sabato 12 aprile 2025

Ricchezza varietale della vite coltivata.

 

 

Giuliana Cattarossi, Giovanni Colugnati

Colugnati&Cattarossi, Partner Progetto PER.RI.CON.E.

 

 

I diversi tipi di ambiente riferibili agli areali di distribuzione del genere Vitis e il processo evolutivo di domesticazione di Vitis vinifera, gli spostamenti antropici e l’interesse commerciale suscitato da questa specie comportarono lo scambio di materiale vegetale tra zone geograficamente lontane ed isolate. Questo ha determinato lo scambio di geni che hanno arricchito ulteriormente la piattaforma varietale viticola in via di costruzione, creando il complesso panorama che oggi osserviamo.


Un ulteriore motivo che ha determinato un aumento delle diversità varietale è certamente il metodo di propagazione utilizzato. Inizialmente la riproduzione sessuale e il reimpianto dei semi ottenuti hanno avuto un ruolo primario nell’espansione della viticoltura e nella generazione di nuovi fenotipi, spesso corrispondenti a genotipi completamente diversi.

La propagazione per seme ha permesso di ottenere la grande variabilità genetica della vite, permettendo la “creazione” delle diverse cultivar, in alcuni casi ancora oggi diffuse. In seguito, l’adozione della propagazione vegetativa (per talea) ha permesso la selezione e diffusione di un elevato numero di piante con caratteristiche identiche per soddisfare i bisogni agronomici dei viticoltori. La propagazione agamica non ha comunque bloccato l’evoluzione di questa specie, tutt’ora in atto, e che viene salvaguardata dall’attività di selezione clonale operata dai viticoltori.

Anche le mutazioni spontanee, se portano ad un miglioramento nel patrimonio genetico della varietà, vengono selezionate come nuovi cloni nell’ambito della varietà, e tale processo, noto appunto come selezione clonale, porta ad un ulteriore incremento della variabilità genetica intravarietale.

La sistematica del genere Vitis è stata oggetto di controversie per più di un secolo. Numerosi botanici hanno classificato e fornito nomi per le differenti viti, e in letteratura si ritrova un numero di nomi superiore all’effettivo numero di specie. La determinazione del numero reale di specie di vite, ha assunto un’importanza significativa per il miglioramento della pianta e il lavoro si è concentrato su un numero relativamente piccolo di specie, quelle che da un punto di vista pratico destavano maggiore interesse; di conseguenza, non si conosce con esattezza la collocazione nel genere Vitis di tutte quelle specie di scarso interesse pratico-economico.

Spesso le difficoltà che si incontrano nel risalire all’origine delle varietà sono anche dovute al cambiamento che il nome del vitigno subisce passando da Paese a Paese, subendo nel contempo una sorta di vernacolizzazione che lo fa diventare locale attraverso l’uso di espressioni dialettali. Le varietà locali assumono spesso nomi che derivano da caratteri specifici della loro morfologia o produttività (nome vernacolare) quale il colore della bacca, il portamento della vegetazione, la forma del grappolo, la caratteristica aromatica del frutto o del vino che ne deriva, l’epoca di maturazione, oppure possono derivare dal luogo d’origine (toponimo), o ancora da un sinonimo religioso o dal metodo di propagazione.

Questo perché la selezione di questi vitigni, siano essi di origine locale o introdotti, era fortemente integrata con il sistema agrario tradizionale (cultura ben tradizioni locali) e fatta oggetto di pratiche colturali particolari e locali, determinando così molti errori di sinonimie ed omonimie nell’identificazione del vitigno.

Il patrimonio di diversità genetica della vite è stimato intorno alle 5000 varietà. Tuttavia i grandi cambiamenti di natura sociale e tecnologica intervenuti nel secondo dopoguerra, hanno coinvolto profondamente anche la viticoltura, e soprattutto, dagli anni Settanta in poi, si è proceduto in direzione dell’abbandono e della successiva irreparabile perdita di vitigni considerati minori, davanti alla diffusione di pochi vitigni internazionali.

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