martedì 6 maggio 2025

“Pubbliche amministrazioni e politiche locali del cibo”




Può la P.A delegare tematiche sensibili quali sono le politiche legate ai beni pubblici a privati?

la risposta è chiaramente NO

Durante l’ultimo incontro nazionale della Rete Italiana delle Politiche locali del cibo, tenutosi a Torino a gennaio 2025, si è ritrovato per la prima volta il neonato Tavolo di lavoro “Pubbliche amministrazioni”, coordinato dalla Regione Piemonte – Direzione Agricoltura e cibo e dal Comune di Trento - Ufficio partecipate e politiche urbane sostenibili.

Il Tavolo è nato con lo scopo di instaurare e sviluppare un rapporto costante tra le Pubbliche Amministrazioni, sia per diffondere e condividere le buone pratiche sulle Politiche del cibo, sia per discutere di opportunità e problematiche.

Anche in esito alla discussione emersa all’incontro di Torino, le referenti vogliono condividere i possibili ambiti di lavoro del Tavolo, invitando ciascun rappresentante di pubbliche amministrazioni all'interno della Rete, ma anche esterni che siano a conoscenza di atti formali, di contribuire alla seguente raccolta di informazione

 Si tratta di un sotto-gruppo di lavoro neocostituito: all’interno della rete delle politiche locali del cibo, se la maggior parte dei partecipanti afferiscono a università ed enti di ricerca, non mancano anche rappresentanti di comuni, regioni o altri enti territoriali  Le pubbliche amministrazioni infatti, non solo possono essere fautori di politiche del cibo locali, ma possono anche fungere da luoghi di sperimentazione per la ricerca.

Da un primo incontro online era emersa la necessità di uno scambio di atti normativi, pratiche amministrative ed esperienze per capire come procedere nella progettazione e implementazione delle politiche locali del cibo. Si è pensato quindi di riunirsi anche all’assemblea nazionale per allinearsi tra diversi enti pubblici e dare un orientamento al gruppo di lavoro, identificando i punti su cui focalizzare il tavolo.

In vista dell’incontro, è stato diffuso un questionario alla rete destinato alle pubbliche amministrazioni, senza pretesa di rappresentatività. Sono state raccolte 30 risposte. La diffusione è stata fatta tramite la rete, ma anche tramite il gruppo di funzionari che hanno partecipato al corso di formazione sulle politiche del cibo  

Il questionario raccoglie una maggioranza di risposte da soggetti provenienti dalle regioni questo caratterizza quindi le risposte successive che non possono essere rappresentative dell’intero territorio nazionale, visto la particolare proattività della Regione, rispetto ad altre.

Emerge comunque che inizia ad esserci un interesse verso le politiche del cibo a tutti i livelli di governance territoriale, tuttavia sono i comuni a occuparsene prevalentemente.

All’attività dei diversi enti (singoli progetti) non corrisponde necessariamente l’adozione a monte di un atto di indirizzo politico. Questo si traduce in poco coordinamento tra i progetti, ma anche nel rischio di discontinuità sul lungo periodo.


Le azioni adottate si riferiscono principalmente a forme di approvvigionamento del cibo (mercati contadini o orti urbani). Ciò che si nota, inoltre, è una percentuale consistente di soggetti che dichiarano di attuare misure in ambito di pianificazione del territorio. Sarebbe interessante approfondire in cosa queste si traducano concretamente.

L’esperienza della Food policy di Milano

Andrea Magarini, Dirigente Area food policy del comune di Milano, presenta il caso di Milano

In Italia, in Europa e nel mondo si nota come le città affrontano il tema del food policy in modo simile. Occuparsi del cibo a qualunque scala significa coinvolgere i medesimi driver ovunque essi si trovino. Relativamente agli approcci, ci sono diverse alternative ma nessuna è più giusta delle altre, dipende dal caso specifico.

Come si fa ad affrontare la questione delle politiche dl cibo?

L’area di Milano si divide in 42 persone e 5 unità. Prima di costruire l'area nel 2022, le strutture erano presenti in altri comparti del comune. Le competenze sono state perciò unite all’interno di un unico disegno.

