giovedì 3 aprile 2025

Coltivare la Biodiversità della vite: le sfide future.

 


Giuliana Cattarossi, Giovanni Colugnati

Colugnati&Cattarossi, Partner Progetto PER.RI.CON.E.

 

 

L’obiettivo di un ecosistema agricolo è la resilienza, proprietà presente negli ecosistemi naturali che è il risultato di alcune condizioni quali la complessità dell’organizzazione funzionale che garantisce la solidità (nel senso di tenere tutti i costituenti assieme), la diversità dei partecipanti (vegetali, fauna, risorse alimentari), gli stock e le risorse sistemiche. Il suolo è come un reattore biologico dove la carica batterica, i funghi e le micorrize rappresentano i protagonisti della degradazione e della utilizzazione funzionale della sostanza organica al fine di mettere a disposizione della radice della vite gli elementi naturali che sono necessari al suo sviluppo.


Per poter valutare gli effetti della cosiddetta intensificazione ecologica dei vigneti sono necessari degli approcci scientifico-metabolici interdisciplinari:

– gli studi delle relazioni funzionali che permettono di analizzare i cicli dei nutrienti, soprattutto dell’azoto, gli antagonismi trofici tra le specie che regolano le dinamiche delle popolazioni vegetali ed animali, le interazioni tra gli ausiliari ed i patogeni della vite;
– ecologia funzionale per lo studio delle relazioni tra individui che appartengono a più specie vegetali o animali in un preciso ambiente, come ad esempio una frazione di suolo;
– eco-fisiologia per valutare le risposte comportamentali degli organismi in un preciso ambiente definito dai parametri termici, di umidità, di nutrienti disponibili, con il calcolo dei flussi di materia e di energia tra il suolo del vigneto e l’atmosfera.

È quindi necessario sviluppare la convergenza tra la viticoltura e l’ecologia scientifica, la cosiddetta viti-ecologia, per favorire la protezione o la rigenerazione delle strutture naturali di un vigneto, anche nell’impatto che hanno forme di viticoltura alternativa sulla biodiversità e sulla qualità della produzione. Si fanno spesso affermazioni sulla bontà della viticoltura biodinamica sulla biodiversità e sull’interpretazione corretta del terroir senza il suffragio di risultati sperimentali.

L’ultima rivoluzione agricola, basata su vitigni selezionati, sull’uso di concimi minerali ed antiparassitari di sintesi, ha prodotto una sorta di industrializzazione della viticoltura e la biodiversità nel vigneto è stata vista come un fattore limitante da eliminare.

La viticoltura e la natura rappresentavano allora due spazi ben delimitati, gestiti con regole profondamente diverse: lo spazio viticolo, destinato alla produzione, e quello naturale da preservare.

La biodiversità in viticoltura è, malgrado l’intensificazione dei processi produttivi, un aspetto essenziale per la valorizzazione dei diversi ambienti di coltivazione e per le diverse esigenze dei modelli di consumo. Si manifesta però soprattutto nelle scelte varietali, mentre è sostanzialmente trascurato l’aspetto relativo all’ecosistema dove la vite è coltivata, il suolo del vigneto ed il suo intorno naturale. È quindi necessario superare la visione vitigno-centrica del vigneto per proteggere e valorizzare la biodiversità dell’insieme dell’ecosistema viticolo, integrando e facendo convergere le discipline e le conoscenze agronomiche con quelle ecologiche, per sviluppare un nuovo concetto di agro-biodiversità che inglobi le popolazioni dei vitigni coltivati con tutte le specie viventi nel vigneto, siano esse animali o vegetali o microbiche, aggressive o utili, telluriche o aree.

Il tema trasversale comune a tutte le forme di coltivazioni erbacee ed arboree è la copertura del suolo, come espressione di una sinergia tra la gestione della coltura principale e quella del cotico, al fine di ridurre l’effetto competitivo della flora avventizia con la non-lavorazione, l’uso del mulch, l’impiego di leguminose azoto-fissatrici, l’arricchimento sistematico di sostanza organica, la lotta biologica.

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