Giuliana Cattarossi, Giovanni
Colugnati
Colugnati&Cattarossi, Partner
Progetto PER.RI.CON.E.
La specie Vitis vinifera L. possiede un’elevata variabilità varietale, tanto che si stima che esistano tra i 10.000 ed i 20.000 vitigni nel mondo (Ambrosi et al., 1997).
Alcuni di questi sono stati selezionati per vegetare al meglio nelle
condizioni climatiche e pedologiche specifiche di determinate regioni, dove
sono coltivati con appropriate ed originali tecniche agricole sviluppate in
accordo alle possibilità offerte dal luogo.
Questi vitigni sono definiti autoctoni o tradizionali di un territorio. La
loro lunga storia agricola, in alcuni casi di secoli, li rende ricchi di
fascino e potenzialità produttive, nonché custodi di un patrimonio culturale e
storico, al quale senz’altro contribuiscono l’ebbrezza e la mitologia del vino.
La diversità genetica e le numerose potenzialità agricole offerte dai
vitigni autoctoni sono un tesoro prezioso per la produzione vinicola di
qualsiasi epoca, che necessita di essere preservato. La perdita di numerosi
vitigni nel corso della storia umana, se da una parte è da considerarsi “naturale”,
dall’altra non può non destare preoccupazione: l’erosione genetica, infatti,
riduce le possibilità di sviluppo dell’agricoltura e delle conoscenze
scientifiche del settore.
La crisi fillosserica è stata senz’altro la maggiore causa documentata di
erosione genetica del germoplasma viticolo pressoché universale. L’opera di
ricostituzione degli impianti ha eroso invece in particolar modo il germoplasma
autoctono e oggi la diversità varietale esistente è messa in pericolo
dall’omologazione della produzione vitivinicola a livello mondiale.
E’ probabilmente la necessità umana di semplificazione della realtà,
istintiva e rafforzata dalla società contemporanea, che spinge fortemente gli
operatori ed i professionisti del settore verso l’omologazione delle tecniche e
dei prodotti.
Inoltre l’enfatizzazione delle tecniche enologiche e l’intolleranza verso
vitigni e pratiche tecnologiche tradizionali, che non permettono di ottenere
prodotti dalle caratteristiche “contemporanee” gradite alla maggioranza dei
consumatori, stanno escludendo numerosi vitigni autoctoni dalla produzione.
Un’altra recente causa di estinzione di vitigni è dovuta anche alla decisa e
forte identificazione produttiva e commerciale di un vitigno con un vino, che
conduce alla progressiva scomparsa dei vitigni complementari o alternativi di
molte Denominazioni. Le conseguenze possono essere drastiche, in considerazione
anche del significativo progresso raggiunto nel campo degli studi genetici. Il
germoplasma di una specie è infatti la risorsa genetica utilizzabile che
garantisce la sopravvivenza ed il miglioramento produttivo della specie stessa.
Maggiore è la variabilità genetica, maggiori sono pertanto le potenzialità
della specie.
Un altro elemento di fondamentale importanza su cui riflettere è la
valorizzazione del germoplasma autoctono. Per esempio, all’epoca della crisi
fillosserica alcuni paesi non disponevano di un’aggiornata e completa
descrizione dei vitigni in coltivazione. Questa carenza ha spesso impedito di
operare al meglio le scelte di reimpianto e di guidare la produzione verso obiettivi
tecnicamente soddisfacenti.
Le risorse genetiche autoctone, proprie di ogni paese, regione o zona, sono
pertanto, per quanto possibile, un patrimonio da studiare e preservare come
espressione di un territorio, nel suo insieme di valori artistici, paesaggistici
e culturali; i vitigni nativi sono i custodi, ma nel contempo i narratori, il
veicolo di un patrimonio culturale locale che si presenta originale, unico,
autentico (Schneider, 2006). L’interesse per i vitigni autoctoni, perfino per i
meno conosciuti, è ormai tangibile, e si pone pertanto il problema di saper
utilizzare, imparando a conoscere e facendolo proprio, un patrimonio biologico
che è superfluo definire complesso.
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