A partire dal caso di Milano, espone quali possono essere i driver delle politiche del cibo, da calare poi nel proprio territorio:

1)    Atti politici ed amministrativi: Un mandato, una delibera, un atto politico scritto può essere importante e utile, altrimenti se cambiano le persone o le strutture è difficile mantenere continuità e costruire qualcosa di lungo periodo. Codificare un gruppo di lavoro può essere il passo più semplice: direzione, più assessorati, o un team generico.La delibera presenta un numero progressivo e una data di fondazione, riferimenti importanti per le azioni successive in materia di cibo. Per esempio, durante il Covid il fatto di avere già un atto politico che provasse l’impegno del comune di Milano ad investire in politiche del cibo è stato determinante per difendere un investimento di 7 milioni circa in voucher che era stato messo in discussione dal TAR di Milano. Un corpo di atti amministrativi che dimostrino che cosa è una food policy ed entri nell’anima dell’amministrazione, è alla luce di ciò molto importante.

2)    Collaborazioni: è importante avere alchimia tra parte politica (esempio, assessori) e parte tecnica, oltre a motivare tutti coloro che collaborano alle food policies. Anche gli imprenditori di policy, politici, tecnici, esterni, o soggetti esterni sono un altro driver importante. Si tratta di soggetti che riescano ad avere grande capacità immaginativa e a muoversi con facilità nella pubblica amministrazione, dunque deve prima di tutto conoscerla bene. Più entry points vi sono maggiori in potenza sono gli output amministrativi.

3)    Concretezza, partire dal basso: Punto di forza della food policy di Milano è stato partire dalle cose concrete, pratiche. Si sono chiesti da dove potevano partire, nel concreto, e sono approdati all'ambito dello spreco alimentare.Hanno subito cercato collaboratori e finanziatori, e man mano hanno proposto idee che hanno attirato investimenti e supporto. Adesso vi sono 9 hub nella città e 46 supermercati convenzionati.

4)    *Competizione: elemento che stimola continuamente a migliorarsi, entrando in relazione con altre persone e realtà.

 

L’esperienza delle politiche del cibo a Roma

 

Fabio Bonanno, responsabile Agricoltura e Food policy in assessorato Cibo ed Agricoltura di Roma

 

Il processo delle politiche del cibo a Roma ha portato alla creazione di un consiglio ad hoc con la presidenza di Fabio Ciconte. Se a Milano il processo è partito dall’alto, a Roma si è partiti dal basso, dalle associazioni. Tuttavia, Fabio sottolinea che a Roma la mobilitazione del basso è stata sostenuta e legittimata attraverso 15 atti politici e amministrativi in due anni, che hanno fornito un quadro giuridico concreto. Inoltre, un elemento fondamentale per il successo dell’iniziativa è stata la delega politica specifica all’agricoltura e alle politiche del cibo.

Strumenti normativi e politiche adottate

          Consiglio del Cibo: istituito con Delibera 68/2023, sotto la presidenza di Fabio Ciconte, con il compito di fungere da raccordo tra istituzioni e società civile.

          Partecipazione a eventi fieristici , per valorizzare le filiere locali.

          Linee guida per l’assegnazione di terreni agricoli a giovani agricoltori (Delibera 43), con l’obiettivo di incentivare l’agricoltura sostenibile e la diffusione di competenze.

          Regolamento sugli orti urbani comunitari, per favorire l’aggregazione sociale e l’educazione agricola.

         Progetto sui vigneti urbani, premiato a livello europeo.

          Roma sarà prossimamente “Città del formaggio”, con l’obiettivo di promuovere i prodotti caseari locali.

4.  Contesto territoriale e peculiarità di Roma

          Due terzi del territorio comunale non urbanizzati, suddivisi equamente tra aree verdi e agricole.

          Presenza del Centro Agroalimentare di Roma, il più grande d’Italia, con un giro d’affari di circa due miliardi di euro.

         Forte presenza di consorzi e enti locali impegnati nella filiera agroalimentare.

Sulla base delle sollecitazioni lanciate da Roberta Sonnino all’assemblea plenaria del giorno precedente, vengono riprese le sfide e strategie per il futuro nelle pubbliche amministrazioni:

          Frammentazione della società civile: quando si attiva la partecipazione, è inevitabile confrontarsi con la molteplicità degli attori coinvolti.


          Rapporto tra scienza, università e politica: il mondo accademico deve supportare la politica nella realizzazione degli obiettivi, garantendo un approccio basato su evidenze scientifiche.

          Cibo come motore sociale: il cibo non è solo nutrizione, ma anche inclusione sociale, attraverso la condivisione, la cucina e il racconto del cibo.

          Povertà alimentare: non riguarda solo la dimensione economica, ma anche aspetti emotivi, psicologici e culturali.

