, science, and evidence. Environ Sci Eur 35, 76. https://doi.org/10.1186/s12302-023-00787-4
Dario Dongo. (2015). GMO, the Big Scam. Great Italian Food Trade, Rome. ISBN: 9788894200423. https://tinyurl.com/bdhent4p
Koller, F., & Cieslak, M. (2023). A perspective from the EU: unintended genetic changes in plants caused by NGT—their relevance for a comprehensive molecular characterisation and risk assessment. Frontiers in Bioengineering and Biotechnology. https://doi.org/10.3389/fbioe.2023.1276226
Chu, P. N., & Agapito-Tenfen, S. Z. (2022). Unintended Genomic Outcomes in Current and Next Generation GM Techniques: A Systematic Review. Plants, 11(21), 2997. https://doi.org/10.3390/plants11212997
Kawall, K., Cotter, J., & Then, C. (2020). Broadening the GMO risk assessment in the EU for genome editing technologies in agriculture. Environmental Sciences Europe, 32(1), 1–24. https://doi.org/10.1186/S12302-020-00361-2
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Lerner, A., Benzvi, C., & Vojdani, A. (2024). The potential harmful effects of genetically engineered microorganisms (GEMs) on the intestinal microbiome and public health. Microorganisms, 12(2), 238. https://doi.org/10.3390/microorganisms12020238
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Dolezel, M., Lang, A., Greiter, A., Miklau, M., Eckerstorfer, M., Heissenberger, A., Willée, E., & Züghart, W. (2024). Challenges for the Post-Market Environmental Monitoring in the European Union Imposed by Novel Applications of Genetically Modified and Genome-Edited Organisms. Biotech. https://doi.org/10.3390/biotech13020014
Gaharwar, U. S., Verma, A., Singh, R., Prasad, T., & Rajamani, P. (2021). Health Risks and Environmental Concerns of GM Crop Adoption (pp. 371–400). Academic Press. https://doi.org/10.1016/B978-0-12-820780-2.00017-0
Hoepers, A. M., Heinemann, J. A., Zanatta, C. B., Chu, P., Hiscox, T. C., & Agapito-Tenfen, S. Z. (2024). Predicted multispecies unintended effects from outdoor genome editing. Ecotoxicology and Environmental Safety, 282, 116707. https://doi.org/10.1016/j.ecoenv.2024.116707
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In un contesto caratterizzato da
sfide globali sempre più complesse, si evidenzia con crescente interesse la
necessità di ripensare i sistemi alimentari e le politiche che ne regolano il
funzionamento nell’ottica di costruire territori sostenibili.
Il workshop “Politiche locali del
cibo: costruiamo territori sostenibili” che si terrà venerdì 28 marzo ore 9:00,
presso l’aula 1 della sede di Palazzo Ingrassia del Dipartimento di Scienze
della Formazione, si configura come un’importante occasione di confronto
interdisciplinare, mirata ad approfondire il ruolo cruciale dell'interazione
tra ricerca scientifica, politiche pubbliche e partecipazione sociale nella
definizione di nuovi modelli di governance alimentare.
L'iniziativa, organizzata
nell’ambito delle attività di ricerca del progetto PRIN 2020 Emplacing Food. Narratives, Policies
and Spaces in Italy di cui l’Unità di Catania è partner, intende promuovere
una riflessione sul ruolo delle politiche locali del cibo come elemento
strategico della governance territoriale, incoraggiando il confronto per
pratiche innovative, sostenibili e partecipative. In particolare, si pone l’accento
sulla centralità dei sistemi alimentari urbani, e sulla necessità di un
approccio collaborativo e integrato finalizzato all’ideazione di politiche
locali, che coinvolga istituzioni pubbliche, attori privati, organizzazioni del
terzo settore e comunità locali.
Questo incontro si propone,
dunque, come uno spazio di dialogo inclusivo, finalizzato alla condivisione di
esperienze, buone pratiche e visioni strategiche per la trasformazione dei
sistemi alimentari e delle relative politiche, affinché possano rispondere
efficacemente alle sfide della sostenibilità.
Il workshop inizierà con i saluti
istituzionali di Francesco Priolo, rettore dell’Università di Catania, Loredana
Cardullo, direttrice del Dipartimento di Scienze della Formazione, Luigi
Scrofani, direttore del centro di ricerca ProGeo, Gaetano Galvagno, presidente
dell’Assemblea Regionale Siciliana, Salvatore Barbagallo, assessore
dell’Agricoltura, Sviluppo rurale e Pesca Mediterranea della Regione Sicilia,
Enrico Trantino, sindaco della città Metropolitana di Catania.
Ad aprire i lavori sarà la
responsabile scientifica dell’unità locale del progetto, Donatella Privitera,
docente di Geografia del DISFOR, che introdurrà la relazione di Egidio Dansero,
Principal Investigator del progetto e Responsabile della Rete Italiana
delle Politiche locali del cibo.
Seguirà la prima tavola rotonda
sulle sfide alimentari urbane coordinata da Giaime Berti della Scuola Superiore
Sant’Anna di Pisa, a cui parteciperanno Andrea Guzzardi, assessore del comune
di Catania, Elena Alonzo, direttrice dell’UOC Servizio Igiene Alimenti e
Nutrizione dell’Asp Catania, Fabio Di Francesco, presidente Slow food
Sicilia, Nicola Purrello, presidente Urban Vineyards Association e
Giuseppe Strano, presidente dell’Associazione dei Mercati Contadini Siciliani.
La seconda tavola rotonda,
coordinata da Alessandro Scuderi, Responsabile OnFOODS Spoke 1 dell’Università
di Catania, si incentrerà sulle prospettive delle politiche locali del cibo.
Interverranno Federica Argentati, componente direttivo Consulta nazionale
Distretti del Cibo, Salvatore Cacciola, presidente della Rete Fattorie Sociali
Sicilia, Teresa Gasbarro, direttrice del Consorzio di Tutela Vini ValdiNoto,
Pietro Maugeri, presidente Banco Alimentare della Sicilia, Andrea Passanisi,
presidente provinciale Coldiretti Catania, Antonino Sutera, responsabile
Osservatorio Neorurale, Assessorato Regionale all’Agricoltura.