Proposte per affrontare le criticità

 

         Nuovo approccio di welfare per coinvolgere gli emarginati attraverso il cibo.

          Creazione    di    uffici   specializzati    per    colmare la mancanza di competenze amministrative nel settore alimentare.

         Istituzione di assessorati al cibo per garantire una governance più efficace.

         Censimento delle terre regionali e affitti calmierati per giovani agricoltori.

          Costruzione di una rete amministrativa tra città per superare l’inerzia dei governi nazionali.

          Rafforzare le sinergie tra produzione e sociale, città e campagna, metropoli e aree interne.

L'esperienza di Roma dimostra che è possibile costruire politiche alimentari dal basso, integrandole con strumenti amministrativi concreti. Tuttavia, per garantire la sostenibilità delle iniziative, è necessario:

         Consolidare una governance strutturata.

         Rafforzare la collaborazione tra istituzioni, università e società civile.

          Individuare modelli di finanziamento stabili per garantire la continuità delle politiche del cibo.

Un intervento sottolinea come la politica tenda ad ascoltare poco la scienza, concentrandosi più sul cibo come risorsa economica che sul suo impatto ambientale e sulla qualità per la salute. Si sottolinea la necessità di spostare l’attenzione su che tipo di cibo viene promosso, valutando criteri di sostenibilità e benessere. Si è ftto riferimento ad alcune amministrazioni e organizzazioni che adottano politiche contraddittorie, favorendo da un lato il marketing del cibo locale e dall’altro sostenendo modelli produttivi impattanti come gli allevamenti intensivi. Si critica anche il peso eccessivo dato al turismo e all’interesse economico rispetto alla tutela ambientale. Si pone il quesito su quali criteri vengano usati per supportare o meno un determinato prodotto, e se questi includano effettivamente considerazioni ambientali o se siano influenzati da logiche distorte e opportunistiche. 

Un altro intervento evidenzia come una delle maggiori difficoltà dell’amministrazione comunale sia effettivamente quella di organizzare e strutturare gli atti e i team di lavoro. Su questo, Valentina dice che è stato proposto uno spazio di lavoro online che metta in comune e a disposizione gli atti pubblici delle varie amministrazioni.

Segue l’intervento dell’Ass.a Patrizia Notari Stefano: le amministrazioni civiche sono sempre più sensibili alle politiche del cibo. Un esempio è la filiera solidale del cibo frutto delle forze congiunte del comune di Viterbo e dell'Università, che fornisce un supporto molto importante.

Damiano Petruzzella, infine, ha posto l’attenzione sulla fragilità delle relazioni tra i diversi attori delle politiche del cibo. I vari settori operano spesso in microcosmi distinti, con difficoltà nel creare connessioni efficaci con altre sfere. Ha quindi invitato a superare i confini cittadini e a guardare oltre le singole realtà locali, considerando il cibo in una prospettiva più ampia che tenga conto di ciò che avviene a monte e a valle della filiera.

Un punto critico riguarda la poca attenzione alle migrazioni interne, in particolare dal mondo rurale ai centri urbani. Con il crescente afflusso di persone dalle aree interne verso le città, molte zone agricole rischiano di essere ulteriormente depotenziate, con conseguenze sia per le comunità contadine sia per la capacità produttiva del territorio. Se le terre vengono abbandonate, anche la loro coltivabilità ne risente, aggravando la crisi del settore agricolo.L’intervento ha quindi sollecitato una maggiore attenzione a queste dinamiche, affinché le politiche alimentari non si concentrino solo sul prodotto finale, ma anche sulle realtà territoriali e sociali che ne garantiscono la produzione e la sostenibilità nel lungo periodo.


per maggiori informazioni   osservatorio.neorurale@gmail.com 



lunedì 5 maggio 2025

Analisi sull'adozione delle opzioni semplificate in materia di costi (OSC) elaborate da Rrn-Ismea

 La semplificazione amministrativa, della performance e dell'attenzione ai risultati è un elemento di grande attualità nel contesto della gestione dei fondi dell'Unione Europea da parte delle Autorità di Gestione regionali (AdG) in campo agricolo.



Già nel corso della fase di programmazione 2014-2022 la Rete Rurale Nazionale (RRN) ha attivato una specifica task force a supporto del partenariato regionale per il calcolo e il conseguente utilizzo delle c.d. "opzioni semplificate in materia di costi" (OSC), una modalità rendicontativa alternativa e, appunto, semplificata rispetto alla consueta rendicontazione delle spese a "costo reale".

Il forte aumento dell'interesse evidenziato nel corso delle fasi di programmazione 2014-2022 e 2023-2027 da parte di molte Autorità di Gestione verso l'introduzione dei costi semplificati nei propri bandi, col fine di promuovere uno lo snellimento delle attività istruttorie, ha rappresentato nel tempo un stimolo al rafforzamento dell'attività della Rete Rurale a supporto di tale tematica.

La presente "Analisi sull'adozione delle opzioni semplificate in materia di costi (OSC) elaborate da RRN-ISMEA nei bandi PSR 2014-2022 e PSP 2023-2027", rappresentando la prosecuzione e l'approfondimento dell'analisi già pubblicata nell'aprile 2022, si propone: da una parte, di verificare le scelte operate dalle singole Regioni relativamente all'introduzione o meno dei costi semplificati nell'ambito dei bandi per le Misure dei Programmi di Sviluppo Rurale (PSR) 2014-2022 nonché degli interventi del Piano Strategico per la PAC (PSP) per la fase di programmazione 2023-2027; dall'altra, di valutare l'interesse e l'impatto sull'attività delle AdG da parte delle metodologie di semplificazione dei costi elaborate dalla Rete Rurale Nazionale 20214-2024, oggi Rete Nazionale della PAC 2025-2027, tramite il proprio soggetto attuatore ISMEA. 

In tutti gli ambiti di potenziale applicazione delle metodologie di semplificazione della RRN, la tendenza generale in merito all'adozione da parte delle AdG regionali si segnala in costante crescita nel corso del periodo temporale considerato. Si tratta di un risultato importante che conferma l'interesse generale dei beneficiari finali verso le iniziative della RRN/Rete PAC a supporto del miglioramento delle capacità amministrative del partenariato. 

Il report presenta i risultati dello studio sull'utilizzo delle opzioni semplificate in materia di costi relativamente ai bandi PSR e PSP pubblicati al 30/11/2024.




venerdì 2 maggio 2025

Dalla lana al biochar in Agricoltura


 Simone Sangiorgi

 

Martedì 29 aprile 2025, il G.O. “Nuovi orizzonti per la lana ovina” ha organizzato una giornata di campagna relativa alla divulgazione di alcune attività di cui al Progetto Wool2Resoruce, finanziato con la Sottomisura 16.1 del PSR Sicilia 2014-2022.

Nella prima parte della mattinata si è visitata l’azienda della Coop.va Agricola S. Agata, dei F.lli Scaglione, in territorio di Castronovo di Sicilia, mentre nella seconda mattinata gli ospiti sono stati accompagnati presso i Vivai Platani del Dr. Bruno Marino, sempre in territorio di Castronovo di Sicilia.


 

Entrambe le aziende fanno parte, in qualità di partner, del G.O. che gestisce il Progetto Wool2Resource.

Le attività sono state presentate dal Presidente del G.O., Dr. Sebastiano Tosto, dall’Innovation Broker, Dr. Simone Sangiorgi e dal Consulente, Dr. Antonino Fracassi.

Il Progetto Wool2Resourse prevede la trasformazione della lana di pecora, attraverso un processo di pirolisi, in assenza di ossigeno e ad alta temperatura, in biochar, un prodotto molto ricco di Carbonio, utilizzabile come ammendante in agricoltura.  

Il biochar condiziona alcune attività fisico e fisico-chimiche all’interno del terreno, a cominciare dal miglioramento della capacità di ritenzione idrica e inoltre influenza: 

il Sequestro CO2

Importante strumento di mitigazione dei cambiamenti climatici, incorpora carbonio stabile nel terreno per centinaia di anni, sequestrando 3 tonnellate di CO2 per tonnellata utilizzata;

La Capacità di Scambio Ionico

Grazie alla sua elevata superficie specifica, simile ad un’argilla, garantisce un’elevata capacità di scambio cationico e anionico in grado di mettere a disposizione micro e macro elementi;

Allevia lo Stress Salino

Il Biochar può essere utilizzato, attraverso l’adsorbimento del sodio, per alleviare lo stress osmotico e arricchire la soluzione circolante di potassio, calcio e magnesio;

Attiva i microrganismi utili

L’elevata porosità del biochar garantisce un habitat ideale per lo sviluppo dei microrganismi nel suolo utili per la trasformazione della sostanza organica e inorganica in elementi assimilabili.

 

Alcuni di questi aspetti scientifici sono stati affrontati dalla Referente scientifica del progetto, la Prof.ssa Delia Chillura Martino del Dipartimento STBCF di UNIPA e dal suo gruppo di lavoro, mentre alcuni aspetti specifici del biochar sono stati, studiati ed approfonditi, in attività di laboratorio, dal Prof. Pellegrino Conte del Dipartimento SAAF di UNIPA.

Il progetto prevedeva, anche, una fase di collaudo del biochar in campo presso le 2 aziende sperimentali-dimostrative di cui sopra.

Per l’appunto, la Giornata di campagna è stata pensata per fare il punto in campo sulle attività sperimentali-dimostrative in corso. Sono intervenuti una classe dell’Istituto II.SS. di Lercara Friddi, a indirizzo Agrario di Prizzi, Imprenditori Agricoli e Tecnici del settore, oltre una delegazione di Aziende zootecniche partner del Progetto.  Da tempo il G.O. mantiene buoni rapporti di collaborazione con l’Istituto II.SS di Lercara Friddi e la sua Dirigente, Prof.ssa Giovanni Lascari e, soprattutto, con la docente, Prof.ssa Maria Soletta Miceli, della Sezione di Agraria di Prizzi, al fine consentire agli studenti la  conoscenza e l’approfondimento di alcune tematiche del comparto ovinicolo regionale.  

Presso Coop.va S. Agata sono state presentate le prove riguardanti un confronto in serra tra le 3 specie ortive prescelte ad apparato radicale superficiale: Lattuga, Indivia e Bieta. Le prove sono state condotte su cassoni metallici sopraelevati con concentrazioni di biochar variabili, 3.50% e 7.00% con i relativi testimoni senza biochar.

Si tratta del 2° ciclo di produzione mentre i dati relativi al 1 ciclo sul peso fresco e sul peso secco son in fase di elaborazione da parte dei Prof. Alessandra Moncada e Filippo Vetrano del Dipartimento SAAF, Sezione Orticoltura di UNIPA. Nella stessa azienda sono in prova delle barbatelle su vaso 30 x 30 cm, in confronto sempre alla stesse % di biochar 3.50% e 7.00% con il testimone senza biochar.

Presso i Vivai Platani si sono attivate tutte le prove previste dal Progetto, consistenti nel confronto di diverse specie forestali a rapido e/o lento accrescimento, sempre con prove di confronto di biochar al 3,50 % e 7,00 % con testimoni senza biochar.

Nello specifico le prove hanno riguardato:

ü  semi di Carrubbo in bancale;

ü  talee Eucalipto in alveoli;

ü  Eucalipto in vaso;

ü  talee Pioppo in alveoli;

ü  Corbezzolo in vaso.

Ai presenti si è mostrato come effettuare la misurazione delle altezze in cm delle piantine delle diverse prove a confronto.

Durante la giornata di lavoro sono stati ripresi video, foto e interviste che saranno pubblicate sul sito del Progetto: www.wool2resource.it.

Durante il convegno finale saranno discusse, esaminate e presentate le risultanze tecnico-scientifiche del progetto.

 


 



 

 

Poggioreale, Festival del formaggio della Valle del Belice



















 

giovedì 1 maggio 2025

Canapa, il Veneto guida la proposta

 

L'assessore regionale Caner: "Una soluzione va trovata assieme al ministro Lollobrigida: porterò la questione già nella prima seduta della Commissione Agricoltura in Conferenza delle Regioni"



La filiera della canapa, che in Veneto vede oltre 100 aziende attive su tutto il territorio regionale, è sostenuta da una legge del 2019 che tutela la produzione di cannabidiolo attraverso specifici progetti, bandi, normative e iniziative di valorizzazione. Il problema sollevato sia dall’approvazione del Decreto sicurezza, che ha vietato la lavorazione della canapa anche a bassissimo contenuto di Thc, nonché da una recente sentenza sulla stessa linea del Tar del Lazio, è concreto per tutte le imprese d’Italia, che son circa 3000 con 30000 dipendenti, 500 milioni di fatturato e il 90% di export. Una soluzione va trovata assieme al ministro Lollobrigida: porterò la questione già nella prima seduta della Commissione Agricoltura in Conferenza delle Regioni”.


L'annuncio e dell’assessore della Regione Veneto Federico Caner, che presiede la Commissione che a Roma riunisce gli assessori all’Agricoltura delle Regioni e che  si riunirà proprio sul problema della lavorazione della canapa, in seguito all’entrata in vigore del Decreto Sicurezza lo scorso 12 aprile e di una sentenza del Tar del Lazio.

L’articolo 18 del DL - spiega Caner - consente la produzione di infiorescenze contenenti cannabidiolo solo se destinate al florovivaismo professionale, vietandone gli altri usi, dal commercio alla lavorazione, dalla detenzione alla vendita. Dobbiamo trovare perciò una soluzione che consenta agli agricoltori, certificati e con produzioni di qualità, di tenere viva la filiera. Vanno bilanciati da una parte la giusta preoccupazione del legislatore per la sicurezza pubblica, e dall’altra gli investimenti fatti nel tempo dalle aziende e i finanziamenti pubblici alla filiera".

mercoledì 30 aprile 2025

Buon primo maggio

NinoSutera 

"Un popolo senza memoria è un popolo senza futuro" 

è una frase dello scrittore cileno Luis Sepúlveda che sottolinea l'importanza della memoria collettiva per il futuro di una società. Sepúlveda utilizza questa frase per enfatizzare come la memoria storica sia fondamentale per capire il presente e costruire il futuro,  La memoria non è solo un archivio di eventi passati, ma un elemento attivo. 

                Senza una rivoluzione Contadina, non avremo mai una vera rivoluzione italiana, e viceversa. Le due cose si identificano. Il problema meridionale non si risolve dentro lo stato attuale, ne dentro quelli che, senza contraddirlo radicalmente, lo seguiranno.  Si risolverà soltanto fuori di essi, se sapremo creare una nuova idea politica e una nuova forma di Stato, che sia anche lo Stato dei Contadini; che li liberi dalla loro forzata anarchia e dalla loro necessaria indifferenza.   Carlo Levi

In questi giorni dopo la dipartita del Papa,  in tanti  si sono esercitati nel ricordare la sua opera.

Un pò meno coloro i quali  hanno ricordato il solco tracciato dall'enciclica Laudato Sì (2015) con il quale il Papa assumeva l'ecologia integrale quale paradigma concettuale capace di tenere insieme fenomeni e problemi ambientali (riscaldamento globale, inquinamento, esaurimento delle risorse, deforestazione, ecc.

L'enciclica denuncia i danni causati dall'uso irresponsabile dei beni comuni: bisogna fermare il cambiamento climatico, non inquinare le acque, il suolo e l'aria, preservare la diversità biologica, salvaguardare le foreste e i mari.

Ebbene,  in piazza  San Pietro c'erano tutti, compresi quelli che nel corso degli anni hanno ignorato e  avversato le encicliche del Papa, per mero esempio, le  scelte  rappresentate   lo scorso 19 febbraio dal Commissario europeo Hansen, sono  di segno opposto, con buona pace  di quanto rappresentato dall’'enciclica Laudato Sì  da Papa Francesco.   
Il documento della Commissione UE presentato dal  Commissario europeo Hansen non cita mai gli obiettivi delle tre Strategie UE  "Green deal" “Farm to Fork” e “Biodiversità 2030”,forse considerati troppo clericlari,  ignorando che i problemi ambientali e sociali che li hanno motivati restano senza soluzioni ed avranno certamente impatti negativi sull’agricoltura dei 27 Paesi europei dell’Unione, in primis per le piccole e medie aziende, che continueranno inesorabilmente a chiudere (dal 2010 al 2020 il numero di aziende agricole è diminuito di ben 487.000 unità).


IL FUTURO DELL’AGRICOLTURA nell'U.E   UNA VISIONE CHE MANCA DI AMBIZIONE E LUNGIMIRANZA.

 

  Il Commissario europeo Hansen, in una conferenza stampa congiunta, ha presentato la visione a lungo termine dell'UE per l'agricoltura e l’alimentazione, che definisce i piani per il sistema agroalimentare verso il 2040 e oltre. Il documento avrebbe dovuto fare seguito a quanto emerso dal Dialogo strategico per l’agricoltura, firmato anche dalle associazioni agricole.

 La visione ha però cambiato direzione, tradendo l’accordo raggiunto e attirando le critiche delle  associazioni contadine italiane, che unendosi alle analisi delle ONG di conservazione della natura, dell’agroecologia e dei consumatori europei, esprimono insoddisfazione per un documento che sottovaluta i problemi ambientali e sociali connessi ai sistemi agroalimentari, puntando in modo miope solo sulla competitività delle imprese a breve termine. “Auspicavamo che con questo documento la Commissione promuovesse piani concreti per dare attuazione alle raccomandazioni del dialogo strategico, ma purtroppo questo non è avvenuto. I pochi elementi positivi presenti nella Visione della Commissione non bastano ad avviare il necessario e urgente cambio dei modelli di produzione e consumo nelle filiere agroalimentari della UE. Ancora una volta ha prevalso la volontà di mantenere lo status quo in difesa degli interessi delle grandi aziende e corporazioni agricole a spese di tanti medi e piccoli agricoltori europei”.  Alcuni aspetti della visione, come l’attenzione al riconoscimento del giusto prezzo per i produttori, al biologico, al ricambio generazionale favorendo l’ingresso dei giovani in agricoltura, l’impegno per un’etichettatura più trasparente e per una reciprocità delle regole ambientali e sociali negli scambi commerciali, insieme al richiamo seppur vago alle soluzioni basate sulla natura, sottolineano come non vengano affrontati i grandi problemi che determinano gli impatti ambientali e sociali dei settori agroalimentari dell’Unione europea. Il documento della Commissione non prevede una dismissione dei pagamenti della Politica Agricola Comune (PAC) non mirati, come invece indicato nelle conclusioni del dialogo strategico, e conferma anzi la scelta dei pagamenti diretti basati sulla superficie delle aziende agricole, ignora la necessità di sostenere gli agricoltori più bisognosi di aiuto e più virtuosi. Il documento non cita in alcun modo la possibilità di considerare tra i criteri per i pagamenti diretti della PAC anche l’intensità del lavoro e i risultati degli interventi per il clima e l’ambiente. “Pur comprendendo il disagio del mondo agricolo rispetto alla grande mole di burocrazia, che va certamente ridotta, non crediamo che l’indebolimento delle regole e degli impegni per la tutela dell’ambiente sia la strada da perseguire”   La visione, infatti propone di semplificare ulteriormente la PAC, rinunciando a un controllo ancora maggiore su ciò che accade a un terzo del bilancio dell'UE.

 

Con meno regole vincolanti ci saranno meno probabilità che i Paesi dell'UE promuovano un'agricoltura sostenibile, come è avvenuto dopo la semplificazione della PAC del 2024.  Se è vero che nella visione si propone di migliorare le norme sul benessere degli animali e di eliminare gradualmente le gabbie negli allevamenti, il settore zootecnico viene in gran parte assolto dal suo impatto sul clima e sulla salute dei cittadini europei. Il documento non indica con chiarezza la necessità di promuovere una transizione agroecologica della zootecnia, con obiettivi di riduzione degli allevamenti intensivi e la promozione di una zootecnia estensiva collegata alla gestione della superficie agricola utilizzata. Una transizione agroecologica della zootecnia che dovrebbe essere accompagnata da una riduzione dei consumi di carne e proteine di origine animale, attraverso la promozione di diete sane ed equilibrate.

“La visione rimane ancora troppo vaga su come incoraggiare uno spostamento a diete più sostenibili e salutari. Se non si affronta seriamente una strategia che miri alla modifica del modello alimentare, i buoni propositi rimarranno, di nuovo, solo sulla carta”

 Il documento della Commissione UE è disponibile al link: https://agriculture.ec.europa.eu/visionagriculture-food_en




Insediato l’Osservatorio Regionale sull’Agricoltura sociale


Si è insediato l’osservatorio Regionale sull’agricoltura sociale, istituito con il D.A. n. 36/2021.  L’Assessore Regionale dell’Agricoltura, dello sviluppo rurale, e della pesca mediterranea, Prof. Salvatore Barbagallo ha evidenziato l’importanza dell’Osservatorio Regionale sull’Agricoltura Sociale ed ha affermato che la Regione Siciliana si dota di uno strumento di ascolto e di elaborazione che coinvolge le associazioni di rappresentanza, i vari assessorati regionali, i centri di ricerca che hanno competenze sull’A.S.

 


Il dott. Dario Cartabellotta ha ripercorso l’iter complesso che ha portato alla nascita dell’Osservatorio Regionale sull’Agricoltura Sociale e ha elencato le competenze e le funzioni dell’Osservatorio Una priorità  individuata è  modifica al D.A. n.36/2021 al fine di rendere più ampia la platea delle aziende agricole che praticano l’agricoltura sociale in Sicilia. Sottolinea il ruolo propositivo svolto in questi anni dalla Rete Fattorie Sociali Sicilia, dal CREA e, più in generale, dai vari soggetti del terzo settore di rappresentanza del mondo agricolo.   «Finalmente siamo davanti a una realtà concreta e operativa», sottolinea Dario Cartabellotta, il dirigente generale dell’assessorato all’Agricoltura che ha preso a cuore le esigenze di chi opera nel settore, tagliando questo importante traguardo, «facendo in modo che le aziende che fanno agricoltura sociale si possano accreditare secondo le linee guida indicate dalla Regione. Il compito dell’Osservatorio sarà quello di dare loro serenità regolamentando tutto. Per esempio, partendo dai bandi, che prima erano pensati solo per l’agriturismo e le attività didattiche, mentre ora potremo guardare alla funzione terapeutica e riabilitativa della campagna, all’educazione ambientale, ma non solo». C’è un’area del disagio di cui si occupa l’agricoltura sociale che, grazie all’Osservatorio regionale, potrà essere maggiormente riconosciuta «Disagio che va trattato con competenza», aggiunge il dirigente regionale. «È chiaro, quindi che investiremo nella formazione. Del resto, un agricoltore che sa produrre il formaggio fa già un’operazione didattica. Nel caso dell’agricoltura sociale, per avere una funzione terapeutica e riabilitativa, in azienda bisogna che ci siano professionalità. Penso, per esempio, anche a quella scienza professionale nella quale si sviluppano i sensi, le terapie, gli aromi e gli odori della natura. Questo è il percorso che ci siamo dati da seguire, rinforzando le realtà in maniera tale che questi servizi, possibilmente poi in collegamento con tutti gli interventi che propongono l’assessorato alla Famiglia o quello alla Salute, possano portare all’interno dell’azienda agricola nuove opportunità di reddito e di occupazione».

Il dott. Salvatore Cacciola (presidente della Rete Fattorie Sociali Sicilia BioAS condivide la proposta di modificare e semplificare il D.A. 36/2021 e afferma la necessità di attuare pienamente gli obiettivi della Legge Quadro nazionale 141/2015.  “La vivacità e il dinamismo delle aziende agricole e delle cooperative sociali siciliane che fanno agricoltura sociale è a tutti evidente. Abbiamo bisogno di migliorare il dialogo istituzionale e di fare diventare l’agricoltura sociale un’opportunità concreta per i giovani e le fasce svantaggiate della popolazione.

Dalla lettura delle progettualità emerse con i bandi della misura 16.9, il dott. Bruno Lo Bianco ritiene particolarmente diversificata l’esperienza delle aziende agricole che praticano agricoltura sociale. L’O.Re.A.S. potrebbe contribuire a una migliore conoscenza e strutturazione del fenomeno in ambito regionale.  La dott.ssa Claudia Cardillo evidenzia la particolare vivacità dell’agricoltura sociale siciliana e la forte integrazione con i soggetti del terzo settore (Associazioni, cooperative sociali, fondazioni e organizzazioni di volontariato).  I compiti e le funzioni dell’ORAS sono veramente molteplici quali:

a)        monitoraggio delle attività, al fine di facilitare la raccolta e la diffusione di informazioni e l’individuazione di buone pratiche regionali;

b)        proposizione di iniziative finalizzate alla promozione della diversificazione delle attività agricole in agricoltura sociale, comprese quelle per la costituzione di reti regionali degli operatori di agricoltura sociale;

c)        inquadramento di modelli efficaci di intervento e divulgazione delle buone prassi individuate;

d)        integrazione dei dati relativi alle esperienze di agricoltura sociale con l’Osservatorio regionale sulla condizione delle persone con disabilità, afferente all’Assessorato regionale della famiglia, politiche sociali e lavoro;

e)        proposizione di azioni di comunicazione e di animazione territoriale finalizzate al supporto delle iniziative della Regione e degli Enti locali;

f)         proposizione di azioni finalizzate al coordinamento e ad una migliore integrazione dell’agricoltura sociale con le politiche regionali di sviluppo rurale;

g)        raccolta, valutazione e diffusione dei risultati delle attività di sperimentazione di nuovi modelli di welfare regionale per lo sviluppo e la qualità dell’offerta dei servizi sociali.

 

 

 

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